Nonostante cerchi di continuare a parlare di altri argomenti ormai (ovviamente) le cronache e le discussioni sono tutte incentrate sull'epidemia da Coronavirus. Di notizie ce ne sono tante, troppe e forse anche questo alimenta confusione e incertezza.
Il dato della letalità generale (che sembra maggiore rispetto alla Cina contro quella delle varie fasce d'età), è una nota distorsione statistica dovuta al fatto che da noi ci sono più anziani, si chiama "Paradosso di Simpson".
Detto questo c'è un grosso problema. Il virus, come tanti virus e come in tante epidemie, non "chiede il permesso" per infettare. Ha un'alta contagiosità (più di altre malattie infettive) e quindi se "entra" in una popolazione rischia di infettarne larga parte. Per popolazione, in epidemiologia, non si intende per forza una nazione o una regione ma "un gruppo". Il virus può infettare una regione, una "macroregione" (il nord Italia, ad esempio) o una nazione intera ma anche di più.
Così è successo in Cina. Moltissimi contagiati, in pochissimo tempo e, anche se la letalità fosse bassissima, le vittime potrebbero essere tantissime (su grandi numeri, anche una piccola percentuale è in ogni caso numerosa).
Questo, a prescindere dalla gravità dei sintomi della malattia, oltre a fare vittime, sovraccarica le strutture sanitarie. Migliaia di persone si riversano al pronto soccorso, centinaia di ricoverati, tanti in rianimazione. Serve personale, farmaci, posti letto, macchinari. Quando questo succede in sei mesi (come per l'influenza) si riesce a sopportare l'impatto (e supportare tutti), quando questo avviene in un mese potrebbe far crollare tutto. E poi diventa una reazione a catena.
Se i reparti di rianimazione fossero pieni di pazienti con polmonite da Coronavirus, non potrebbero ricevere persone in insufficienza renale, con un infarto, chi ha avuto un incidente, una donna che ha avuto un'emorragia post partum, un uomo che ha avuto un ictus con conseguente diminuzione dell'assistenza, delle cure e quindi un aumento senza precedenti della mortalità e delle complicanze, oltre che un peggioramento improvviso e pesante del livello delle cure.
Ecco, il vero, principale rischio di questa epidemia è questo.
Un contagio veloce, della maggior parte della popolazione metterebbe a rischio il sistema sanitario e questo non sarebbe un problema solo relativo all'epidemia ma a tutto il resto.
E allora? I provvedimenti di contenimento e mitigazione? Le "zone rosse"?
Sono doverose.
Proprio per evitare quello che ho detto. Hanno funzionato, spesso funzionano e quindi dobbiamo usarle.
Questo ci consentirà (nello scorso articolo ho fornito qualche spiegazione e pure la letteratura scientifica a supporto) di diminuire i casi il più possibile e, in ogni caso, di "spalmare" quelli che hanno bisogno di cure, diminuire il numero dei contagiati e quindi delle complicanze, evitare il contagio di persone fragili (anziani su tutti) e curare tutti, fino alla fine dell'ondata epidemica. Se non riuscissimo a contenere il numero di persone bisognose di cure si potrebbe assistere al collasso del sistema sanitario. L'obiettivo delle misure di contenimento e mitigazione, è proprio quello di limitare il più possibile (annullarlo è praticamente un'utopia) la contagiosità del virus e la cosa più evidente (anche da studi che hanno analizzato il caso cinese) è che le misure devono essere severissime, rigide e rispettate, altrimenti saranno praticamente inutili.
Tutto il resto, lo spettacolo al quale abbiamo assistito in questi giorni, tra cui urla, il panico, il terrore sono invece ingiustificati, inutili, pericolosi. Sono la conseguenza di un mondo virtuale, connesso, nel quale tanti cercano una finestra dalla quale affacciarsi o farsi notare.
Come sempre credo che i dati siano la base migliore dalla quale partire.
Abbiamo un virus nuovo. Questo lo rende interessante dal punto di vista scientifico (per ovvi motivi), subdolo da quello clinico (non conoscendolo non sappiamo cosa possa causare).
Essendo un virus che si diffonde ormai da settimane (prima in una regione confinata, la Cina, poi in tutto il mondo), cominciamo ad avere qualche notizie in più. Certo, la valanga di notizie, pareri, opinioni e lanci d'agenzia non ha aiutato nessuno e parole come "epidemia", "pandemia", "zona rossa", "quarantena", sembrano uscite da un film apocalittico e possono fare paura, cosa che non giova. Ma allora, cosa sta succedendo? Cosa possiamo dire e cosa sappiamo oggi?
Sappiamo per esempio che la malattia causata da questo virus (si chiama Covid-19, CoronaVirus Disease) causa una sindrome simil influenzale con particolare coinvolgimento dei polmoni. Nei polmoni la malattia può causare una grave polmonite interstiziale che, in certi casi e soprattutto nelle persone a rischio, può essere persino letale. La classe che sembra più delicata e a rischio è quella degli anziani, dai 65 anni in poi con un rischio che aumenta parallelamente al'età (l'età media del decesso dei pazienti positivi al Coronavirus è 81 anni). Nei casi confermati in questa ondata epidemica quasi tutti (i due terzi) i decessi erano di persone con malattie preesistenti.
La letalità (numero di morti tra i contagiati) di questa malattia non è altissima ma nemmeno trascurabile, siamo attorno al 3,5% ma si tratta di un dato discutibile e sicuramente non preciso. Per capirci: molto probabilmente questo numero è in realtà molto più basso perché i contagiati sono solo quelli che risultano positivi al test per la presenza del virus. È molto probabile che molti (moltissimi?) positivi non sono mai stati rilevati perché con pochi sintomi e quindi non si sono mai resi conto di essersi ammalati. Se i contagiati (reali) fossero, come probabile, molti di più, la letalità sarebbe notevolmente più bassa (forse simile a quella dell'influenza stagionale). C'è da dire un'altra cosa importante, legata alle fasce d'età. Come ho scritto, questa malattia è più pericolosa per le persone più anziane (a maggior ragione oltre gli 80 anni). Se consideriamo la letalità per fasce d'età vedremo che negli over 80 avremo 10,9% di letalità (altissima), mentre nella fascia 0-65 anni di età è dello 0,5% (bassissima). Come notate, questi dati bisogna saperli leggere e, anche sapendolo fare, possono essere molto variabili.
Il dato della letalità generale (che sembra maggiore rispetto alla Cina contro quella delle varie fasce d'età), è una nota distorsione statistica dovuta al fatto che da noi ci sono più anziani, si chiama "Paradosso di Simpson".
Detto questo c'è un grosso problema. Il virus, come tanti virus e come in tante epidemie, non "chiede il permesso" per infettare. Ha un'alta contagiosità (più di altre malattie infettive) e quindi se "entra" in una popolazione rischia di infettarne larga parte. Per popolazione, in epidemiologia, non si intende per forza una nazione o una regione ma "un gruppo". Il virus può infettare una regione, una "macroregione" (il nord Italia, ad esempio) o una nazione intera ma anche di più.
Così è successo in Cina. Moltissimi contagiati, in pochissimo tempo e, anche se la letalità fosse bassissima, le vittime potrebbero essere tantissime (su grandi numeri, anche una piccola percentuale è in ogni caso numerosa).
Questo, a prescindere dalla gravità dei sintomi della malattia, oltre a fare vittime, sovraccarica le strutture sanitarie. Migliaia di persone si riversano al pronto soccorso, centinaia di ricoverati, tanti in rianimazione. Serve personale, farmaci, posti letto, macchinari. Quando questo succede in sei mesi (come per l'influenza) si riesce a sopportare l'impatto (e supportare tutti), quando questo avviene in un mese potrebbe far crollare tutto. E poi diventa una reazione a catena.
Se i reparti di rianimazione fossero pieni di pazienti con polmonite da Coronavirus, non potrebbero ricevere persone in insufficienza renale, con un infarto, chi ha avuto un incidente, una donna che ha avuto un'emorragia post partum, un uomo che ha avuto un ictus con conseguente diminuzione dell'assistenza, delle cure e quindi un aumento senza precedenti della mortalità e delle complicanze, oltre che un peggioramento improvviso e pesante del livello delle cure.
Ecco, il vero, principale rischio di questa epidemia è questo.
Un contagio veloce, della maggior parte della popolazione metterebbe a rischio il sistema sanitario e questo non sarebbe un problema solo relativo all'epidemia ma a tutto il resto.
A tutto questo si aggiunge il fatto che il virus è veramente pericoloso (come detto prima) nelle persone più anziane, cosa tipica delle malattie infettive a maggior ragione se con sintomi respiratori. Sono loro gli individui da proteggere perché, colpiti dalla malattia, avrebbero conseguenze gravi se non irreparabili.
E allora? I provvedimenti di contenimento e mitigazione? Le "zone rosse"?
Sono doverose.
Proprio per evitare quello che ho detto. Hanno funzionato, spesso funzionano e quindi dobbiamo usarle.
Questo ci consentirà (nello scorso articolo ho fornito qualche spiegazione e pure la letteratura scientifica a supporto) di diminuire i casi il più possibile e, in ogni caso, di "spalmare" quelli che hanno bisogno di cure, diminuire il numero dei contagiati e quindi delle complicanze, evitare il contagio di persone fragili (anziani su tutti) e curare tutti, fino alla fine dell'ondata epidemica. Se non riuscissimo a contenere il numero di persone bisognose di cure si potrebbe assistere al collasso del sistema sanitario. L'obiettivo delle misure di contenimento e mitigazione, è proprio quello di limitare il più possibile (annullarlo è praticamente un'utopia) la contagiosità del virus e la cosa più evidente (anche da studi che hanno analizzato il caso cinese) è che le misure devono essere severissime, rigide e rispettate, altrimenti saranno praticamente inutili.
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Vari scenari. Il valore R0 indica la "contagiosità" del virus. Se è molto alta o anche solo alta, potrebbe determinare il collasso dell'assistenza medica. Se la abbassiamo a valori molto più bassi questo collasso sarà almeno ritardato e contenuto. Unica soluzione quindi è quella di diminuire i contagi e subito. |
Il punto da capire è riflettere sulla conseguenza tra rischio individuale e rischio di popolazione (grazie a Luca De Fiore che mi ha fatto riflettere su questo punto decisivo). Questo può servire per fare capire a tutti, anche a chi non si rende conto della necessità delle misure di contenimento nonostante si parli di una malattia non grave, che siamo in un momento decisivo.
Il rischio individuale di questa malattia (quindi il rischio che corre ogni persona, ogni singolo di ammalarsi e avere gravi danni dalla malattia) è basso. Bassissimo. Non significa nullo e non significa che non morirà nessuno, anzi.
Il rischio di popolazione (le complicanze in generale, il peso su strutture mediche e lavoratori della sanità, lo stress sulla popolazione) è alto, altissimo.
Capita questa differenza le cose saranno messe al loro posto più giusto.
Il rischio di popolazione (le complicanze in generale, il peso su strutture mediche e lavoratori della sanità, lo stress sulla popolazione) è alto, altissimo.
Capita questa differenza le cose saranno messe al loro posto più giusto.
Per capirci ancora meglio.
Il rischio di ammalarsi oggi di difterite, in Italia, è molto basso, quasi nullo (anche perché ci vacciniamo). Ma allora perché ci vacciniamo ancora obbligatoriamente e ci battiamo per le vaccinazioni?
Perché il rischio di popolazione è molto alto. Basterebbe UN caso di difterite per causare un caos totale, rappresenterebbe un problema di salute pubblica molto grave. La malattia è gravissima per tutti, soprattutto per le persone più fragili (bambini, anziani, immunodepressi), quindi l'obiettivo non è avere "pochi casi" (sarebbe un dramma!) ma zero. Neanche uno. Per questo, nonostante non si parli di una malattia diffusa, siamo così impegnati per mantenerla tale. Non farlo non è solo rischiare (poco per se, tanto per gli altri), non solo causare dolore e sofferenza (anche a una persona è sempre tanto) ma anche dimostrare un egoismo e una superficialità altissimi, oltre che un bassissimo senso civico. Le malattie infettive, tutte, influenza compresa, sono per definizione pericolose e dannose e se fino a oggi non lo abbiamo capito è perché abbiamo i vaccini, le cure, le strutture sanitarie. Nel caso del Coronavirus non abbiamo vaccini, cure e le strutture sanitarie rischiano di non reggere l'impatto.
Il rischio di ammalarsi oggi di difterite, in Italia, è molto basso, quasi nullo (anche perché ci vacciniamo). Ma allora perché ci vacciniamo ancora obbligatoriamente e ci battiamo per le vaccinazioni?
Perché il rischio di popolazione è molto alto. Basterebbe UN caso di difterite per causare un caos totale, rappresenterebbe un problema di salute pubblica molto grave. La malattia è gravissima per tutti, soprattutto per le persone più fragili (bambini, anziani, immunodepressi), quindi l'obiettivo non è avere "pochi casi" (sarebbe un dramma!) ma zero. Neanche uno. Per questo, nonostante non si parli di una malattia diffusa, siamo così impegnati per mantenerla tale. Non farlo non è solo rischiare (poco per se, tanto per gli altri), non solo causare dolore e sofferenza (anche a una persona è sempre tanto) ma anche dimostrare un egoismo e una superficialità altissimi, oltre che un bassissimo senso civico. Le malattie infettive, tutte, influenza compresa, sono per definizione pericolose e dannose e se fino a oggi non lo abbiamo capito è perché abbiamo i vaccini, le cure, le strutture sanitarie. Nel caso del Coronavirus non abbiamo vaccini, cure e le strutture sanitarie rischiano di non reggere l'impatto.
Ecco, la situazione attuale quindi non è un'apocalissi in corso e nemmeno sono prevedibili o pensabili stragi, si dovrà convivere per un po' con un problema che poteva accadere ed è accaduto. Calma e sangue freddo.
Tutto il resto, lo spettacolo al quale abbiamo assistito in questi giorni, tra cui urla, il panico, il terrore sono invece ingiustificati, inutili, pericolosi. Sono la conseguenza di un mondo virtuale, connesso, nel quale tanti cercano una finestra dalla quale affacciarsi o farsi notare.
Cosa ci aspetterà?
Un'epidemia ha un decorso quasi sempre tipico. Un aumento dei casi lineare (pochi casi, continuamente), poi esponenziale (tanti casi improvvisamente), poi si arriva al picco epidemico (tanti casi, il massimo raggiunto), una stabilizzazione (i nuovi casi restano simili per numero per un po' di tempo) per poi arrivare a un calo progressivo. Questo succede perché il virus trova sempre meno persone da infettare e condizioni sempre più sfavorevoli alla sua diffusione (più o meno dopo un 15%-20% di popolazione colpita si ha un picco epidemico).
Un'epidemia ha un decorso quasi sempre tipico. Un aumento dei casi lineare (pochi casi, continuamente), poi esponenziale (tanti casi improvvisamente), poi si arriva al picco epidemico (tanti casi, il massimo raggiunto), una stabilizzazione (i nuovi casi restano simili per numero per un po' di tempo) per poi arrivare a un calo progressivo. Questo succede perché il virus trova sempre meno persone da infettare e condizioni sempre più sfavorevoli alla sua diffusione (più o meno dopo un 15%-20% di popolazione colpita si ha un picco epidemico).
Probabilmente anche questa volta succederà questo e l'obiettivo è proprio quello di arrivarci nel migliore dei modi.
Cosa fare quindi?
Seguire con attenzione e precisione i consigli delle istituzioni sanitarie.
Seguire con attenzione e precisione i consigli delle istituzioni sanitarie.
Essere educati e rispettosi degli altri limitando i contatti e i comportamenti a rischio.
Evitare luoghi affollati.
Igiene ripetuta soprattutto delle mani.
E poi calma, serietà, razionalità.
Alla prossima.
Alla prossima.
Nota: Alcuni servizi utili.
Pagina dell'Istituto Superiore di Sanità dedicata all'epidemia.
Aggiornamento dati, protezione civile.
Solidarietà digitale. Servizi e facilitazioni per chi si trova in zona rossa.