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Channel: MedBunker - Le scomode verità
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L'importanza del riccio

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Chi fa un lavoro notturno sa cosa significhi svegliarsi in pieno sonno e dover essere immediatamente attivo e pronto all'azione, non ti abitui mai. Con il passare dell'età, poi, i risvegli sono davvero traumatici. Per un medico che lavora con le urgenze questo è "pane quotidiano" anzi notturno, ma penso anche a chi lavora nelle forze dell'ordine, nella sicurezza, pompieri o mezzi di trasporto, turnisti insomma. La notte, quando non dormi, in un certo senso ti fa compagnia con il suo silenzio, i ritmi lenti, tutto ti induce a riflettere ed il pensiero vaga, dai temi esistenziali all'ultimo film che hai visto in TV, fino a quando non crolli in un sonno profondo fino alla prossima chiamata. Per non parlare dell'inverno: svegliarsi di botto ed essere catapultati all'esterno con una temperatura glaciale è terribile, tremi tutto, persino i capelli sembrano vibrare, ma questo è solo il senso di malessere fisico che è talmente profondo che ti provoca una sorta di allucinazione, ti senti peggio di chi ha preso una sonora sbronza. Se fai un lavoro delicato, malessere o meno, devi scattare, dopo pochi secondi devi possedere le facoltà  mentali ed i riflessi che un essere umano in condizioni normali avrebbe dopo almeno 40 minuti, ma non c'è tempo, bisogna essere pronti e subito.

Una notte mi chiamano a casa, ero reperibile (chiamato cioè solo in caso di bisogno, spesso urgente). Dal tono e dalle parole della collega al telefono non era certo una bella situazione: "corri subito in sala operatoria, un taglio cesareo urgentissimo!" e sullo sfondo un trambusto che non faceva presagire nulla di buono. Sonno o meno, non hai neanche il tempo di controllare lo stato dei tuoi capelli, ma neanche se le scarpe che metti ai piedi appartengano allo stesso paio, tanto alle 4 di notte chi vuoi che si accorga del paio di scarpe. In pochi secondi passi dal caldo letto alle scale che fai a coppie, con quell'urgenza non hai certo altri pensieri, poi provi la fantastica sensazione che deve aver provato il primo uomo sulla Luna, passando da 23 gradi di casa tua allo zero dell’esterno in un secondo.
Quel muro di freddo sferza il cervello ma anche il resto, non è bello, ma è quello il tuo lavoro, potevi pensarci prima quando hai scelto di farlo. Il freddo ha ormai reso insensibili i polpastrelli delle dita e questo, misto al tremore inevitabile, ti fa perdere secondi preziosi, quelli che avevi guadagnato mettendo un paio di scarpe a caso li hai già persi nel vano tentativo di infilare la chiave nella serratura della sbarra automatica che devi aprire per poter fare uscire la macchina, poi ci riesci, ma con uno sforzo di concentrazione pari a quello che usi normalmente per cose molto più importanti ed a pensarci bene ti gira pure un po’ la testa. Pazienza, è inutile disperarsi ora, l'unica cosa è correre, poi si vedrà. Tutto liscio comunque, macchina fuori, strada libera (chi vuoi che ci sia a quell'ora e con quel freddo), posso premere l'acceleratore.

In fondo i tempi sono perfetti, dalla chiamata al trovarmi in auto sono passati quattro minuti, più di così  non si può fare e sto arrivando, mancheranno altri cinque minuti al massimo e nel frattempo mi chiedo cosa mi debba aspettare appena arrivato, ce la faremo, come altre volte...e mi concentro di nuovo sulla guida, meno male che l'ospedale è vicino. Mentre tocco velocità che sarebbero  vergognose in altre occasioni, in lontananza, stringendo gli occhi, proprio nella mia direzione, vedo qualcosa sull'asfalto, piccola, una pietra o no, forse un semplice pezzo di carta trasportato dal vento. Sono vicino e quel pezzo di carta si muove ed i fari arrivano ad illuminarlo, non è carta e nemmeno pietra, sembra un animaletto, forse un topo, ma è troppo lento per essere un topo ed in ogni caso io devo andare, ma quando i fari lo illuminano meglio capisco che si tratta di un riccio, Erinaceus europaeus si chiama, ma mai fu più adatto il nome popolare, sapete quegli animaletti spinosi che se minacciati si appallottolano, quelli simpatici, non ne avevo mai visto uno ed ora è proprio davanti a me, anzi alla mia macchina ormai lanciata per lo sprint finale. Il riccio è un animale notturno, trovarlo in giro con quelle temperature non è normale, in genere sono in letargo, ma a volte se hanno bisogno di cibo interrompono il loro sonno per cercare qualcosa da mangiare e l'asfalto è il luogo ideale per spostarsi, liscio, asciutto, semplice da attraversare.
Il riccio si muove, sta attraversando la strada, proprio ora, in quel momento, se non avessi avuto fretta mi sarei fermato a raccoglierlo, almeno a vederlo da vicino, invece la sua direzione era perfettamente coincidente con quella dei miei pneumatici. Andare dritto significava schiacciarlo, metterlo sotto, ma cosa potevo fare? Non era il momento per i sentimentalismi e poi c'era un essere umano che aspettava il mio arrivo, non lo faccio certo apposta, non lo ucciderei per cattiveria, capita, ero giustificato, che alternative avevo...rallento bruscamente perché non ce la faccio a passargli sopra violentemente, non lo vedo più ormai si trova talmente vicino che non riesco a vederlo.
Rallento ancora e cammino a passo d'uomo, poi ancora più lentamente, cerco di calcolare la direzione giusta per fargli passare le ruote accanto, non sopra, ma quei secondi mi sembrano ore, vista la fretta che avevo, magari sentendo la macchina si fermerà o andrà più veloce, insomma farà  qualcosa per evitare di essere messo sotto, ma io devo andare, non posso perdere troppo tempo, non è che gli aculei del riccio riescono a bucare una gomma e resto a piedi in mezzo alla strada?
Ma ci sono quasi, anche le ruote posteriori sono ormai avanzate e non ho sentito nessun rumore, né ostacolo, probabilmente l’ho evitato e non so nemmeno come possa esserci riuscito, ora basta guardare lo specchietto retrovisore e se lo vedo intero...è fatta. Ricomincio a prendere velocità  e sullo specchietto appare il riccio, si muove, avanza, evidentemente non l'ho toccato, forse non si è nemmeno accorto di cosa sia successo. L'ospedale è a pochi metri, lampeggio per segnalare il mio arrivo, la sbarra si apre, posteggio, corro verso la sala operatoria, mentre il malessere, ancora presente, passa in secondo piano perché il cervello comincia a connettersi e mi cambio in pochissimo tempo, guardo l'orologio, da quando sono partito erano passati 12 minuti, pochi? Troppi? Pochi, pochi, dai che ce la faccio, in genere il tempo considerato accettabile è anche superiore, fino a 20 minuti, umanamente accettabile, sono pronto, entro in sala, l'equipe è pronta, non mi resta che prepararmi senza tante chiacchiere ed iniziare. "Sei stato un fulmine!" mi dice l'infermiera, "sì, sì", farfuglio io, mentre l'intervento inizia velocemente: era una donna in procinto di partorire, ma il battito cardiaco del feto aveva mostrato una sofferenza per la quale era necessario intervenire subito. La sofferenza fetale acuta (cioè "improvvisa", senza fattori che la possano fare prevedere) è una condizione relativamente rara in un travaglio di parto, la diagnosi avviene perché durante il travaglio la donna è monitorata con uno strumento che si chiama "cardiotocografo" che amplifica e registra il battito cardiaco del feto che ancora deve nascere. Il battito cardiaco fetale ha delle caratteristiche ben precise, molto diverse da quelle del battito cardiaco di un adulto. Già la frequenza cardiaca (il numero di battiti cardiaci al minuto) è del tutto diversa (un adulto ha una frequenza di circa 70 battiti al minuto, un feto di circa 120-140), ma anche la "monotonia" del battito è diversa (un adulto ha una frequenza "costante" che cambia se cambiano le sue attività, di corsa ad esempio o durante uno sforzo, un feto ha il battito che cambia frequenza continuamente, passando da frequenze relativamente basse, per esempio 90 battiti al minuto a frequenze alte, di 130 battiti al minuto, in maniera repentina) e delle anomalie di queste caratteristiche fanno sospettare una sofferenza. Se questa avviene a ridosso del parto è possibile accelerarlo per evitare danni fetali, se il momento del parto è ancora lontano e la sofferenza non si risolve, bisogna espletare il parto velocemente: il taglio cesareo d'urgenza è l'unica scelta disponibile in questi casi e serve per evitare che il feto soffra in maniera irrecuperabile.
Così è successo, tutto procede con velocità ma senza problemi. Il pianto del bambino, poi quello della mamma, routine, la routine dell''urgenza. Tutto risolto.

Finisce l'intervento ed in un bagno di sudore mi tolgo gli abiti chirurgici, mi siedo un attimo per riprendere fiato e posso salutare tutti. Situazione risolta, tutto perfettamente riuscito, saluto tutti di nuovo e vado a cambiarmi. Nel frattempo penso a quanto sono stato stupido, per un riccio ho rischiato di arrivare tardi, ma chi me lo fa fare, se fosse successo qualcosa come mi sarei giustificato? Certo non potevo raccontare del riccio...ma guarda in che storie devo infilarmi...ma guarda un po’ certe volte…
Nel frattempo torno in macchina, con tutta quell'adrenalina non senti neanche il freddo ormai.
Riprendo la strada per casa, stavolta con calma e rilassato e mentre ripasso con l’auto proprio sul punto del mio incontro con il riccio, noto che non c’è più niente: nessun riccio ma nemmeno tracce di tragedie animalesche della strada. Questo significa che il riccio si era messo in salvo come sembrava all'inizio della storia.
Ormai non avevo più fretta, "meglio così" pensai, in fondo è finito tutto bene, per tutti.
Arrivo a casa cercando di non fare rumore mi infilo sotto le coperte: "in due ore si è incrociata la vita di un essere umano con quella di un riccio, anzi, la vita di due esseri umani" sembra una cosa insignificante, ma chissà  quante volte la nostra vita ha cambiato strada o è stata condizionata da cose insignificanti...com'era quel film? Sliding Doors? Ecco, chissà quante volte un piccolo evento ha segnato la nostra vita, fare o non fare una cosa può aver cambiato il nostro futuro, ognuno ha un riccio che gli può sbarrare la strada o un altro che quel giorno è restato a dormire. Per quella persona che aveva bisogno di un intervento urgente la presenza di un semplice riccio poteva costare cara, ma anche per me, quei minuti di indecisione sarebbero potuti diventare un guaio serio, come mi sarei mai potuto giustificare, per il riccio invece, la mia indecisione è stata fondamentale, in positivo dico. Chi avrebbe mai immaginato che un riccio avesse tutta questa importanza per tante persone? "Vabbè dai, sono quelle cose strane che succedono nella vita...niente di importante". Poi per un attimo ho pensato pure al riccio, chissà dove sarà ora, sicuramente non si è accorto di nulla e starà cercando qualche verme da divorare, poveraccio. Ma chissà quanti ricci, ognuno di noi ha incontrato o non ha incontrato nel suo cammino.
Le coperte mi tengono caldo, ormai il freddo della notte è solo un ricordo, i muscoli si rilassano e mentre ripercorrevo con la mente la scena sento il mio cervello annebbiarsi, mi addormento, domani di ricomincia, meglio riposarsi, che le notti sono sempre pesanti.


Un saluto dalla spiaggia.
:)
Alla prossima.

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