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Hoxsey: il più grande ciarlatano d'America

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La vicenda di Harry Hoxseyè simile a quella di tanti guaritori che periodicamente si presentano annunciando di aver trovato la cura definitiva per il cancro.
Il copione è identico a tutti gli altri: una cura trovata per caso, "autodefinita" efficace senza sperimentazione, venduta ai malati più ingenui. Seguono le accuse di complotto, l'aggressività, tanti soldi guadagnati.
Questa storia si svolge negli Stati Uniti, da noi è praticamente sconosciuta mentre nel paese americano per anni occupò lo spazio più ingombrante nelle pagine dei giornali, assieme alla "cura Gerson", fu la pozione alternativa più conosciuta ed utilizzata negli Stati Uniti, una storia che fece epoca.
Un aspetto importante di questa vicenda è quello relativo al fatto che il guaritore in questione godette per diverso tempo dell'appoggio di alcuni politici e di strati della popolazione che lo vedevano come un nuovo "salvatore".
Purtroppo anche in questo caso non vi fu alcuna guarigione dal cancro e tutta la vicenda si sgonfia come una bolla di sapone davanti alla prima verifica.



Hoxsey era un minatore anafabeta che trovò impiego in un'agenzia di assicurazioni. Disse di aver ereditato dal padre un formula che curava il cancro. Per i tumori "esterni" (della pelle per esempio) si doveva utilizzare una pasta caustica che corrodeva le lesioni, per quelli "interni" una mistura di erbe (liquirizia, trifoglio rosso, cascara ed altre) e sostanze chimiche (ioduro di potassio) unite ad una dieta con vitamine e cibi da evitare (carne di maiale, pomodoro, aceto, sale ed altri). Il papà di Harry, che aveva un cavallo malato di tumore, raccontò di aver notato che per un periodo l'animale si nutriva vicino ad un cespuglio e dopo qualche settimana guarì dalla sua malattia. Raccolse quindi le erbe che il cavallo brucava di solito e preparò una tisana con la quale cominciò a curare gli animali ed il figlio pensò di applicarla anche agli esseri umani, la "cura" del padre quindi fu utilizzata e pubblicizzata dal figlio.
Harry Hoxsey cominciò ad annunciare un tasso di guarigioni esaltante e chi non guariva aveva avuto la colpa di non aver seguito attentamente la terapia; come detto, fu aiutato da diverse persone che per scopi personali o politici lo sostenevano in maniera decisa manipolando l'opinione pubblica, illudendola e creando una credibilità che era assolutamente artefatta: spuntavano dal nulla decine di "guariti", interviste emozionanti, testimonianze apparentemente credibili, l'ex minatore colpiva per il suo comportamento aggressivo e convincente, il suo modo di porsi fu paragonato a quello degli "strilloni da circo", urlava di poter guarire il cancro ma nessuno riuscì a dimostrarlo né lui fornì alcuna prova credibile. La clinica che Hoxsey aprì in Texas nel 1936 era la più grande clinica privata per la cura del cancro nel mondo, l'uomo si trasformò da povero ignorante a magnate dell'imprenditoria.

Negli Stati Uniti il caso fu eclatante proprio perchè Hoxsey era sostenuto, tra gli altri, da parte della comunità cristiana fondamentalista e questo causò infinite polemiche pubbliche e sui giornali, manifestazioni, proteste e raccolte di firme. Per la popolazione plagiata da certi politici e da parte della stampa, Hoxey simboleggiava il "genio incompreso" schiacciato dai "poteri forti", rappresentati soprattutto dalle associazioni mediche. Da queste e dalla minoranza della stampa, l'ex minatore fu criticato, attaccato ed invitato a non illudere la gente ma questo non accadde, anzi, ad ogni intimazione Hoxsey rispondeva con un comunicato, attaccava violentemente i suoi detrattori, fu descritto come un uomo che donava le sue cure disinteressatamente e soprattutto che queste cure funzionavano, gli unici ostacoli alla sua presunzione provenivano da parte delle associazioni mediche che però risentirono delle varie correnti politiche al loro interno; per questo (la ciarlataneria muove masse e quindi voti) si arrivò anche all'analisi della documentazione rintracciabile. Siamo attorno al 1920.
Furono esaminate centinaia di cartelle cliniche e si analizzarono i casi di "guarigione" forniti dallo stesso ex minatore americano che nel frattempo aveva aperto una clinica anche in Messico. Il risultato dell'esame fu deprimente: chi aveva un cancro ed effettuò solo la cura Hoxsey moriva senza alcun sollievo, chi invece aveva fatto ricorso alle cure standard veniva giudicato guarito dalla cura alternativa, un copione comune a tutti i guaritori.

Harry Hoxsey


La FDA nel 1960 definì la "ricetta" una frode inefficace proibendone la vendita ed ordinando la distruzione di ogni scorta conservata, iniziò anche una campagna di informazione pubblica che metteva in guardia la cittadinanza sull'inefficacia e sui pericoli del cocktail di erbe, definendo quelle del guaritore "false promesse". Nonostante questo e di nuovo per la continua pressione popolare, la "cura" fu sperimentata e studiata di continuo quando le autorità americane si resero conto del numero di persone che si recava con speranza in Messico. Furono il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center prima ed a seguire il M. D. Anderson Cancer Center, l'American Cancer Society, il National Cancer Institute e l'FDA che condussero le loro ricerche su quel metodo scoprendo che non curava nessuno e che aveva procurato anche danni gravi agli utilizzatori. Le solite "incongruenze" caratterizzavano la maggioranza dei casi presentati come risolti: diagnosi mancanti o incomplete, lacune del percorso terapeutico, pazienti che erano stati operati o curati con altre terapie. Un investigatore arrivò anche a presentarsi come paziente nella clinica messicana, pur non avendo il cancro: Hoxsey gli fornì la cura registrandolo come malato di tumore. Davanti ad una smentita così secca l'ex minatore diventò aggressivo denunciando le autorità americane e vincendo un processo per diffamazione ma rifiutandosi contemporaneamente di fornire prove concrete delle sue affermazioni, infrangendo continuamente la legge con mille accorgimenti ed arrestato in continuazione, alla fine fu definito il più grande ciarlatano della storia medica americana.
Alcuni scienziati proposero di approfondire gli studi sulla "pozione" visto che alcune delle erbe contenute nella formula, in vitro (ed in cavie animali), avevano mostrato una certa attività antitumorale. Altri sottolineavano l'implausibilità della sperimentazione umana considerato anche il fatto che altre erbe erano conosciute per la loro tossicità (con casi di decesso, avvelenamento ed emorragia interna).
Nel 1990, in ogni caso, un'ulteriore e più profonda analisi, studiò 400 pazienti che Hoxsey aveva registrato nei suoi archivi come "trattati e guariti" dalla sua cura. In nessuno di loro fu rilevato un effetto curativo da parte della terapia e la quasi totalità dei pazienti si era sottoposto a cure normali. In oltre 300 soggetti non vi erano nemmeno le diagnosi di tumore o le biopsie. Persino un gruppo di medici che seguono la medicina alternativa non riuscì a trovare alcuna prova convincente di efficacia del metodo e pubblicarono la loro conclusione in una rivista di naturopatia (Journal of Naturopathic Medicine. 1994;5:74-76).
Un fallimento assoluto.

L'annuncio pubblico del Dipartimento della salute statunitense che metteva in guardia la popolazione sui pericoli del "metodo Hoxsey"


Hoxsey la sua cura non la regalava di certo ma la faceva pagare dai 3000 ai 5000 dollari per chi la seguiva nella sua clinica messicana, oggi la clinica funziona ancora ed è gestita dall'ex capoinfermiera della clinica originale.
Per ironia macabra della sorte, Hoxsey si ammalò di tumore prostatico ed utilizzò la sua cura che non ebbe, nemmeno su di lui, alcun effetto. Decise quindi di ricoverarsi in ospedale dove fu operato e sottoposto a chemioterapia sopravvivendo ulteriori sette anni (Hafner AW.: Reader's guide to alternative health methods. Milwaukee, Wisconsin: American Medical Association, 1993:128-130). Da quel momento Hoxsey non parlò più della sua cura fino alla morte.
Chissà cosa avrebbero pensato di questa "conversione" i suoi clienti alla notizia che colui che prometteva guarigioni miracolose finì per sopravvivere grazie alla medicina, anche questo un copione che si è ripetuto in altre occasioni.

Alla prossima.

Bambini

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Com'è la salute dei nostri bambini?
I cittadini della Terra del futuro, di cosa muoiono?
Questo articolo è ispirato ed in parte estratto da una interessante pubblicazione apparsa sul prestigioso New England Journal of Medicine (NEJM) dedicata alla storia della pediatria.
Abbiamo (come in molte cose) una percezione molto ristretta della realtà, confinata nel nostro piccolo ambiente e relativa ai nostri confini che, sembra strano, non si estendono che per pochi chilometri. La sensazione di salute, benessere e "felicità" è per forza di cose relativa alla nostra esperienza personale, a quella di poche famiglie vicine (parenti, amici) ed all'ambiente che frequentiamo. Ma fuori c'è un mondo, un grande pianeta con miliardi di persone e tantissimi bambini che nascono e vivono in condizioni e situazioni assolutamente differenti una dall'altra. Anche il tempo che viviamo rende differenti le percezioni e le aspettative in campo medico.
Per questo, un viaggio nel mondo della pediatria può allargare di un po' la nostra percezione di salute; a cosa serve?
A capire che tutto ciò che (noi) abbiamo è una fortuna ed a rendersi conto che nascere "un po' più in là" (nel tempo o nello spazio) avrebbe potuto significare dolore e sofferenza.
I bambini sono la popolazione che vedrà un mondo che noi nemmeno immaginiamo, una speranza, una risorsa per il futuro, coloro che formeranno la popolazione di domani, qualche decennio fa no, non esisteva nemmeno la pediatria (la specialità medica che si occupa del benessere infantile).

Nel 1880 per la prima volta apparve il termine "pediatrico" in una rivista scientifica (proprio il NEJM): fino ad allora le malattie dell'infanzia non erano un'entità separata da quelle dell'età adulta.
Fu William Osler, autore di quell'articolo, che incoraggiò la creazione di una medicina specifica per i bambini ed identificava i medici che si occupavano di loro come "pediatri", non esistendo questa specialità, le malattie dei bambini non erano considerate "speciali" tranne in rari casi. Morire di infezione o di dissenteria era la normalità (e lo è ancora oggi in alcune parti del mondo) ed ogni tanto dovremmo riflettere su ciò che il benessere e la medicina ci offrono.
All'inizio del 1800 tante famiglie perdevano almeno metà dei loro figli e spesso anche di più. Non vi era apparentemente alcuna cura disponibile e si lasciava "fare alla natura", qualcuno diceva "come arrivano se ne vanno", mescolando religione e fatalismo in un'epoca nella quale i ricchi erano molto pochi. Nel 1713, per esempio, il morbillo uccise la moglie, i due gemelli appena nati, un figlio di due anni ed un servitore del pastore Cotton Mather, sopravvissero due figli e 4 figlie, tutti superiori ai sette anni di età.


In realtà questa situazione che ci sembra distante nel tempo e nei fatti è presente ancora oggi in molte aree povere e disagiate, nelle quali anche l'intervento delle organizzazioni umanitarie è difficile e poco incisivo.

La maggioranza dei bambini del 1800 moriva di infezione. Davanti ad intere famiglie decimate dal vaiolo, dalla difterite ma anche dal colera, uno o più figli che morivano per dissenteria o morbillo erano tragedie superabili anche perchè era molto più importante salvare la vita al capo famiglia che assicurava un reddito che ad un nuovo arrivato le cui cure costavano soldi ed impegno.
Nel 1735, l'epidemia di difterite nel New England fece oltre 5000 vittime, l'80% delle quali erano bambini e se l'agonia di un adulto è dolorosa, quella di un bambino è straziante. Un medico inglese così descrive la sofferenza di un piccolo malato di croup:
his inarticulate appeals and beseeching looks for relief...constitute one of the most touching scenes which we are called upon to witness in the practice of medicine. Happily the extreme suffering usually, though not always, subsides towards the close of life, and death takes place at last with comparative ease

(trad.) i suoi richiami inarticolati e gli sguardi supplichevoli di sollievo...costituiscono una delle scene più toccanti che siamo chiamati a testimoniare nella pratica della medicina. Fortunatamente la sofferenza estrema di solito, anche se non sempre, scompare vicino alla fine della vita e la morte avviene finalmente con relativa facilità
Da questa straziante testimonianza si nota l'impotenza della medicina di fronte ad un problema che oggi ci appare "banale" e facilmente risolvibile e soprattutto come l'unico sollievo al dolore ed alla sofferenza fosse la morte, che liberava da ogni male.
Ma alla fine del 1800 il dramma fu sempre meno accettato fino a quando proprio dalla classe medica anglosassone prima e americana poi, gli appelli per una particolare attenzione alla salute dei bambini si fecero continui.
I risultati furono l'apertura dei primi grandi ospedali pediatrici, prima a Philadelphia (nel 1855), poi a Boston (1869), ne seguirono altri e quasi tutti vivevano anche di beneficienza, volontariato e donazioni. La protezione dei bambini si sviluppò anche in altro senso con la proibizione del lavoro minorile ed il diritto alla cultura: nel 1870 in Francia, la legge disponeva che i bambini con meno di 13 anni e le bambine con meno di 14 non potessero lavorare più di 6 ore al giorno. Si moriva ancora di dissenteria. L'utilizzo di acqua inquinata (sporca) per preparare il latte da dare ai neonati era la prima causa di infezione e si incoraggiò così l'allattamento materno diffondendo contemporaneamente le norme di igiene e pulizia. Da quel momento si salvarono centinaia di piccole vite che però non trovavano alcun sollievo dalle malattie virali e contagiose (vaiolo, poliomielite, difterite) che continuavano a mietere vittime, soprattutto nelle grandi città. L'Inghilterra in questo senso precorse i tempi: nel 1853 si stabilì che tutti i bambini entro i 3 mesi dovessero essere vaccinati obbligatoriamente contro il vaiolo (malattia infettiva con alta letalità) ottenendo un grande successo soprattutto nelle classi meno agiate, erano i "poveri" infatti che morivano di più. L'obbligo vaccinale fu deciso dopo la resistenza degli strati più "colti" della popolazione che nella vaccinazione di massa vedevano per la prima volta mescolare i loro diritti con quelli della "plebe ignorante e sporca" ma che dovettero cedere alla pressione popolare diventando parte attiva dei programmi di vaccinazione.
Si continuava a progredire: nel 1930 fu sviluppata la prima "incubatrice", la "scatola magica" che sostituiva panni e paglia permettendo ad un neonato di restare in ambiente protetto e controllato (e caldo!) subito dopo la nascita. Poi vennero gli antibiotici...

Nel 1967 furono registrati 131.000 casi di vaiolo in tutto il mondo. Nel 1980 il vaiolo diventò la prima e l'unica malattia eradicata dalla faccia del pianeta Terra.

Come ci sembrano lontani quei tempi eh?
Eppure sono gli anni nei quali erano bambini i nostri bisnonni.
I nostri piccoli, oggi, di cosa soffrono?

Le cause di morte più frequenti (nel mondo) nei primi 27 giorni di vita sono legate ai problemi durante la gravidanza ed il parto. Le cause di morte entro i 5 anni di vita sono rappresentate soprattutto dalle infezioni: polmoniti, diarrea ed altre. Questo spiega perchè nei paesi meno sviluppati la mortalità infantile sia così elevata.

Cause di morte infantile, oggi: dissenteria, infezioni e complicanze della gravidanza rappresentano il 45% dei casi.

A seguire, la malaria, soprattutto, ma anche l'AIDS, il morbillo e la pertosse, rappresentano ancora oggi cause di morte diffuse nell'età pediatrica.

Non possiamo negare comunque che l'attenzione prestata alla salute infantile si sia evoluta negli anni, anche grazie alle campagne ed all'impegno delle associazioni governative (UNICEF, WHO) ed umanitarie.
Preservare i bambini dalla sofferenza, non è solo un gesto arcaico che ci appartiene (senza bambini....non c'è futuro per la specie umana) ma un corretto gesto di civilltà. Dal punto di vista medico possiamo dire di aver avuto successo, il prossimo passo sarà quello di produrre gli stessi risultati nei paesi più poveri nei quali la mortalità infantile è ancora alta. Difficile ma possibile anche se un dato fa rabbrividire: solo in Italia, 650.000 (fonte Eurostat) bambini vivono in stato di assoluta indigenza.

Alla prossima.

Morgellons: chiusa l'indagine

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Di una "strana" malattia chiamata Morgellons (che vedrebbe delle fibre uscire dalla pelle, fenomeno accompagnato da prurito ed altri sintomi) ne ho parlato un paio di volte e quindi non approfondisco, in breve ricordo che si tratta di una serie di sintomi (a volte vaghi) ma descritti come molto preoccupanti: fibre di varia naturache fuoriescono dalla pelle, prurito intenso, escoriazioni e disturbi mentali.
La malattia si è diffusa pari passo con la diffusione di internet tanto da diventare quasi una leggenda, con le autorità sanitarie che invitano alla calma sostenendo che si tratti di una psicosi già conosciuta da tempo (la parassitosi illusoria o maniacale, l'individuo affetto dalla malattia è convinto di avere centinaia di piccoli animali che gli attraversano il corpo) mentre profittatori e "guru" dei "misteri" insistono sulla provenienza "strana" della malattia: gli alieni, le "scie chimiche" (le scie degli aerei che per qualcuno sarebbero veleni sparsi per motivi disparati), esperimenti segreti. Visto il numero di segnalazioni e la preoccupazione di molte persone che rischiano di farsi influenzare dalle false notizie del web, la notizia non è stata sottovalutata e sono state condotte ricerche, raccolte dati ed analisi.
Dopo qualche anno di indagine (ed in ritardo con i tempi previsti) ed una raccolta dati meticolosa e corposa, il  CDC (ente sanitario statunitense) ha concluso che la malattia chiamata Morgellons è, come sospettato e con tutta probabilità, una disabilità psichiatrica molto simile alla parassitosi maniacale, in tutti i campioni di tessuto ricevuti (le "fibre" che sarebbero fuoriuscite in maniera misteriosa dal corpo dei malati) non è stato trovato un solo reperto "alieno", sconosciuto o di fabbricazione non nota, si tratta di normali fibre tessili di varia natura (soprattutto cotone), a volte residui biologici (ciò che resta delle lesioni che i malati, grattandosi, si autoprocurano) ed in alcuni casi di parassiti (pidocchi, acari...). Nulla di misterioso quindi se non la prova che internet, usato male, può fare persino ammalare. La maggioranza delle "lesioni" cutanee inoltre, erano danni da esposizione al sole, aggravati dal continuo "grattarsi" dei supposti "malati" (il 77% dei quali erano donne). Su 100.000 individui studiati, solo 115 hanno mostrato segni cutanei da presunto "Morgellons".

Questo potrebbe servire da morale. Quando si legge una notizia sul web è sempre bene diffidare, soprattutto se le fonti sono poco attendibili o peggio hanno la pretesa di svelare "segreti" e "complotti" nascosti: si possono trarre conclusioni sbagliate, affrettate e quasi sempre false conducendo persino a problemi di salute. Non è facile approfondire un argomento o cercare argomenti seri che lo contraddicano e proprio per questo è bene chiedere fonti e documentazione adeguata a chi fa affermazioni "pesanti". Questa è un'ulteriore prova (ed in questi giorni di "terremoto" ne vediamo altre) che leggere informazioni manipolate ed incontrollate può essere molto pericoloso e lo spettro della paranoia (immaginate una persona disturbata mentalmente che legge di misteriose fibre che fuoriescono dalla pelle...) si può diffondere con facilità. Basti pensare che esistono decine di "comunità virtuali" di persone convinte di essere affette da Morgellons (e da altre malattie inesistenti) e presto ne riparlerò.

Un uso corretto di internet parte dalla capacità di saper distinguere le bufale dalla realtà.

Il misterioso esame delle urine

Proprio a proposito di "malattie" nate su internet, ricevo spesso messaggi che mi chiedono informazioni riguardanti le più svariate patologie, molte serie, altre davvero insolite. Si tratta quasi sempre di segnalazioni poco importanti ma quasi sempre interessanti per capire fino a che punto la disinformazione e l'ignoranza possono danneggiare la psiche di un individuo debole psicologicamente.

Un lettore mi ha inviato delle immagini "misteriose" che lo avevano colpito: il collegamento con il fantomatico morbo di Morgellons esiste perchè le immagini riprodurrebbero un fenomeno avvenuto ad un individuo affetto da questa malattia. A quanto pare le foto proverrebbero da un sito italiano che a sua volta le avrebbe ricevute da una fonte straniera (e già questo la dice tutta sull'affidabilità della notizia). Nessuna possibilità di avere altri particolari ma caso interessante per comprendere certi passaggi mentali che traggono la conclusione più complessa ed implausibile al posto di quella più semplice e probabile. Per fare questo però bisogna conoscere l'argomento trattato e chi ha tratto conclusioni troppo affrettate in questo caso ha dimostrato di conoscerlo male.
Il lettore ha scritto di essere preoccupato perchè in questo sito parlavano di un esame delle urine di un individuo affetto da una strana malattia.
Le immagini, definite nel sito come "curiose, strane ed allarmanti" sono foto descritte come "strani cristalli e circuiti stampati microscopici emessi dalle urine di un paziente affetto da morbo di Morgellons".

Le foto prelevate dal sito quindi descriverebbero un esame al microscopio delle urine di un "malato di Morgellons" ed avrebbero una morfologia particolare perchè sarebbero visibili cristalli anomali ed un aspetto che ricorda molto i circuiti stampati degli apparecchi elettronici.
C'è però un piccolo particolare.
Quando per ovvi motivi non si conosce bene un argomento, dare giudizi definitivi è molto rischioso.
Io non so riconoscere "strani cristalli" nelle urine (soprattutto se di origine aliena, in medicina non si studia l'urina marziana) ma so riconoscere i normali cristalli contenuti nelle urine di tutti gli esseri umani. Chi non ha mai analizzato al microscopio un campione urinario forse farebbe bene a non lanciarsi in strane e sospette conclusioni quando si trova davanti ad elementi dei quali non comprende la provenienza e così credo farebbe una persona di buon senso e giusto intelletto.
Ma a quanto pare non siamo tutti uguali così guardare delle normali foto di esami urinari e di urinocolture spacciate per "misteriosi circuiti stampati" o "incredibili cristalli sconosciuti" mi rende pessimista sule capacità intellettive dell'uomo.
Ecco le foto ricevute:



In questo caso si tratta di un normale esame microscopico delle urine. La "pipì" contiene varie sostanze (in presenza di una malattia ne contiene anche alcune che non dovrebbero esserci normalmente) e tra queste vi sono delle molecole che si aggregano in cristalli. Sono proprio queste che quando in eccesso o che per processi patologici si aggregano enormemente, formano i noti "calcoli renali". L'ossalato di calcio ad esempio è un composto che tutti presentiamo nelle nostre urine e se le guardassimo al microscopio li vedremmo proprio così, probabilmente associati ad altri cristalli:
Cristalli di ossalato


Ossalati
Cristalli di antibiotico utilizzato come terapia

Esattamente come i misteriosi cristalli "alieni".
E questa è un'altra delle foto che mi sono pervenute. E' sempre un campione d'urina messo in coltura...ma cosa sono quei "percorsi"? Un circuito integrato? Matrix? Disegni alieni? Oppure semplicemente è la prova che troppi film di fantascienza fanno male?

L'aspetto delle urine che ricalcherebbe quello di un circuito stampato elettronico
Un circuito stampato elettronico

L'ultima che ho scritto. Prima di tutto quell'immagine ha davvero poco del "circuito elettrico".
Poi la spiegazione è alquanto semplice.
Quando vi è il sospetto di un'infezione urinaria, un esame utile può essere l'urinocoltura. Si mette cioè in "coltivazione" l'urina in appositi contenitori. Se esiste presenza di batteri questi proliferano formano delle colonie, al contrario la piastra di coltura sarà "pulita".
Per "coltivare" l'urina bisogna "spargerla" in maniera precisa in modo da favorire l'eventuale crescita batterica, disseminarla in maniera omogenea e visualizzarla nel migliore dei modi, questo serve a produrre delle colonie di batteri isolate e ben visibili.
La maniera tecnicamente corretta per preparare una piastra per urinocoltura è questa:

Si inocula l'urina, si sparge a "zig zag" in un verso e si fa la stessa cosa nel verso opposto, formando così una sorta di reticolato.


Ecco che il normale "reticolato" di una coltura urinaria diventa, al microscopio ottico, un "circuito stampato" per qualche "studioso di misteri" che evidentemente non ha mai visto una coltura batterica urinaria e vola con la fantasia. Letta al contrario questa "valutazione" equivarrebbe a quella di un tecnico di laboratorio di analisi che guardando un circuito elettrico stampato dicesse che assomiglia misteriosamente ad una coltura batterica. Sono quei casi nei quali si fa bene a non pronunciarsi per non rivelare la propria impreparazione.

Quando si lascia essiccare un campione d'urina poi, proprio la presenza di varie sostanze, causa la cristallizzazione del campione che assume un aspetto ben noto, come succede a molte sostanze che cristallizzano (vedi l'acqua quando ghiaccia). L'aspetto particolare è detto anche "falcizzazione" proprio per il suo aspetto che ricorda le foglie della felce.
Ecco svelato il mistero della "preoccupante urina del malato di Morgellons": si tratta della normale urina dell'essere umano ed il "malato" non ha nulla di "alieno", al massimo una fastidiosa cistite, molto terrestre.

La persona che mi ha inviato le immagini si diceva molto preoccupata ed intenzionata ad eseguire un controllo delle proprie urine per escludere la presenza dei misteriosi cristalli.
In realtà, come detto all'inizio, finchè internet è utilizzato per ricerche, per coltivare le proprie passioni o per svagarsi, è uno strumento eccezionale, in tema di salute invece, rappresenta quasi sempre un pericoloso mezzo di confusione.
In generale, è sempre bene non fidarsi degli sconosciuti. Lo dicevano pure i nostri nonni che internet non lo conoscevano...

Alla prossima.

Dieta alcalina: alla base della bufala

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Dieta alcalina (o basica) per stare bene ed evitare le malattie. Deacidificazione, disintossicazione dagli acidi, acque alcaline che migliorerebbero la salute guarendo anche le malattie più gravi. Negli ultimi anni soprattutto in "ambienti alternativi" spopolano le affermazioni che darebbero alla dieta (ed alle terapie) "deacidificanti" o "alcalinizzanti" dei poteri curativi innumerevoli, addirittura per curare il cancro.
Cosa significa? E' vero che "alcalinizzando l'organismo" si vive meglio?
Bisogna partire dall'inizio ed essendo l'argomento molto tecnico proverò come al solito a semplificarlo.
Intanto è proprio questo il motivo di tante leggende sul tema, la soluzione di tutti i mali è una conclusione banale che semplifica qualcosa che di banale non ha nulla e quindi, come spesso capita, è una sciocchezza.

Partiamo da un dato. Il nostro sangue è lievemente alcalino.
Cos'è "l'alcalinità"?
Ogni soluzione ha un suo pH. Si tratta della scala di misura dell'acidità o della basicità di un composto. Questa scala va da 0 a 14. Se una soluzione ha pH 0 (zero) è un acido forte (si tratta cioè di una sostanza molto acida), se ha pH 14 è una base forte (è cioè molto basica, alcalina), una soluzione con pH 7 si dice neutra (non è cioè né acida né alcalina), un esempio di quest'ultimo caso può essere l'acqua pura. L'acidità e la basicità di una soluzione si misurano con appositi strumenti (anche molto semplici, come le cosiddette "cartine tornasole", delle striscette di carta che reagiscono colorandosi in maniera differente secondo il pH riscontrato).

Scala del pH: da 0 (acido) a 14 (basico)
Questa differenza è dovuta alla concentrazione di ioni idrogeno (H+) presenti nella sostanza che esaminiamo. Si tratta di temi strettamente tecnici, chimica e fisica che però possiamo provare ogni giorno perchè presenti in moltissimi fenomeni che ci circondano. Il succo del limone è acido (definiamo così anche il suo sapore), il bicarbonato è basico, alcalino (ma l'alcalinità ha un sapore amarognolo). Siamo circondati da sostanze acide, da altre basiche ed ognuna ha queste caratteristiche espresse in grado diverso.
Fin qui qualche ricordo di chimica può aiutarci.
Il nostro sangue ha un pH lievemente alcalino: 7,4
Se questo valore diminuisce (quindi va verso lo 0) o aumenta (verso il 14) anche di poco non potremmo sopravvivere perchè la maggioranza dei meccanismi che ci consentono la vita non funzionerebbero e verrebbero danneggiati in pochissimo tempo (pochi minuti!). In realtà il nostro pH non è un valore fisso, varia di pochissimo (per esempio un pH di 7,3 o di 7,5 per pochi minuti, potrebbe non provocare danni particolari) ma viene subito riportato alla norma da una serie di meccanismi che tutti noi mettiamo in atto apposta, involontariamente ma in maniera addirittura visibile.

Quando per qualsiasi motivo il pH del nostro sangue vira verso l'acidità o la basicità, riusciamo a riportarlo alla norma principalmente mediante due mezzi: i reni e la respirazione. Il mezzo più "imponente" è la respirazione: espirando (quindi emettendo aria) eliminiamo delle sostanze in modo da riportare il pH nella norma, quando serve i nostri polmoni riescono a riportare il pH alla normalità in tempi brevissimi (si pensi all'apnea, il respiro "affannoso" che segue ha questo scopo, i recettori che regolano la respirazione reagiscono ad un aumento della CO2). I reni hanno un ruolo meno "importante" ma molto più raffinato: eliminano con l'urina le sostanze che condizionano il pH, la quantità di sostanze espulse è minore di quella emessa dai polmoni ma si tratta di sostanze "organiche" non volatili e che quindi non "evaporano", queste ultime le espelliamo dai polmoni.
Troppo difficile?
Mhhh...

Allora facciamola ancora più complicata: se per qualsiasi motivo il pH del nostro organismo non è stabile (quindi va "oltre" la normalità del 7,4, verso l'acidità o la basicità) si entra in uno stato patologico: se si va verso l'acidità si parlerà di acidosi metabolica al contrario di alcalosi metabolica (il pH va verso l'alcalinità, la basicità).
Sono due condizioni che, se non rapidamente risolte, possono portare alla morte in breve tempo (per valori di pH inferiori a 6,8 e superiori a 7,8).

Perchè è tutto così complicato?
Semplice: se così non fosse basterebbe mangiare un limone per rendere acido il plasma sanguigno e morire o assumere un cucchiaio di bicarbonato di sodio per avvelenarsi. E' chiaro che l'organismo ha i mezzi per correggere piccole variazioni di pH (che avvengono quotidianamente) ma se queste variazioni fossero improvvise e violente, il rischio di un'impossibilità di riequilibrio sarebbe altissimo. Una base forte (come l'ammoniaca) o un acido forte (come l'acido cloridrico) hanno la capacità di danneggiare direttamente le strutture dell'organismo (ed in generale ogni struttura organica), per questo si tratta di sostanze corrosive e pericolose.

Il nostro organismo quindi "lavora" continuamente per mantenere il pH ai valori fisiologici: quando assumiamo una sostanza acida, i recettori presenti in tutto l'organismo avvertono la novità ed il corpo mette in moto i meccanismi che permettono al pH di rimanere stabile. Tutto il giorno, anche mentre dormiamo, polmoni e reni (ed altri organi per altri aspetti) lavorano "in silenzio" per mantenere il pH attorno al valore di 7,4.

Ma allora cosa vuol dire "dieta alcalina" o alcalinizzare il corpo? A cosa serve? Sarebbe davvero un beneficio per la salute?
Sono tanti i siti pseudoscientifici ed i "naturopati" che consigliano una dieta ricca di alcali per migliorare la condizione del nostro organismo o per evitare spiacevoli disturbi, molti fanno risalire l'origine di questa bizzarra teoria alle idee di un certo Robert Young, presunto medico (ha ottenuto una "laurea" on line da un'università non riconosciuta chiusa per aver truffato i propri allievi) che ha scritto un libro sull'argomento. Mangiando soprattutto frutta (non tutti i tipi), alcuni legumi, ma soprattutto evitando cibi "acidi" quali la carne, i grassi, i fritti, il nostro corpo ne risultarebbe "alcalinizzato" con un risultato eccezionale sulla salute. Qualcuno afferma anche che questa dieta prevenga e curi (!) alcune malattie, anche gravi.

In realtà è una bugia, non serve a nulla, è semplicemente una truffa inutile: una bufala.
Il libro di Young è un insieme di madornali errori alimentari, ricco di invenzioni, veri e propri strafalcioni ed assurdità, basti pensare che il limone ed il pomodoro sono inseriti tra gli alimenti "alcalini" quando sappiamo che sono fortemente acidi. Non solo: Young consiglia di evitare alimenti fermentati, yogurth, vino, in quanto produrrebbero batteri, dimenticando che se il nostro organismo fosse privo di certi batteri, avremmo pochissime armi contro le infezioni più comuni. In realtà l'eventuale acidità o basicità di un alimento che introduciamo con la dieta non ha alcuna rilevanza né influenza sul pH del nostro sangue.

Insomma, una vera e propria sciocchezza. Qualcuno che ha seguito questa "dieta" riferisce miglioramenti evidenti ed un migliore stato di salute: probabilmente non pensa al fatto che non è la "bizzarra" dieta alcalina a farlo stare meglio ma la maggiore attenzione a ciò che si mangia evitando inoltre alimenti grassi e pesanti.

Esistono almeno tre motivi per i quali nutrirsi di alimenti "alcalini" non serve a nulla in termini di salute:
1) Un alimento alcalino, subito dopo l'ingestione, viene a contatto con i succhi gastrici presenti nello stomaco che, come tanti sanno, sono fortemente acidi. Questo "incontro" neutralizza l'alcalinità dell'alimento che al momento di venire assimilato è praticamente neutro (o addirittura acidificato).
2) Anche se esistesse un alimento che riuscisse a mantenere la sua basicità dopo il passaggio dallo stomaco, fino a riuscire a far variare il pH del sangue, si metterebbero in moto tutti i meccanismi spiegati prima che rimedierebbero come abbiamo visto, riportando immediatamente il pH ai valori consueti.
3) Anche se esistesse (ma non esiste) un alimento commestibile che dopo aver sorpassato indenne l'acidità gastrica e non aver scatenato i meccanismi di regolazione del pH, riesca a rendere "basico" il nostro sangue, basterebbero pochi minuti di questa condizione per andare in alcalosi metabolica. Se esistesse questo tipo di alimento, sarebbe un veleno e mangiarlo significherebbe morire, altro che salute.
Naturalmente questo accade anche in caso di alimentazione "acida": normalmente assimilare sostanze acide non cambia in maniera rilevante il pH del nostro sangue ma anche se lo facesse interverrebbero meccanismi specifici a correggere la situazione, che sarebbe patologica.

Se un individuo decidesse di nutrirsi con una dieta pesantemente alcalina potrebbe "spostare" il pH del suo sangue (di poco) verso l'alcalinità ma questo succederebbe per pochissimo tempo (qualche ora al massimo) e quindi non si avrebbe alcun beneficio in nessun contesto. Se in qualche modo riuscisse a mantenere un'alcalinità elevata per un prolungato periodo di tempo si suiciderebbe senza scampo. Se usasse "alcali forti", si procurerebbe gravissime lesioni (la soda caustica, per esempio, ha pH 14).

Per questi motivi è chiaro che non esiste "dieta alcalina", non vi è modo e non sarebbe nemmeno salutare "alcalinizzare" il sangue e, se il nostro pH ha un valore ben preciso, un motivo ci sarà.
Non solo: i seguaci di questa inutile pratica, non si rendono conto che nulla, nel nostro corpo, succede per caso. L'eliminazione renale delle sostanze acide rende le urine a pH lievemente basso (quindi lievemente acido) e questo ha uno scopo ben preciso: sfavorire la crescita batterica. Una dieta alcalina quindi, non solo non ha alcun significato ma potrebbe esporre a problemi di salute. Una delle stupidaggini a cui credono i seguaci di queste pseudodiete è quella che si possa controllare lo stato di salute del corpo controllando il pH urinario, se acido, bisognerebbe correggerlo. In realtà il pH urinario è necessariamente lievemente acido (anche se il suo pH varia durante il giorno e secondo la dieta e le condizioni di salute) per il semplice motivo che sta eliminando, attraverso i reni, i residui che il nostro corpo non trattiene. Come si vede, nulla nel nostro corpo è "un caso" e forse non tutti sanno che persino la pelle ha un pH lievemente acido che sfavorisce lo sviluppo batterico.
Qualche studioso ha notato come una dieta "alcalina" potesse apportare dei benefici di vario tipo alla salute, il problema di questo tipo di analisi è che non si analizzano gli ostacoli (che ho descritto) che rendono questo tipo di alimentazione inutile e che si confonde l'azione della sostanza alcalina con quella delle sostanze che gli questi alimenti alcalini contengono. In uno studio ad esempio si nota come una dieta ricca di frutta e verdura alcaline migliori le prestazioni muscolari per aumentata concentrazione di potassio e magnesio. Il "problema" è che sono questi minerali che migliorano le prestazioni muscolari (ed è noto da tempo) e non certo l'alcalinità degli alimenti, un po' come se sostenessi che l'assunzione di un alimento acido come il caffè stimola il sistema nervoso: è la caffeina che ha questa azione, non certo l'acidità della sostanza.

Esistono anche alcuni "integratori" in vendita che avrebbero lo scopo di "alcalinizzare" l'organismo e visto quello che sappiamo a proposito del pH sono due le cose: o questi integratori non fanno nulla o sono molto pericolosi per la salute. Io propendo per la prima ipotesi con il danno al portafoglio in aggiunta, che sempre danno è.

Alla prossima.

Guida illustrata all'omeopatia

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Quante discussioni sull'omeopatia?
Tante, troppe e non si finirà mai. Questo perché nel caso di questa pratica, si tenta di dimostrare il funzionamento di qualcosa che già in origine non esiste. E' come se si discutesse sulla capacità di volare dell'unicorno: non sarebbe più corretto aspettare prima di trovarlo, un unicorno?
Per questo secondo me, prima di discutere sull'eventuale funzionamento dei rimedi omeopatici (che ad oggi non hanno mai mostrato di avere un effetto superiore al placebo), bisognerebbe dimostrare che la teoria omeopatica abbia anche una minima ragione di essere reale. Gli omeopati (ma anche la scienza) ci provano da due secoli, senza riuscirci, chi spiega i motivi di questo fallimento cerca di informare i pazienti ed i consumatori di cosa si sta parlando: solo così, forse, qualcuno aprirà gli occhi e smetterà di spendere soldi per comprare zucchero a peso d'oro. Se termini come "numero di Avogadro" e "diluizione ultramolecolare" possono essere ostici, una spiegazione più "popolare" può raggiungere un pubblico più vasto.
Così, ispirandomi a piene mani ad un articolo di un blog in lingua inglese, provo a creare una guida illustrata all'omeopatia, una serie di fumetti che spiegano cos'è e come vorrebbe funzionare un granulo omeopatico. So benissimo che questo non smuoverà la fede dei seguaci di Hannehman, ma probabilmente farà sorgere qualche dubbio a chi, appunto, ha dubbi. Quando in discussioni sull'omeopatia qualcuno mi dice "su di me ha funzionato", non rispondo dicendo che si tratta di una suggestione ma chiedo: visto che hai questa sensazione, chiediti come possa fare una pallina di zucchero ad aver "funzionato" su di te. Il punto è proprio questo, non sono i "pazienti" omeopatici ad essere stupidi, è l'omeopatia ad esserlo ed è questa la strada da percorrere per informare correttamente i consumatori. Per questo ho creato una sorta di veloce riassunto su ciò che è l'omeopatia che potrebbe fare comodo a chi non sa cosa acquista a costi spropositati credendo di comprare farmaci.

Tratto e liberamente adattato da How Homeopathy (Supposedly) Works Illustrated, ecco la guida a fumetti all'omeopatia.

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Gli omeopati credono che "il simile cura il simile", una malattia che causa debolezza è curata da una sostanza che causa la stessa debolezza, ma questo succede solo quando la sostanza utilizzata è diluita ripetutamente. Non esiste nessuna prova (e lo suggerisce pure il buon senso, immaginate di passarvi del peperoncino in un occhio che brucia e lacrima...) che per curare un sintomo bisogna assumere qualcosa che provoca lo stesso sintomo, questa ipotesi, risalente al 1800, non è mai stata dimostrata, nemmeno dagli omeopati.
Più è diluita la sostanza più questa diventa "attiva". Qualche preparazione omeopatica può presentare alcune molecole, ma questo succede per quelle a bassa diluizione, quelle ad alta diluizione (oltre la 12ma, quindi in linguaggio omeopatico oltre la 12CH) non contengono alcuna traccia della sostanza iniziale.
Ha senso? No. Non può averne, ma questo è quello su cui si basa l'omeopatia.

Il primo passo è quello di trovare una sostanza che provochi nel paziente lo stesso sintomo della malattia da curare, per esempio un prurito può essere curato con un estratto di ortica o, un'ustione*, da una sostanza acida come il succo di limone o l'aceto, oppure il bruciore agli occhi con il pepe, che provoca bruciore agli occhi. Per gli omeopati, la causa del problema non ha importanza, ne ha solo il sintomo. Un eritema cutaneo ad esempio potrebbe essere causato da un'allergia o da un'ustione, oppure da un'infezione o da tante altre cause. Il medico cerca di capire cosa può avere provocato l'eritema e se possibile elimina la causa per guarire dal sintomo: se il bruciore è causato da un'allergia, ad esempio, un antibiotico sarebbe del tutto inutile. Per l'omeopata no, si cura il sintomo, a tutti gli effetti quindi l'omeopatia non avrebbe alcun ruolo curativo ma solo di sollievo.

Scelta del rimedio in base al sintomo: il rimedio che provoca lo stesso sintomo sarà la cura.

L'omeopata sceglie il rimedio in questione, quello che produce lo stesso sintomo della persona da curare. I rimedi hanno spesso nomi strani o latini, per esempio per trattare l'insonnia gli omeopati usano "Coffea cruda", ovvero l'estratto di caffè che contiene soprattutto caffeina.
Per curare chi non riesce a prendere sonno quindi, l'omeopata prescriverà caffeina, sostanza che è conosciuta come eccitante, di certo non un sonnifero, un evidente controsenso.

Una piccola quantità di questo rimedio sarà mescolato ad acqua, per intenderci una goccia di caffeina sarà mescolata a 99 gocce di acqua. Possono essere utilizzati altri solventi, come l'alcol, ma questo renderebbe tutto più complicato visto che l'alcol, già da solo, ha degli effetti sedativi e così non potremo mai sapere se l'efficacia di un rimedio è dovuto alla caffeina diluita o all'alcol.

Una goccia di caffeina è diluita in 99 gocce di acqua. E' la prima diluizione, la 1CH.

Questa prima diluizione, in omepatia, è chiamata 1CH (diluizione centesimale di Hannehman). A questo punto le molecole di caffeina si trovano mescolate a quelle di acqua. Gli omeopati sostengono che le molecole di caffeina "comunicano" a quelle di acqua le loro caratteristiche e queste ultime, a contatto con quelle di caffeina, le "memorizzano" (la chiamano "memoria dell'acqua"). Non è chiaro come avvenga questo fenomeno e quali proprietà siano "memorizzate" (ogni sostanza può avere centinaia di effetti sull'organismo), non è chiaro nemmeno come faccia l'acqua a capire perchè memorizzare l'effetto causato sull'uomo e non quello causato in un'altra specie (ogni specie animale può avere effetti diversi dalla stessa molecola) e non si sa come mai l'acqua memorizzi le proprietà della caffeina ma non quelle degli eventuali contaminanti, della plastica del contagocce, del vetro del bicchiere, qualcuno dice che questa "attivazione" avverrebbe per merito della "succussione", procedimento che spiegherò fra poco, il problema è che dopo la "succussione" il prodotto omeopatico verrà a contatto (per forza, se viene assunto da una persona) con la lingua (piena di batteri e sostanze organiche), il palato, la saliva, la trachea ma mentre durante la preparazione l'acqua "memorizzerebbe" ciò con cui viene a contatto, subito dopo perde (non si sa perchè) questa sua capacità, sembra quasi che la molecola d'acqua capisca quando si trova in un bicchiere e quando scorre nel tubo digerente. Succede quindi qualcosa del genere:


 
Gli omeopati sostengono, come detto, che questo processo di "memorizzazione" avvenga dopo la "succussione".
Per "attivare" queste proprietà, cioè, bisogna agitare (percuotere su una Bibbia, diceva l'inventore dell'omeopatia) 100 volte il bicchiere che contiene la soluzione acqua-caffeina ogni volta che si procede con una diluizione. Già, perchè una sola diluizione non basta: per rendere più efficace il rimedio servono più diluizioni, anche 100, 1000 (l'ideatore dell'omeopatia definiva "ideale" una diluizione a 30CH).
Così si prende una goccia della prima diluizione, la 1CH e si diluisce in altre 99 gocce di acqua:

Una goccia della 1CH si diluisce in 99 gocce di acqua, è la 2CH.
A questo punto la sostanza iniziale (la caffeina), sarà presente solo in tracce. Si procede allo stesso modo fino a quando si raggiunge la diluizione desiderata, più si diluisce la sostanza più, naturalmente, essa sarà poco presente. Una 30CH avrà ripetuto il procedimento per 30 volte. Naturalmente dopo un certo numero di diluizioni, la caffeina iniziale sarà già scomparsa, per logica e per le leggi di fisica e chimica, oltre la 12ma diluizione non esiste più nessuna molecola del principio attivo iniziale (nel nostro caso la caffeina) ed oltre la 24ma anche l'acqua iniziale sarà ormai sostituita da acqua "nuova". Questo però, secondo gli omeopati, non cambia nulla, anzi, più si continua a diluire maggiore sarà l'effetto del prodotto.

Succede qualcosa del genere:

L'acqua ormai non ha traccia del principio attivo ma le sue molecole si ricordano. Ma solo di lui, niente altro colpirà la loro memoria.



Visto che maggiore è la diluizione, più potente è l'effetto, si potrebbe pensare che una diluizione altissima potrebbe causare non solo un effetto troppo potente ma anche dei pericoli per la salute. Nel caso della caffeina, ad esempio, una diluizione molto alta (100CH) dovrebbe causare gravissimi disturbi, addirittura il coma ma questo con l'omeopatia non succede, non si sa come né perchè ma l'omeopatia non ha alcun effetto collaterale. L'acqua sa come comportarsi e fa solo del bene, anche di questa proprietà non se ne conoscono i motivi ed i meccanismi...

Il finale è sorprendente.
Accade un altro fenomeno inspiegabile (sono tanti eh?). L'acqua così ottenuta (quindi tanto diluita da non avere più traccia di principio attivo) è spruzzata in un granulo di zucchero (in realtà i granuli sono "spruzzati" a migliaia dentro una sorta di "ruota", tanto che un granulo riceverà più acqua omeopatica ed un altro di meno, ma questo, non si sa perchè, per gli omeopati non ha importanza. Dopo qualche tempo l'acqua evapora ed il granulo, che ormai non contiene né principio attivo né acqua è confezionato per essere messo in vendita.

L'acqua che ha "memorizzato" la caffeina viene spruzzata su un granulo di zucchero. Dopo l'evaporazione dell'acqua il granulo è confezionato per essere venduto. Non contiene nulla, né caffeina né acqua.

Il granulo così ottenuto (quindi una semplice pallina di zucchero che non contiene nulla) non solo causerebbe un effetto (ma solo quello scelto dagli omeopati) dovuto alla caffeina (che non c'è più) memorizzata dall'acqua (che non c'è più) ma questo sarebbe opposto a quello causato normalmente dalla molecola sull'uomo, questo perchè possiederebbe proprietà sconosciute, tramite le quali agirebbe su strutture sconosciute con un meccanismo sconosciuto. Gli studi scientifici confermano che questo non possa accadere ma gli omeopati non ci credono. Gli effetti di una sostanza sul corpo umano avvengono normalmente quando questa sostanza incontra un "recettore", una struttura cioè che riconosce la sostanza in questione:


L'omeopatia sostiene che il granulo di zucchero agisca in ogni caso, senza spiegarne i motivi:


Vista la palese assurdità della procedura, molti scienziati hanno provato a capire se davvero una pallina di zucchero riuscisse in questa impresa. Così hanno realizzato degli studi che hanno dimostrato quello che, grazie alle conoscenze scientifiche esistenti, già si immaginava: il granulo di zucchero non serve a curare alcuna malattia e non ha alcun effetto, anzi, per la precisione ha lo stesso effetto di un placebo (cioè di una pallina di zucchero). Concludendo:

Un granulo di zucchero ha l'effetto di un granulo di zucchero.

Questa è l'omeopatia.

Il fatto che nei granuli omeopatici (oltre la dodicesima diluizione) non ci sia altro che zucchero è un dato di fatto (noto anche agli omeopati naturalmente, si tratta di semplice chimica), tanto che la stessa presidente della SIOMI (Società italiana di medicina omeopatica ed integrativa)lo dichiara tranquillamente. La stessa persona però, quando questo è stato dichiarato dal sottoscritto si è scandalizzata (ed indignata!). Per risolvere l'equivoco allora, l'ho invitata qualche settimana fa ad un esperimento pubblico, davanti a 20 granuli (10 omeopatici e 10 di zucchero) avrebbe dovuto stabilire con qualsiasi mezzo lei volesse, quali fossero i granuli omeopatici e quali le caramelle di zucchero: non ha risposto al mio invito, presumo che non abbia modo di dimostrare le sue ragioni.
Chi acquista prodotti omeopatici potrebbe stupirsi davanti a questi fatti, il consiglio che posso dare è quello di informarsi bene e con un po' di impegno scoprirà che ha speso i suoi soldi per caramelle di zucchero vendute come se fossero "farmaci" ma capire dipende da loro, le aziende omeopatiche naturalmente si guarderanno bene dallo spiegarvi tutto ciò e vivono grazie al fatto che la maggioranza dei consumatori non abbia alcuna idea di cosa sia l'omeopatia.

Analisi chimica (cromatografia) di due composti: prima riga di test, seconda riga prodotto omeopatico, terza riga farmaco. Il prodotto omeopatico non contiene nulla

I governi e gli ordini dei medici "chiudono un occhio" su questa pratica preferendo regolamentare un ambito che altrimenti cadrebbe in mano ad imbonitori e ciarlatani, rendendo obbligatoria la prescrizione di omeopatia solo ai medici, si cerca di contenere una potenziale minaccia per la salute. In Inghilterra, paese nel quale l'omeopatia è rimborsata dal servizio sanitario nazionale però, il Science and Technology Committee (Comitato per la scienza e la tecnologia) del parlamento d'oltremanica, ha dichiarato:
To maintain patient trust, choice and safety, the Government should not endorse the use of placebo treatments, including homeopathy. Homeopathy should not be funded on the NHS and the MHRA should stop licensing homeopathic products.

(trad.): Per proteggere la sicurezza, la fiducia e la libertà del paziente, il governo non dovrebbe incoraggiare l'uso di trattamenti placebo come l'omeopatia. L'omeopatia non dovrebbe essere finanziata dal NHS (servizio sanitario nazionale, ndt.) e l'MRHA (l'agenzia dei farmaci inglese, ndt.) dovrebbe interrompere l'approvazione di prodotti omeopatici.
Gli omeopati, negli anni, si sono lanciati in spiegazioni talvolta fantasiose altre volte che pescano a piene mani da parti della fisica e della chimica sperimentale. Termini come "energie", "fisica quantistica" o "cluster" sono ormai di casa nel variegato mondo dell'omeopatia. Peccato che gli omeopati per primi non sappiano nemmeno di cosa stiano parlando perchè altrimenti basterebbe un esperimento fatto bene per dimostrare come esistenti le loro teorie. Le basi teoriche dell'omeopatia sono del tutto assurde: si sommistra una sostanza che provoca un sintomo per curare una malattia che provoca lo stesso sintomo (ipotesi non dimostrata e senza senso) e per fare questo si somministra un granulo di zucchero che non contiene nulla e quindi non provocherà alcun sintomo, per questo motivo il mondo quantico delle particelle subatomiche è strano, l'omeopatia è stupida.

Alla prossima.

*Nota: non metto link né immagini perchè un po' "impressionanti" ma per capire cosa intendono gli omeopati con "il simile cura il simile", la pagina internet di un'omeopata racconta che ad un bambino ustionatosi con l'acqua bollente, lui ha consigliato "bagni in acqua calda". La mano del bambino si è ridotta in condizioni tanto pietose da non potervi mostrare le immagini.
La stessa omeopata racconta la sua esperienza con un altro ustionato (sempre alla mano) al quale, invece di fare mettere la mano sotto acqua fredda almeno per dargli sollievo, gli ha consigliato di metterla sopra la fiamma di una candela.
Il malcapitato ha notato che il dolore, intensissimo appena iniziato "l'esperimento", si è calmato dopo pochi secondi per poi sparire del tutto. L'omeopata è contenta del risultato.
Lo sarebbe di meno se riflettesse sul fatto che "bruciando" la mano dell'ustionato, ha distrutto anche le terminazioni nervose che conducevano la sensazione di caldo e dolore: era questo il motivo del "sollievo" del suo povero paziente...

Omeopatia: che male vuoi che faccia.

Alla prossima.

Qui in formato .pfd, la "Guida illustrata all'omeopatia" da stampare e (per chi vuole) diffondere.

Come si fa? La rianimazione.

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Nell'ottica di diffondere scienza e medicina, mi sono chiesto se anche questo tipo di articoli possano servire ad avvicinare chi legge ad argomenti medici non solo interessanti ma anche utili. La maggioranza delle persone conoscono le procedure mediche molto superficialmente, spesso in maniera scorretta e non rispondente alla realtà. Proverò a spiegare "come si fa" un atto medico (che resta riservato, nelle sue forme più complesse, ai medici o agli operatori sanitari addestrati) senza per questo pretendere di fare una lezione, si tratta semplicemente di nozioni che è meglio conoscere.
In questo caso parlerò di primo soccorso, nei prossimi articoli spiegherò "come si fanno" altre cose in medicina, come una fecondazione assistita, come intervenire in caso di soffocamento o, per esempio, come si fa una diagnosi di malattia.
Perchè?
Perchè l'ignoranza è nemica del progresso ed in campo medico può essere addirittura pericolosa.

Le nozioni di primo soccorso (che non sono, naturalmente, lezioni di medicina), possono avere un ruolo fondamentale nella possibilità di aiutare una persona in difficoltà, possono addirittura salvare una vita e non è poco, tanto che in molte nazioni, le procedure di primo intervento che sono alla portata di qualsiasi persona sono insegnate a scuola, anche ai bambini.

Mi stupisco quindi perchè in Italia non siano effettuate campagne di educazione pubblica al primo intervento, è certo che la diffusione di alcuni semplici accorgimenti potrebbe salvare diverse vite ogni anno. Se non esistessero le associazioni private e le ONLUS che ogni anno organizzano corsi di primo soccorso (che consiglio a tutti di frequentare), la nostra capacità di aiutare materialmente una persona in immediato pericolo di vita sarebbe assolutamente nulla. Resta comunque inadeguata.

Approfitto quindi di questo "vuoto" per provare a dare dei consigli.

Avevo pensato di mettere il "bollino rosso" per sconsigliare l'articolo ai facilmente impressionabili ma l'argomento è rivolto a tutti e chiunque potrebbe trovarsi davanti ad una situazione di emergenza. Superiamo il panico quindi, molto meglio sapere cosa fare che agitarsi in preda all'assoluta impossibilità di intervenire.
Iniziamo.

Immaginate di trovarvi davanti ad una persona che ha immediato bisogno di aiuto: si trova a terra, sembra incosciente e non si evidenzia alcun segno di vita. Chiamare i soccorsi pubblici è la prima cosa da fare ma come comportarsi nell'attesa del loro arrivo?
I primi soccorsi possono essere tanto importanti da cambiare il decorso di un grave incidente. E' chiaro che chi non è medico non deve fare nulla che non sia di sua competenza e non deve compiere nessun gesto azzardato, ma sapere almeno cosa fare in prima battuta è sicuramente un aiuto per la vittima dell'incidente e per chi lo circonda.
In questo primo esempio, spiegherò come si effettua una rianimazione cardiopolmonare.
Premessa: se non si è sicuri di quello che si dovrebbe fare meglio evitare. Le manovre di primo soccorso sono realmente semplici ed alla portata di tutti ma bisogna conoscerle. Altro aspetto importante: cercare di non farsi prendere dal panico. Non è facile ed è umanissimo provare ansia e confusione davanti ad una situazione di allarme ma il panico è nemico dell'efficienza e mantenere per quanto possibile la calma è un requisito fondamentale. Sapere cosa bisogna fare è il primo passo per mantenere un atteggiamento più "freddo" possibile.
Altra premessa: chiamare subito i soccorsi. Chiamando il 118 (il servizio è gratuito anche se il telefono non ha più credito) e cercando di spiegare in maniera chiara e precisa l'evento che si è presentato alla nostra osservazione è la cosa migliore da fare in prima battuta. L'ideale sarebbe quello di essere in più persone: uno chiama i soccorsi e quello che sa compiere le manovre di rianimazione si prepara a farle.
Prima di chiamare i soccorsi sarebbe utile ricordare esattamente l'indirizzo dove sta avvenendo il fatto e ripassando mentalmente le cose essenziali da dire, questo per evitare confusione e fraintendimenti.

Alla fine di ogni paragrafo inserirò delle parole chiave, memorizzandole potrete ricordare le nozioni principali.

La rianimazione cardiopolmonare

E' importante sapere che le manovre di rianimazione sono semplici, efficaci ed alla portata di tutti, richiedono un solo requisito: bisogna sapere cosa fare.
Non mi dilungherò in particolari tecnici o spiegazioni di fisiologia, in quel momento non interessano a nessuno, è importante memorizzare i vari passaggi e provare ad esserne padroni.

Prima nozione: un massaggio cardiaco (esterno) si effettua quando vi è la prova che per qualsiasi motivo (conosciuto o meno), la persona che abbiamo di fronte ha subìto un arresto dell'attività del cuore. Come fare a capirlo? Il modo più semplice e veloce è accertarsi della presenza del battito. Spontaneamente verrà la tentazione di controllare dal polso (inteso come la parte che unisce il braccio alla mano). In realtà il modo più semplice è quello di valutare la presenza di battito cardiaco dalla carotide (ed il punto nel quale si dovrebbe sentire il battito si chiama "polso carotideo") che è un'arteria che scorre in una parte del collo di tutti noi. Sembra difficile ma non lo è.
Il "polso carotideo" si percepisce proprio sotto la mandibola, premendo con decisione e senza paura. Per rendersi conto di questa percezione per prima cosa si può provare su noi stessi. Mettendo tre dita "a piatto" sul collo, subito sotto la mandibola (più o meno dove questa forma un angolo che poi prosegue con il collo) sentiremo una pulsazione: è quella dell'arteria carotidea. Dopo aver provato su di noi, proviamo su un'altra persona, il "battito" si sente in maniera evidente. Se una persona non ha più attività cardiaca questa pulsazione non sarà percepibile, basta "premere" per pochi secondi (meno di dieci).

Polso carotideo: premere sul collo, sotto la mandibola, per accertarsi della presenza di attività cardiaca

Se non si è sicuri ripetere la stessa manovra dall'altro lato della testa.
In caso di arresto cardiaco la persona è incosciente, il colorito è pallido (grigiastro), non respira.

Come fare a capire se esiste una respirazione spontanea?
Guardandocontrolliamo il torace: se si espande e poi si abbassa la persona ha ancora un respiro spontaneo che è possibile anche "ascoltare": ponendo l'orecchio molto vicino alla bocca dell'individuo da soccorrere (per circa 10 secondi) cerchiamo di sentire se esistono "rumori" da respirazione. Sono abbastanza evidenti, se esistono. Nello stesso tempo (mentre abbiamo la testa piegata per "sentire" la respirazione), con la posizione della nostra testa accanto alla bocca dell'infortunato che abbiamo in quel momento (stiamo cercando di ascoltare l'eventuale presenza di respiro), se viene emessa aria, questa potrebbe essere sentita sulla pelle del nostro viso, vicinissima. Abbiamo quindi diverse "sensazioni" che ci permettono di valutare la presenza o meno di respirazione autonoma della persona da soccorrere che potremmo riassumere con la sigla G.A.S.=Guarda, Ascolta, Senti.

E' bene ricordare che se vi è un respiro spontaneo vi è ancora attività cardiaca.
Per questo motivo esamineremo il caso più grave: assenza di respiro e di attività del cuore.

Ci siamo accorti che questa persona non ha più attività cardiaca e non respira?
Questo vuol dire che l'unico modo di aiutare il malcapitato in attesa dei soccorsi è "premere" il cuore in modo da consentire lo scorrimento di sangue nel corpo e quindi facilitare l'ossigenazione. A questa manovra è da associare la respirazione artificiale che ha lo stesso scopo ma con il fine di assicurare un continuo apporto di ossigeno. Ma prima di tutto bisogna chiamare (o fare chiamare) un'ambulanza.

Parole chiave: Carotide-GAS-118

Il nostro scopo quindi è quello di mantenere un'adeguata ossigenazione in attesa dell'arrivo dei soccorsi. In pochi minuti (5-6) il cervello soffre della mancanza di ossigeno causata dall'arresto cardiaco, in 10 minuti è possibile che questa mancanza di ossigenazione conduca alla morte. Per questo motivo è fondamentale "guadagnare tempo", in attesa dei soccorsi già chiamati.

Ecco cosa vogliamo ottenere con il massaggio cardiaco

Piano rigido, massaggio, respirazione.

Dobbiamo fare a questo punto tre cose:
1) Assicurarci che si trovi in un piano rigido: il più comune è il terreno, basta quindi posare la persona sdraiandola a terra. Eseguire le manovre in un piano "morbido" (letto, materasso, divano...) renderà tutto inefficace.
2) Iniziare un massaggio cardiaco
3) Iniziare la respirazione artificiale

Intanto ricordiamo di eseguire il massaggio cardiaco, poi penseremo alla respirazione artificiale.

Il massaggio cardiaco

Dopo aver sistemato la persona sul terreno e liberandola da indumenti troppo stretti (che ostacolano noi e chi sta male), per esempio allentando la cravatta o il colletto di una camicia, iniziamo il massaggio cardiaco:

1) Posti a fianco della persona, in ginocchio.
2) Braccia dritte e rigide, una mano al centro del torace, l'altra mano afferra la prima. Le braccia sono perpendicolari al torace della persona incosciente.
3) Premere per 30 volte (abbastanza velocemente, poco più di una pressione al secondo). Come contare? La prima pressione inizia con 1001 e si prosegue: 1001, 1002, 1003, 1004...e così via. Questa numerazione serve a scandire con una buona approssimazione, il ritmo corretto di pressioni sul torace.
Il massaggio cardiaco non è una procedura che si effettua "lentamente" ma "velocemente". Non dobbiamo "premere" con le braccia ma con tutto il peso del corpo. Non bisogna temere di "esagerare", è molto più efficace un massaggio un po' più energico del dovuto che uno un po' più "delicato" di quanto necessario.
Le braccia sono perpendicolari al torace della persona da rianimare


Alla fine delle 30 pressioni, possiamo eseguire un ciclo di respirazioni artificiali.
In totale la rianimazione è composta da un ciclo di 30 pressioni e 2 insufflazioni, ripetendo i cicli fino all'arrivo dei soccorsi.

Parole chiave: a terra-30pressioniveloci

Vista la fatica che quasi inevitabilmente comporta l'eseguire le manovre di rianimazione, l'ideale sarebbe alternare l'intervento con un'altra persona, se non fosse un'opzione realizzabile, ricordarsi di proseguire per più tempo possibile. Se per qualsiasi motivo (insicurezza, rischio, difficoltà) non fosse possibile procedere con la respirazione artificiale, proseguire solo il massaggio cardiaco con cicli da 100 pressioni.

Respirazione artificiale

Conosciuta come "respirazione bocca a bocca", ha lo scopo di insufflare aria (quindi ossigeno) nei polmoni di una persona che non respira più spontaneamente.
In generale non si corre alcun rischio particolare di contrarre infezioni per il contatto tra la bocca del soccorritore e quella del soggetto inanimato, diverso se vi sono tracce di sangue. In questo caso è possibile pulire velocemente la bocca della persona senza sensi e porre una barriera tra la propria bocca e quella della persona da rianimare (un fazzoletto pulito, un panno sottile), evitare di infilare dita o altri oggetti all'interno della bocca. In caso di dubbi o paura nell'affrontare il rischio rinunciare alla manovra e limitarsi al massaggio cardiaco. Se vi è molto sangue è sconsigliato proseguire nell'effettuare la respirazione artificiale.
La tecnica è relativamente semplice ma bisogna seguire alcuni passi.
1) Stendere la persona in un piano rigido (a terra, meglio), iperestendendo la testa (cioè portandola molto indietro).

Respirazione artificiale, la testa è portata completamente all'indietro, come mostrato nella figura
La mano che tiene la fronte, chiude anche le narici

2) Mettere una mano sopra il torace di questa persona (serve a percepire le espansioni dello stesso quando insuffliamo aria e le seguenti depressioni).
3) L'altra mano è poggiata sulla fronte della persona da soccorrere e con due dita stringe le narici per impedire fuoriuscita dell'aria.
4) Portare la propria bocca a contatto stretto dell'altra (una sorta di "tenuta stagna").
5) Inspirare normalmente ed espirare nella bocca della persona soccorsa, normalmente (in genere l'espirazione dura molto poco, un secondo circa), senza forza. Si sentirà (con la mano sul torace) il petto che si espande.
6) Togliere la bocca, il torace si abbasserà.
7) Ripetere questa manovra per due volte.
8) Riprendere il massaggio cardiaco.

Avremo compiuto quindi 30 massaggi e 2 respirazioni.

Se il torace non si sollevasse ricontrollare se vi è qualcosa che impedisce l'ingresso dell'aria (oggetti, dentiera, lingua) e provare a rimuoverli. Se nonostante non vi sia nulla che impedisca la manovra il torace non si espandesse interrompere la manovra e continuare con il solo massaggio cardiaco.
L'espansione toracica è visibile anche ad occhio nudo.

Parole chiavetesta indietro-2 respiri

Riassumendo:

1) Controllare se esiste coscienza (chiamare la persona, chiederle come sta...), respirazione spontanea ed attività cardiaca: GAS e polso carotideo.
2) Chiamare i soccorsi (118).
3) Posare la persona a terra, liberandola da vestiti stretti e pulendole velocemente la bocca da eventuale sporcizia o sangue.
4) Portare la sua testa fortemente all'indietro (si spinge sul mento e sulla fronte).
5) Iniziare massaggio cardiaco per 30 volte, respirazione artificiale per 2 volte.
6) Fermarsi solo quando arrivano i soccorsi.

Non ha importanza se o quando avrete bisogno di usare queste nozioni, l'importante è conoscerle.
Può salvare una vita e questo non ha prezzo.

Per semplificare la visualizzazione delle manovre ho sottotitolato un video della Croce Rossa inglese.





Qui potete scaricare un manuale di primo soccorso del 118 (la parte che ci interessa è da pagina 81 in poi) che tratta la rianimazione polmonare ma anche altri interventi in urgenza in maniera semplice e schematica. Perchè non passare una serata a ripassare le cose più importanti?
E' bene ricordare che in tutte le città esistono corsi (gratuiti!) di primo soccorso organizzati da organizzazioni pubbliche e private. Perchè non provarci?

Alla prossima.

Immagini tratte da:

http://www.linguaggioglobale.com/sos/txt/100.htm
http://www.albanesi.it/Salute/Pronto_soccorso/massaggio_cardiaco.htm
Manuale primo soccorso CRI

Bibliografia:

  • Cummins RO. “From concept to standard-of-care? Review of the clinical experience with automated external defibrillators.” Annals of Emergency Medicine. 1989;18:1269–1275.

Scienza for dummies - 2

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Nella prima parte dell'articolo ho cercato di riassumere in maniera semplice alcune basi della ricerca scientifica, dei suoi limiti e delle potenzialità.
La scienza è fatta da ipotesi (la Terra è rotonda, gli asini volano, un batterio causa un'infezione...) che poi devono essere confermate dagli studi, questo perchè un'ipotesi, seppur interessante e plausibile, deve essere per forza di cose confermata per diventare "accettabile" scientificamente. Parliamo di medicina, un'ipotesi medica ha un'unica possibilità di conferma, quella che si può trovare sperimentando, ripetendo gli esperimenti e facendoli controllare a chi li legge. Solo così un'ipotesi può diventare una realtà più oggettiva possibile, quindi scientifica. In caso contrario l'ipotesi è falsa o non dimostrata.

Davanti ad una teoria medica è quindi fondamentale capire chi l'ha formulata (a volte anche "l'abito può fare il monaco"), come lo ha fatto e se quello studio ha la validità utile a diventare una prova almeno accettabile di conferma della teoria di partenza.
Abbiamo visto come uno studio scientifico abbia alcuni punti fermi su cui basarsi ma in pratica, come si fa una studio scientifico? Quando in questo blog rimando agli studi a cosa mi riferisco, perchè "mi fido"? Una pubblicazione scientifica non è che una rivista cartacea (oggi ne esistono anche di versioni "on line") esattamente come i giornali o i periodici in vendita in edicola. Si occupa di diffondere le scoperte, le idee, gli aggiornamenti e le discussioni che avvengono in ambito scientifico. Sono quasi sempre "settoriali" e così esisterà la rivista di medicina ma anche quella di matematica, fisica, astronomia, biologia e così via. Possono essere anche "ultraspecializzate" così in medicina esisterà la rivista di neurologia o in ingegneria quella dedicata ai materiali plastici. Ciò che è pubblicato è quello che gli studiosi di tutto il mondo inviano alla rivista per far conoscere ai colleghi i risultati dei loro esperimenti.


La copertina di un numero di The Lancet, una delle riviste mediche più importanti al mondo
In genere le riviste più note e prestigiose compiono un controllo molto attento degli studi che ricevono (scegliendo poi se pubblicarli o meno) mentre quelle meno "importanti" possono pubblicare senza nemmeno curarsi della qualità dello studio. Esistono addirittura riviste "truffaldine" che chiedono denaro in cambio della pubblicazione dell'articolo e per questo non controllano per nulla la qualità o la veridicità di quanto ricevuto. Una ricerca scritta male, organizzata disordinatamente o poco importante riceverà molto difficilmente l'attenzione di riviste prestigiose e dovrà accontentarsi di essere pubblicata in quelle di scarso livello o addirittura di non diventare mai di dominio pubblico. Al contrario uno studio rivoluzionario o di grande qualità può puntare in alto e vedersi (con grandi sforzi) tra le pagine delle riviste scientifiche più prestigiose del mondo.
Per questo, quando si legge "uno studio rileva che..." non è detto che la "scoperta" sia così importante o rivoluzionaria e questo vale anche per gli studi pubblicati su riviste di un certo livello (ricordate il caso Benveniste su Nature o quello Wakefield su Lancet?).
Come si fa a sapere se una rivista gode di prestigio o è una raccolta di "ciarpame" scientifico?
Notorietà a parte (nomi come "Lancet" sono garanzie di serietà anche se possibili protagonisti di "scivoloni" incredibili, come già accaduto), esiste una sorta di "classifica" che permette di comprendere, entro certi limiti, l'importanza di una rivista scientifica (e quindi l'attendibilità di ciò che leggiamo). La classifica si compila secondo il valore del cosiddetto "impact factor" (fattore d'impatto, IP) che  consiste in un punteggio calcolato contando il numero di volte che la rivista è stata citata in altri lavori scientifici. Se molti scienziati basano le loro ricerche su quelle pubblicate in una certa rivista "evidentemente" questa è considerata seria ed attendibile. Se il valore di impact factor è molto basso significa che pochissimi (o nessuno) ricercatori si sono basati sulle ricerche pubblicate da questa, che quindi in ambito accademico gode di poca stima o considerazione. Questo punteggio è discutibile (e discusso) e persino "manipolabile" ma non mi addentro per non deviare il discorso. Per avere dei riferimenti, Lancet (forse la rivista medica più prestigiosa al mondo), ha un IP di 38,8, una rivista "storica" e reputata "bibbia" scientifica come Nature ha un impact factor di 31, il British Journal of Surgery (che anche se seria è di settore e non di valore altissimo) ha un 4,8 mentre esistono riviste con IP bassissimo come 2 o 1 o addirittura non hanno alcuna citazione. Con molta probabilità queste ultime non hanno alcun peso in campo scientifico (sarebbe meglio dire medico perchè in certi ambiti anche un IP di 2 potrebbe avere il suo valore).

Ma cos'è uno studio scientifico? Cosa vuol dire, come si pubblica?
Niente di più semplice (insomma...), si scrive esattamente ciò che si pensa di avere scoperto e si invia il tutto ad una rivista.
Sembra facile...in realtà servono alcuni mezzi, un po' di esperienza e tante idee valide.
Uno studio è composto da varie parti (come dei capitoli) precedute dai nomi degli autori (che sono scritti in un ordine ben preciso, in genere il primo nome è l'autore principale, l'ultimo è quello inserito per "prestigio" o perchè direttore del centro di ricerca) e dall'istituzione nella quale lavorano:

Abstract: un estratto, una sorta di riassunto dello studio per evidenziare i punti salienti e far capire subito a chi lo legge di cosa si parla.

Materiali e metodi: una descrizione del metodo utilizzato per lo studio, i mezzi tecnici, il tipo di esperimento, le caratteristiche dei farmaci (ad esempio) o delle persone studiate. Un modo per rendere chiara la ricerca e per permettere a chi lo volesse, di ripetere lo studio nelle stesse identiche condizioni.

Risultati: i risultati dello studio, l'analisi statistica, i numeri nudi e crudi.

Discussione: la discussione sul significato dei risultati, cosa può aver concluso l'esperimento, le considerazioni finali.

Per facilitare la ricerca degli studi nelle banche dati, queste conservano gli abstract (a loro volta catalogati con delle parole chiave) tramite i quali l'interessato può consultare lo studio completo.

Un esempio di "abstract". Il riassunto dello studio, diviso nelle varie sezioni.
Oggi le ricerche in campo medico aggiungono alla fine dello studio anche l'eventuale esistenza di "conflitto di interessi" (ad esempio se uno degli autori ha lavorato per l'azienda farmaceutica che ha prodotto il farmaco dell'esperimento analizzato) o la provenienza dei finanziamenti per lo studio, una sorta di "operazione trasparenza".

Uno studio scientifico è in inglese, per convenzione e semplicità di comunicazione, esistono anche studi in lingua originale (quindi anche in italiano) ma in questo caso si tratta quasi sempre di studi "minori" ed a diffusione locale.
Non è per niente necessario che a pubblicare sia un medico o uno scienziato. Chiunque in teoria, se ha un'idea valida ed ha condotto uno studio decente può vedere il suo nome stampato in una rivista scientifica (James Randi, colui che smentì lo studio di Benveniste sulla "memoria dell'acqua" è un illusionista ed una bambina di 12 anni è la persona più giovane mai apparsa come autore di uno studio scientifico, nel suo caso smentì i "poteri" di guaritori americani) anche se è evidente che lo scienziato possiede più mezzi ed esperienza di chi non è del campo.

Dopo aver scritto lo studio, corretto, rivisto e controllato, è il momento di cercare una rivista disposta a pubblicarlo. Se penso di aver scoperto qualcosa di rivoluzionario o particolarmente importante potrei spedire tutto ad una grande rivista, consapevole che in questo caso i controlli e le obiezioni saranno pignole ed attente, al contrario potrei accontentarmi di una rivista di minore importanza o addirittura di una delle tante riviste che accettano qualsiasi pubblicazione senza nemmeno controllarne il testo. Esistono riviste (spazzatura) che pubblicano qualsiasi cosa, basta che sia corrisposto un "adeguato" pagamento in denaro anche se non è detto che una rivista che pubblichi a pagamento sia per forza "truffaldina" (e ne esistono di serie che si finanziano proprio con i pagamenti degli autori delle pubblicazioni).

In genere una rivista prestigiosa ha una sorta di "commissione esaminatrice" i cosiddetti "referees" che controllano la ricerca, i suoi risultati, la corretta interpretazione di questi, spingendosi anche ai commenti sull'ortografia ed al buon inglese, esegue insomma una "revisione" dello studio ed essendo dei "colleghi" del ricercatore, fanno una "revisione tra pari" (nessun timore reverenziale né supponenza quindi, gli scienziati sono tutti uguali). I "controllori" sono in genere esperti del settore sconosciuti agli autori della rivista (o potrebbero favorirli per "amicizia" o "rispetto").

Una rivista importante ha in genere un controllo molto severo e si arriva a continui "rinvii" della pubblicazione con inviti a correggere una frase, una tabella, poi un nuovo controllo con nuove correzioni, anche sull'ortografia e così via. Dal primo invio all'effettiva pubblicazione di uno studio possono passare pure mesi (molto sospetta la pubblicazione data alle stampe poche settimane dopo il suo arrivo per l'accettazione). Una rivista che non prevede questa revisione è in genere molto scadente.

La ricerca non fa altro che esporre i risultati di un esperimento (per esempio l'efficacia di un farmaco o la presenza di effetti collaterali di un altro) e chi legge può così ricavare informazioni preziose, provare a riprodurre quei risultati, controllarne l'effettiva evidenza, eccetera.
Di fronte ad uno studio può succedere pure di non essere d'accordo con le sue conclusioni e quindi chi legge potrà pure commentare negativamente (motivando le sue critiche) i risultati o pubblicare a sua volta uno studio che li contraddice e persino scoprire una frode scientifica (Brian Deer con Andrew Wakefield ha fatto proprio questo). E' uno dei meccanismi di controllo più accurati ed efficaci che possano esistere. Uno studio è "pubblico" così chiunque può controllare, accettare o smentirne i risultati e la "comunità scientifica" è proprio l'enorme numero di scienziati che di fatto compie un controllo a posteriori sugli studi pubblicati e sui risultati di un dato esperimento.

Il dovere di un ricercatore, naturalmente, è quello di compilare studi più corretti possibile, accurati, controllati, cercando di limitare gli errori ed i fattori che condizionano i risultati ma è anche vero che non esiste lo studio perfetto ed ogni conclusione, anche quella che sembra più evidente, deve essere presa per quello che è. La scienza non è "definitiva" ma si evolve, cambia opinione, cresce.
Così c'è un solo modo di cercare di ottenere un risultato oggettivo: limitare gli errori di metodo.

Uno dei mezzi più utilizzati per diminuire la possibilità di errore è la cosiddetta "randomizzazione", ovvero la scelta random, a caso, dei partecipanti alla ricerca, all'esperimento e per testare la reale efficacia del farmaco lo paragonerò ad un placebo. Il placebo è una "pillola" composta da una sostanza inerte, senza effetti, così che chi la assume non avrà grossi benefici (anche se qualche piccolo beneficio derivante dalla suggestione e dal fatto di "sentirsi controllati" probabilmente apparirà).
Ho quindi due strumenti: il placebo e la randomizzazione, i risultati sono già sufficientemente attendibili.

 

Per capire meglio: se dovessi sperimentare un nuovo farmaco contro la pressione alta, non sarebbe corretto provarlo solo su individui giovani e che praticano sport o i risultati finali saranno con molta probabilità "ottimistici", positivi ed a favore del farmaco. Questo perchè gli individui più giovani e sportivi hanno meno probabilità di avere la pressione arteriosa sopra i limiti. Per il motivo opposto non otterrei risultati attendibili se provassi il farmaco solo su individui anziani e fumatori, questi probabilmente avranno la tendenza ad avere la pressione più alta e quindi i risultati dell'esperimento ne risulterebbero condizionati. Cosa faccio per ottenere un risultato più corretto possibile? Mescolo i gruppi, scelgo a caso. Nel gruppo che assumerà il placebo vi saranno individui sia giovani che anziani, sia fumatori che sportivi e così nell'altro, il gruppo che assumerà il vero farmaco. I risultati così, non saranno condizionati dalle persone e dal loro stile di vita ma solo dall'assunzione del farmaco. Questa è anche una rappresentazione "in piccolo" della realtà: la società infatti è formata da individui differenti per età, abitudini, stili di vita e salute e per sperimentare correttamente l'effetto di una nuova molecola devo necessariamente scegliere in maniera "random" (casuale) i partecipanti allo studio, "randomizzo" quindi i soggetti che verranno analizzati. Visto che il farmaco è "standard" devo accertarmi che i risultati siano simili per tutti coloro che la assumeranno, indipendentemente dal loro stato.

Sono già a buon punto e per quanto possibile ho evitato gli errori più evidenti, i cosiddetti "bias", non riusciremo mai a realizzare uno studio perfetto ed esente al 100% da possibili condizionamenti e bias ma cercheremo per quanto possibile di limitarli. L'errore potrebbe essere involontario.
Uno scienziato potrebbe essere talmente convinto della sua idea che lo studio che la sperimenta, involontariamente è condizionato dalle sue convizioni. Si chiama "bias di conferma", scegliere i metodi e selezionare i risultati per ottenere la risposta che volevo, fenomeno che in medicina può essere molto pericoloso e può essere fatto in buonafede o con intenzioni non proprio limpide.
Se un'azienda farmaceutica sta sperimentando un nuovo farmaco contro la cefalea (con investimenti enormi e tempi lunghissimi), il fallimento dello studio significherebbe aver perso tempo, denaro e risorse e pure utili futuri. Ho un modo per "aggiustare" i risultati, basta "sistemare" lo studio riportando solo i numeri che giocano a favore della mia causa.
Il presunto nuovo farmaco contro la cefalea, alla fine degli esperimenti ha mostrato di non funzionare in maniera significativa, ma l'azienda nota che in un gruppo di volontari che hanno partecipato allo studio la cefalea in effetti veniva curata efficacemente, sono le persone di età compresa tra i 30 ed i 40 anni.
Se lo studio concludeva che quel farmaco non aveva effetto significativo basterebbe escludere dalle statistiche tutti i soggetti che non fanno parte di quella classe di età, che faccio "scomparire". Non ho condotto quindi un esperimento corretto ma l'ho sistemato per ottenere ciò che desideravo.

Con i nuovi numeri posso concludere che il mio farmaco funziona: lo vendo e guadagno. Senza alcuna giustificazione scientifica.
Può succedere altro.
Lo stesso presunto farmaco contro la cefalea non funziona più di quelli in commercio. Anche in questo caso avrei sprecato anni e soldi. Come posso fare per recuperarli?
Semplice, "distrarre" l'attenzione dall'efficacia e concentrarla sugli effetti collaterali.
Il mio studio inizialmente si intitolava "Efficacia del nuovo farmaco contro la cefalea" ma visto il fallimento si intitolerà "Sicurezza del nuovo farmaco contro la cefalea". In pratica il nuovo farmaco non è migliore di quelli esistenti (e quindi non potrei venderlo) ma provoca meno nausea e meno gastriti (e così posso venderlo).

Nella peggiore delle ipotesi potrei pure nascondere degli effetti collaterali gravi o potrei non accorgermi degli stessi perchè qualsiasi sia il numero di soggetti sui quali il farmaco è sperimentato, non sarà mai così grande (e di conseguenza così attendibile) come quando il prodotto è consumato in tutto il mondo: in fondo ogni farmaco in commercio è un grande esperimento anche dopo la sua vendita. Nel caso di una tale frode deliberata si tratterebbe di un gravissimo danno non solo perchè probabilmente causa di problemi di salute ma anche per aver carpito la buonafede di milioni di medici di tutto il mondo (non dimentichiamo che se si compie una frode scientifica, anche il medico è una vittima perchè ha basato le sue prescrizioni su qualcosa che credeva attendibile).
Un altro elemento fondamentale della ricerca scientifica è che quasi mai uno studio è "definitivo". Uno studio singolo dimostra molto poco e tranne vere e singolari scoperte scientifiche ogni ricerca deve essere ripetuta altre volte, da altri scienziati ed in altre condizioni per vedere confermate le sue conclusioni.

Beh, le cose come vedete cominciano a farsi complicate.
Tanto difficili che qualcuno potrebbe pensare che è davvero improbabile che un semplice cittadino o uno scienziato senza "appoggi" importanti riesca a fare una grande scoperta o a raggiungere le vette della scienza. E' una delle giustificazioni che avanzano molti ciarlatani: secondo loro le grandi scoperte di cui sono protagonisti non vedranno mai approvazione scientifica perchè le riviste, gli ambienti accademici e le "lobby" sono tanto chiuse e rigide.
Saranno pure davvero rigide e chiuse ma questa è fondamentalmente una scusa.
E' chiaro che non è possibile da parte della comunità scientifica "analizzare" qualsiasi idea venga in mente a tutti gli abitanti del pianeta o rendere conto a tutti coloro che si svegliano affermando di avere scoperto la cura del secolo ogni giorno, ma chi ha davvero un'ipotesi interessante può ragionevolmente sperare di farcela.
Letteralmente chiunque può diventare da un momento all'altro un nome illustre della scienza e della medicina è accaduto ed accade anche ai giorni nostri, come vedremo in un prossimo articolo.

Alla prossima.

I nomi della medicina: Henrietta Lacks

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Questa è la storia di una donna praticamente sconosciuta alla quale molti di noi, la scienza e la medicina devono moltissimo.
Henrietta Lacks, nasce a Roanoke, in Virginia (Stati Uniti) nel 1920,  la mamma morì di parto ed il padre, povero coltivatore di tabacco della comunità nera in Virginia, divise i tanti (si dice 10) figli tra i parenti. Henrietta finì con il nonno ed a 21 anni sposò il cugino David dal quale aveva già avuto due figli, il primo all'età di 14 anni.
Alla ricerca di lavoro, la sua famiglia si spostò a Dundalk, contea di Baltimora, nel Maryland. A metà del 1950 la donna si accorse di  un gonfiore addominale e per questo si recò al John Hopkins Hospital di Baltimora, scelta obbligata per lei: era l'unico ospedale nelle vicinanze che curava le persone di colore. 

Henrietta era incinta. Il parto avvenne a novembre dello stesso anno.
Il 29 gennaio 1951 la donna si accorse di alcune perdite di sangue che si facevano sempre più copiose, si recò nuovamente nell'ospedale della vicina Baltimora per una visita, il medico notò un nodulo sanguinante sul collo dell'utero. Prelevò parte di questo nodulo e lo inviò per l'esame istologico.
La diagnosi fu terribile: carcinoma epidermoide della cervice uterina, un tumore maligno. Pochi giorni dopo Henrietta fu sottoposta a sedute di radioterapia (con inserimento di tubi radioattivi nel collo dell'utero) e poi a radiazioni di mantenimento. Durante questa seconda fase furono prelevate altre cellule: una parte dal suo tumore ed una parte dal tessuto sano. Henrietta era all'oscuro di questo prelievo, in quegli anni non esistevano consensi informati o liberatorie ed i tessuti prelevati durante un esame o un intervento diventavano di proprietà dell'ospedale che poteva utilizzarli per scopi scientifici senza alcun permesso da chiedere al paziente.
Le cellule prelevate furono cedute dal medico prelevatore al dottor George Otto Gey. Nel frattempo la donna peggiorava, la sua malattia si era complicata per la sovrapposizione della sifilide. Restò in ospedale fino alla sua morte, avvenuta a 31 anni, il 4 ottobre del 1951. La malattia l'aveva vinta. Fu sepolta in una tomba senza lapide del cimitero di Clover, in Virginia.

George Gey, il medico che per primo ricevette le cellule di Henrietta
Il dottor Gey nel frattempo, si apprestava ad utilizzare le cellule prelevate alla donna per i suoi studi, in quegli anni era difficilissimo studiare approfonditamente le proprietà della cellula, messe in un vetrino infatti, dopo poco tempo, le cellule morivano e non potevano più essere utilizzate. Per questo motivo servivano sempre nuovi campioni e le analisi dovevano essere condotte con precisione e velocità, pena la perdita di tutto il lavoro svolto. Ma quella volta fu diverso: Gey si accorse che le cellule di Henrietta non erano come le altre. Invece di morire dopo pochi giorni, si riproducevano e davano inizio ad una nuova linea cellulare, identica all'originale ma del tutto nuova. Studiare continuamente e per lungo tempo la stessa linea di cellule era qualcosa di più di una "comodità" sarebbe stato un passo da gigante per la ricerca.

Provò a cambiare terreno di coltura e accadde la stessa cosa. Si trattava di qualcosa di assolutamente straordinario. Disporre di una serie di cellule "immortali" significava non solo poter condurre un'infinità di esperimenti fino ad allora impossibili ma anche poter inviare i campioni di cellule ad altri istituti, farle replicare per ottenerne quantità importanti, confrontare i risultati degli esperimenti fatti da scienziati diversi ma con la stessa qualità di cellula. Una rivoluzione.

La famiglia di Henrietta non aveva alcuna consapevolezza di quello che stava accadendo alle cellule della loro congiunta, nemmeno quando gli scienziati decisero di chiamare quella linea cellulare con le iniziali della donna: HeLa.

Le cellule HeLa da quel momento sono diventate lo strumento più popolare ed utilizzato nella ricerca medica e biologica. Basti pensare che lo stesso Jonas Salk sperimentò il suo vaccino antipolio proprio su queste cellule. La stessa produzione del vaccino avvenne grazie all'esistenza delle cellule HeLa. La notizia si sparse e tutti gli istituti di ricerca in tutto il mondo volevano un campione di quelle cellule e così avvenne: una piccola quantità di cellule raggiunse tutte le parti del pianeta, si riproducevano e davano origine ad ulteriori linee cellulari sulle quali studiare e sperimentare. Così fu.
Gli studi successivi sul cancro, sull'AIDS, la mappatura del genoma umano, gli studi sui meccanismi cellulari, l'efficacia di farmaci antineoplastici, ma anche le prove di tossicità di alimenti e cosmetici, tantissimi di questi esperimenti sono stati condotti sulle "copie" delle cellule di Henrietta. E' stato calcolato che esistono in giro per il mondo 50.000.000 di tonnellate di cellule HeLa e che oggi esistono più cellule Hela di quante Henrietta ne avesse in tutto il suo corpo, ogni 24 ore una cellula Hela origina una nuova generazione di cellule.

Cellule HeLa
La capacità di queste cellule di resistere e di prolificare ha creato anche alcuni problemi. Nei vari laboratori queste cellule talvolta sono state contaminate con il risultato di diventare cellule "mutate", da altre colture cellulari (sono state modificate da altri organismi, dei virus ad esempio utilizzati negli esperimenti) e quindi esistono campioni di cellule HeLa che in realtà non sono puri e non discendono solo da quelle originali avendo "genitori" differenti e diventando quindi cellule in tutto e per tutto diverse dal ceppo originale, pur mantenendo ufficilmente il loro nome. Questo problema (ormai accertato) è sempre più diffuso. Esistono così esperimenti che sono stati invalidati per la presenza di contaminanti nel campione di cellule HeLa utilizzato e laboratori che, convinti di utilizzare "vere" cellule HeLa, sono in realtà in possesso di linee cellulari ormai non "controllate". Si ritiene che la "mutazione" più importante sia stata causata da un tipo di HPV (virus umano del papilloma, causa del cancro del collo uterino).

Questo risvolto ne ha avuto un altro ancora più sorprendente. Il fatto che le cellule HeLa si siano unite ad altre e continuino a proliferare, le rende molto somiglianti ad una specie vivente del tutto nuova.
In effetti le continue contaminazioni hanno reso le cellule "non pure", non solo del tutto diverse da quelle originali di Henrietta ma addirittura "non umane": il loro corredo genetico è differente dal nostro (per questo gli esperimenti su queste cellule non possono essere considerati attendibili come esperimenti "sulle cellule umane"). La loro capacità di replicarsi "senza controllo" (cioè senza che siano stimolate dall'uomo ma spontaneamente) e la presenza di una mappa cromosomica (l'insieme dei cromosomi) del tutto originale e diversa da quella umana (per esempio hanno più cromosomi di quelle umane), hanno indotto alcuni scienziati a descriverle come una nuova specie, tanto unica da meritarsi un nome:  Helacyton gartleri, dal nome dello scienziato che prima l'ha descritta.
L'ipotesi affascinante (e forse un po' angosciante) è che si tratterebbe del primo organismo vivente evolutosi a partire dall'Homo sapiens.

Come si vede la storia di una povera donna americana ha cambiato radicalmente la storia di tutti noi, a sua insaputa. Anche i famigliari della donna non erano a conoscenza di tutto ciò che avvenne dopo la morte di Henrietta, successe negli anni '70 quando alcune istituzioni scientifiche, con lo scopo di approfondire le conoscenze sulle cellule HeLa, chiedevano ai lontani parenti di Henrietta di donare campioni di sangue, capelli o altro. Fu allora che questi scoprirono l'incredibile storia della loro parente. Ciò non cambiò particolarmente la loro vita. Ricevettero alcune onorificenze e riconoscimenti da diverse università ma non ebbero nessun ritorno economico (che invece hanno avuto quelli che queste cellule le hanno commerciate, ancora ai giorni nostri), tanto che Henrietta è sepolta in un cimitero ancora senza la lapide. "Per noi è un lusso ancora oggi", dice uno dei figli della donna.
Considerato che i campioni di cellule Hela sono stati venduti in tutto il mondo ed hanno dato origine a brevetti e guadagni, forse qualcuno avrebbe potuto pensare ai discendenti della donna.

Rebecca Skloot, giornalista scientifica, ha scritto un libro di successo sulla vita di Henrietta, "padrona" delle cellule immortali: HeLa: The Immortal Cells of Henrietta Lacks che racconta non solo la storia della povera donna ma anche quella dei suoi discendenti.
Si pensi che ognuno di noi, a partire da me che scrivo, ha avuto a che fare almeno indirettamente con Henrietta. Almeno con una parte di lei.

"Lei era una donna generosa, e io sono felice che mia madre abbia contribuito così tanto alla ricerca. Era generosa e continua a esserlo. Henrietta Lacks vive ancora oggi". (David Lacks, figlio di Henrietta).

Henrietta Lacks ed il marito David

Alla prossima.

Bad Medicine: Glaxo Smithkline, colpevole

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Dopo una lunga indagine (dal 1997 al 2004) e diverse ammissioni di colpevolezza (prima nascoste poi rese pubbliche per giungere ad un accordo con le autorità), una delle aziende farmaceutiche più grandi al mondo, la Glaxo SmithKlineè stata condannata dalla FDA (l'ente governativo statunitense di controllo sui farmaci) ad una sanzione di 3 miliardi di dollari per colpa civile e penale in fatti riguardanti la vendita, l'approvazione ed il commercio di una serie di farmaci di sua produzione. L'enorme somma è la sanzione più alta mai assegnata negli Stati Uniti d'America in frodi sanitarie.
I farmaci coinvolti sono diversi, Paxil, Wellbutrin, Avandia, Advair ed altri, si tratta di antidepressivi e farmaci per il diabete (alcuni in vendita anche in Italia anche se l'azione legale riguarda solo il territorio statunitense).
Se la cifra è da capogiro, le accuse la giustificano:
1) Utilizzo di farmaci "off label". Un farmaco può essere utilizzato "off label" (più o meno "per altre indicazioni") quando è prescritto per utilizzi non previsti tra quelli approvati ufficialmente. Un farmaco ad esempio può essere in commercio con l'indicazione di "analgesico" e per ottenere questo utilizzo le aziende devono presentare robuste documentazioni di efficacia e sicurezza. Un medico può, sempre sotto la sua responsabilità, utilizzare lo stesso farmaco per altre patologie (l'analgesico ad esempio come antifebbrile) ma solo se esiste una documentata base scientifica. Nel caso di un farmaco antidepressivo della Glaxo, questo è stato utilizzato nei minori di 18 anni anche se l'uso in questa classe di individui era espressamente controindicato.
2) Aver nascosto, anche con manipolazione dei dati ottenuti dagli studi, gli effetti collaterali di alcuni suoi farmaci.
3) Aver fatto pressioni ed omaggi ai medici per ottenere prescrizioni dei propri farmaci.

Il primo punto riguarda l'uso di Paxil (principio attivo Paroxetina), non era autorizzato per l'uso in persone di età inferiore ai 18 anni ma nonostante questo l'azienda, minimizzando i rischi (che esistono e sono conosciuti almeno da 5 anni, tanto che negli USA vi è un avvertimento sulla confezione e sulla scheda tecnica del farmaco di un aumentato rischio di suicidio in adolescenti e bambini), ha incoraggiato i medici (fornendo dati falsi) alla prescrizione anche ad individui molto giovani. Il fatto più strabiliante è proprio che l'azienda, per mezzo degli studi che aveva commissionato era già al corrente di questo rischio ma aveva occultato i dati in modo da non farli apparire allarmanti. Negli Stati Uniti sono avvenuti suicidi in ragazzi ed adolescenti che facevano uso del farmaco e, seppure il suicidio non sia per forza collegato all'utilizzo del medicinale, questo non si può nemmeno escludere del tutto: il rischio per questi ragazzi poteva essere quindi almeno ridotto se l'azienda non avesse deliberatamente nascosto i risultati di studi che li mettevano in evidenza. Per questo vi è anche un'accusa penale: omicidio colposo.
La storia della manipolazione dei dati inizia con uno studio che doveva servire proprio a confermare la sicurezza e l'efficacia del prodotto Glaxo. La ricerca iniziale concludeva che il farmaco era "sicuro ed efficace per la depressione negli adolescenti" ma la rivista (il JAMA, una delle riviste mediche più importanti negli Stati Uniti) che doveva pubblicare lo studio notò come i dati forniti non confermavano per nulla questa conclusione e respinsero la pubblicazione. I ricercatori tornarono quindi alla carica, sostituendo il dato di sicurezza ed efficacia con un più cauto "è [un farmaco ndr,] ben tollerato ed efficace per la depressione negli adolescenti". Ad una ulteriore revisione dello studio, si notò come non solo gli autori non avevano chiarito se il farmaco fosse più efficace del placebo ma che non vi era nemmeno una chiara evidenza statistica di efficacia negli adolescenti. Lo studio insomma faceva acqua da tutte le parti.
Al momento dell'indagine, gli investigatori della FDA, scoprirono che gli autori avevano consapevolmente escluso dai dati finali 11 pazienti che avevano avuto effetti collaterali importanti 5 dei quali di tipo psicotico o relativo a suicidio: erano semplicemente spariti dallo studio. L'unico paziente con effetto collaterale riportato nella statistica finale era un caso di cefalea, gli autori quindi conclusero (fraudolentemente) che il farmaco non provocava effetti collaterali importanti.

Il secondo punto: l'uso dell'Avandia (farmaco antidiabete) aveva mostrato effetti collaterali soprattutto a carico dell'apparato cardiovascolare con un rischio aumentato di ictus ed infarto. Studi successivi avevano confermato questo dato. E' emerso però che gli stessi effetti erano stati evidenziati anche negli studi commissionati dalla casa farmaceutica durante l'iter di approvazione del farmaco (cosa già successa come visto prima per il rischio di suicidio collegato agli antidepressivi) ma che gli stessi erano stati occultati con una manipolazione dei dati, agli enti preposti al controllo perchè la presenza di questi rischi avrebbe reso molto più difficoltosa l'approvazione del prodotto o in ogni caso ne avrebbe ristretto l'utilizzo.
Il terzo punto, le pressioni ai medici,è stato dimostrato che era un preciso obiettivo della Glaxo quello di fare pressioni psicologiche sui medici prescrittori potenziali. Vi era un vero e proprio "marketing" del farmaco che mediante regali che andavano dal banale biglietto per concerti o partite a costosi viaggi premio, soggiorni per famiglie intere ed altro ancora: avevano come obiettivo quello di incoraggiare i medici a prescrivere i farmaci.

Tutto quindi molto grave e la Glaxo, dopo una reticenza iniziale ha "confessato" tutto dicendosi dispiaciuta e pronta a rimediare (parte della sanzione ha come scopo il risarcimento di vittime della frode).


La Glaxo ha violato, oltre alla legge ed alla morale, anche uno dei capisaldi della salute pubblica: la fiducia.
Le autorità (l'FDA addirittura ufficialmente), gli operatori sanitari (i medici in questo caso) ed i consumatori, si basano sul principio di fiducia "fino a prova contraria". Un'azienda, soprattutto se nota ed esperta, chiede a chi si serve dei suoi beni di fidarsi (lo fanno tutte, pensate alle aziende alimentari, ci fidiamo che i loro prodotti siano sani e preparati a norma), chi sorveglia non può controllare tutto ciò che si commercia (soprattutto se basato su test falsificati) e quindi, oltre a svolgere controlli  a campione "si fida". Lo stesso i medici: se le aziende mi informano che un farmaco ha un certo effetto io mi fido. Se voglio essere ancora più sicuro approfondisco cercando la letteratura in proposito, ma la Glaxo ha falsificato pure quella, questa è frode commerciale e scientifica. Il consumatore fa altrettanto: se un'azienda produce un farmaco che ha un effetto lo assume sicuro che le parole del produttore siano affidabili. Violare il rapporto di fiducia tra produttore, prescrittore e consumatore, secondo me, è ancora più grave del commettere un errore. L'errore è umano, possibile ed aumenta con l'aumentare delle azioni, la malafede no, è consapevole ed assolutamente deprecabile.
Importante sottolineare che la Glaxo ha ammesso tutte le accuse.

Da un altro punto di vista, questa vicenda si presta a due considerazioni.
Si dice spesso che le multinazionali farmaceutiche siano "coperte" (e quindi protette) dalle autorità pubbliche. A quanto pare non è così, visto che la FDA non ha esitato a colpire violentemente (e sul lato che più interessa ad un'azienda) la violazione della Glaxo. La seconda è che i controlli esistono e questo, oltre ad aver fatto scoprire una grave frode avvenuta, serve da monito alle altre aziende ed al futuro. Un risvolto positivo di questa storia quindi è che le autorità che devono controllare lo fanno e non esitano a punire duramente.

L'azienda ha comunicato di aver collaborato pienamente con le autorità fornendo le informazioni necessarie evitando così ulteriori spese di tempo e di denaro statale.
Si dice che bisogna dare a tutti una seconda possibilità e leggendo le reazioni dei responsabili della Glaxo, credo che questa azienda abbia davvero bisogno di controllare ogni suo passo da ora in poi. Dice infatti Andrew Witty (responsabile capo della Glaxo): "Voglio esprimere il nostro dispiacere e ribadire che abbiamo imparato dagli errori fatti, i dipendenti responsabili di condotta scorretta, quando possibile, sono stati licenziati" e Deirdre Connelly (presidente del gruppo industriale): "Dobbiamo imparare dagli errori fatti ed è successo, oggi la Glaxo è un'azienda trasparente e che segue perfettamente la regolamentazione nazionale". L'azienda si è inoltre impegnata a sorvegliare tutti i lotti giacenti per evitarne l'ulteriore vendita ed ha pubblicato un elenco di medici e professionisti della salute che ricevono finanziamenti per motivi pubblicitari o scientifici, come gesto di trasparenza.

Credo che l'azienda si debba dare molto da fare per recuperare immagine e credibilità e speriamo che la lezione l'abbia davvero imparata, mi sembra il minimo perché un prossimo passo falso non sarà perdonabile.
Intanto ricordiamoci questo nome: Glaxo.

Alla prossima.

Riconosciuta l'omeopatia! No, non proprio, anzi...

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Mentre in California la Boiron ha stanziato 12 milioni di dollari  per risarcire i consumatori che si sono sentiti truffati dalle scarse informazioni sulla reale natura dei prodotti dell'industria omeopatica (ed altri 5 milioni per ulteriori risarcimenti in corso), mentre nello stesso stato sono in corso sei denunce per pubblicità ingannevole perchè i consumatori non erano stati avvertiti che nei prodotti omeopatici c'è solo zucchero, mentre in Australia l'istituto superiore della sanità ed il Medical Research Council hanno definito l'omeopatia senza basi e non etica seguendo la denuncia dell'associazione britannica dei medici che ha definito l'omeopatia "stregoneria".

Insomma, mentre si cerca di proteggere i consumatori di tutto il mondo dal fenomeno paranormale chiamato "omeopatia", in Italia le multinazionali omeopatiche stanno ottenendo quello che inseguono da anni.
L'organizzazione mondiale della sanità si era già pronunciata nel 2009 a proposito dei trattamenti che alcuni omeopati proponevano per malattie come la malaria, l'HIV o le dissenterie: l'omeopatia non è una cura e non apporta alcun beneficio.
Da noi in Italia si va verso un'altra direzione.
Una normativa europea mai applicata completamente nella nostra nazione, vuole che i farmaci omeopatici siano registrati esattamente come i farmaci veri. La lobby delle aziende omeopatiche vuole forse porre un freno al crollo delle vendite, che dopo un picco all'inizio degli anni 2000 oggi sono sempre più in calo, dimostrato dall'ennesima chiusura di farmacie omeopatiche storiche, come successo in Irlanda.
Certo, il loro iter sarà "veloce" e semplice ("semplificato", si dice), non avranno bisogno di dimostrare di essere efficaci (non potrebbero riuscirci mai) ma basterà dimostrare che non siano pericolosi (come fa lo zucchero ad essere "pericoloso"?), in effetti i "criteri" di ammissione sono più che semplici.
Nulla di eclatante o "rivoluzionario", si tratta semplicemente dell'applicazione di una legge europea che noi italiani stentiamo ad applicare. Naturalmente ora assisteremo alla sfilza di articoli pubblicitari che parleranno di "svolta storica" o "riconoscimento dell'omeopatia" ma basta ricordare che, anche stavolta, si tratta di un "riconoscimento" burocratico, non scientifico, la scienza ha già bocciato (dopo ben 2 secoli di prove a sfavore, quando non bastasse semplicemente essere ragionevoli) l'omeopatia. Questo provvedimento permetterà alle aziende omeopatiche di vendere prodotti che in Italia non vedevano la luce (per esempio la cura omeopatica per l'autismo a base di ghiandole di rospo tanto assurda che lo stesso addetto stampa dell'azienda l'ha scambiata per una battuta ironica) o di poter commercializzare i loro prodotti all'estero.


Ma cosa cambia alla fine con questo nuovo ordinamento?
Niente a livello scientifico, tanto su quello commerciale.
I farmaci che in Italia sono venduti come omeopatici devono avere delle caratteristiche ben precise (e questo finora è sempre avvenuto) ma come tutti i farmaci dovrebbero essere controllati e registrati dall'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco, l'ente che si occupa di approvare la commercializzazione di un prodotto farmaceutico). L'Italia non ha mai trasformato in legge la direttiva europea (risalente al 2001) che obbligava questo passo della procedura ma per permettere la vendita di omeopatici ha rinnovato periodicamente l'autorizzazione alla vendita (l'ultimo rinnovo sarebbe scaduto nel 2015) recependo la direttiva con la legge 219/2006 ma senza applicarla del tutto. Per esempio in Italia non è possibile riportare nella confezione degli omeopatici l'indicazione all'uso del prodotto (come per l'Oscillococcinum potrebbe essere l'influenza) né la posologia, non è permessa la pubblicità e non è possibile vendere rimedi omeopatici "nuovi". In quasi tutti gli stati europei (fa eccezione la Spagna) queste possibilità sono esistenti da anni. La notizia quindi è che sarà definitivamente applicata la normativa europea ed i prodotti omeopatici potranno essere venduti senza bisogno di "rinnovare" l'autorizzazione periodicamente applicando così tutte le norme previste. Essendo inoltre farmaci "registrati" possono essere esportati e sperimentati ufficialmente.

La procedura di registrazione di un prodotto omeopatico è "semplificata", deve avere cioè le stesse garanzie che devono offrire i farmaci veri tranne una, la dimostrazione di efficacia (art.16 del DL 219/2006).
Per poter ottenere la procedura semplificata di registrazione all'AIFA un prodotto omeopatico deve avere (sempre secondo l'articolo 16):
  • via di somministrazione orale o esterna;
  • assenza di indicazioni terapeutiche particolari sull'etichetta o su qualunque altra indicazione relativa al medicinale;
  • grado di diluizione tale da garantire l'innocuità del medicinale.
Il secondo punto probabilmente sparirà con la nuova normativa.
Risultato di questa "svolta storica"?

Per i consumatori nulla: zucchero avevano e zucchero rimarrà, forse avremo la garanzia di maggiori controlli nei processi di produzione e sicuramente assisteremo alla nascita di nuove confezioni di granuli con l'indicazione per le più svariate malattie, un modo come un altro per le aziende di raggiungere più clienti e quindi guadagnare di più. Dal punto di vista commerciale l'unico requisito "curativo" che devono avere i prodotti omeopatici è quello di "non fare male" (essere innocui). Per le industrie cambierà molto, potranno aprire nuovi mercati e trovare altri clienti anche per l'introduzione (per la prima volta dal 1995) di nuovi rimedi, per esempio i nosodi (principi attivi omeopatici derivati da parti o secrezioni di esseri viventi), come lo sputo di un tubercolotico, il pus di un malato di scabbia o un po' di batteri fecali ricavati da dissenteria (voi direte: stai scherzando? No). Si tratta quindi di un riordino burocratico e commerciale, nessun riconoscimento (come qualcuno, al solito, cerca di raccontare). Riconosciuta l'omeopatia quindi? No, non proprio, anzi, sarà l'occasione per renderla ancora più ridicola.

Potranno essere immessi in commercio infatti tanti preparati omeopatici che in Italia ancora non avevano visto la luce. Qualche esempio?

Muro di Berlino omeopatico: per ansia, pessimismo, panico.
Raggi X omeopatici: per stanchezza, nausea, reumatismi.
Insetticida per pecore omeopatico:  per intossicazioni, avvelenamenti, nausea.
Placenta omeopatica: per otite, mal di gola, tosse, deficit immunitari.
Elettricità omeopatica: per agitazione, allergie, ansia.
Saliva di cane rabbioso, omeopatica: per dolori ossei, convulsioni, disturbi nervosi.
Luce di Saturno omeopatica:  traumi dell'osso e dei nervi.

Bastano?
Ottimo.

Dal mio punto di vista c'è poco da commentare, la legge è legge e bisogna rispettarla ad ogni costo. Potrei notare che esistono tanti di quei problemi che meriterebbero più attenzione rispetto alla regolamentazione dei prodotti omeopatici, ma così è e va bene. Però gli omeopati non dicano da ora in poi di essere boicottati dalle istituzioni, mi sembra che venga loro concesso più di un piccolo spazio.

Una regolamentazione dell'omeopatia a questo punto non deve essere vista per forza come un fenomeno negativo, ricordate che più il consumatore dispone di mezzi per informarsi più diventerà consapevole dell'assoluta mancanza di utilità di certi acquisti e forse solo così sarà consapevole di comprare zuccherini a peso d'oro credendoli curativi.

Lo stesso discorso si potrebbe fare con l'astrologia: sarebbe "negativa" o da biasimare una regolamentazione dei tarocchi e dei veggenti? Probabilmente no, almeno chi vende illusioni è regolarmente registrato e non vive nel limbo dell'incertezza civile, tanto esistono frotte di appassionati felici di regalare soldi a chi "legge" gli astri. Sta poi a chi governa una nazione informare la popolazione dei rischi di affidarsi alle superstizioni. Qualcuno comunque è contrario alla "regolamentazione" delle medicine alternative, si regalerebbe credibilità a pratiche che sono più rappresentanti delle superstizioni che della scienza. Nel frattempo il mondo va avanti e se il Centre of Inquiry canadese chiede il ritiro di tutti i prodotti omeopatici dalla vendita nei supermercati, la FDA ha annunciato che prenderà in esame la proposta di una petizione pubblica statunitense di sottoporre i prodotti omeopatici agli stessi test di efficacia di quelli farmacologici.
Ne vedremo delle belle quindi.

Dal punto di vista scientifico quindi cambia molto poco, l'omeopatia resta un fenomeno paranormale che non ha mai mostrato di funzionare più di un placebo (inutile farsi prendere da crisi isteriche, omeopati, dimostrate il contrario!) ma le aziende, giustamente cominciano a saltellare per l'opportunità fornita. D'altronde, chissà perché, le aziende omeopatiche hanno sempre goduto di una fama inspiegabile, contrapposta a quella delle "cattive" aziende "allopatiche", come se le prime vivessero di aria mentre le seconde fossero solo avide di denaro. Così non è, naturalmente ed anche le aziende omeopatiche sanno essere venali, scorrette e disoneste.

L'ultimo scandalo in ordine di tempo è quello emerso in Germania, un gruppo di aziende omeopatiche (tra le quali la nota Heel, distribuita in Italia dalla GUNA e la Weleda, notissima in Germania) ha creato una sorta di associazione, la DHU. Lo scandalo è scoppiato quando si è scoperto che il gruppo ha finanziato con una somma di 43.000 euro l'anno (scommettiamo che i soldi non erano omeopatici?) il giornalista e bloggerClaus Fritzsche per una missione: criticare e demolire l'immagine dei critici dell'omeopatia e degli scettici con particolare accanimento nei confronti del professor Edzard Ernst, docente di medicine complementari e noto critico delle medicine alternative, un atteggiamento tipico delle lobby più agguerrite e minacciose. Il continuo accanimento e gli attacchi personali (non sempre corretti) del giornalista sono stati fatali, l'uomo ha ammesso di aver ricevuto finanziamenti dall'industria omeopatica. La replica delle aziende è piuttosto scarna: "non c'è niente di strano nel finanziare un giornalista". No eh?
Peccato che questo facesse di tutto per attaccare a pagamento le persone (non i fatti, quindi, ha usato insulti e diffamazioni) che criticavano ferocemente l'omeopatia, deontologicamente e moralmente vergognoso quindi ed anche contro il codice professionale dei giornalisti del suo paese. La Weleda dopo la diffusione della notizia ha annunciato di voler sospendere i finanziamenti.
Curioso, si accusano i critici dell'omeopatia di essere "pagati da Big Pharma" e si scopre che è "Big Homeo" a pagare chi li perseguita.

Ecco, quando vi raccontanto che l'omeopatia è un'alternativa alle multinazionali ora sapete che non hanno nulla di diverso. Nel male, soprattutto.

Alla prossima.

Aggiornamento (25/07/12): Anche la DHU (associazione che riuniva aziende omeopatiche) ha annunciato di aver bloccato i finanziamenti al giornalista Fritzsche.

Statistiche e curiosità

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Eccoci al consueto post estivo, leggero ma tutto da leggere e che mi consente di prendermi una pausa di ozio marino, solare e sabbioso, ricaricando un po' le batterie.

E' un riepilogo molto "soft" che ho già realizzato qualche tempo fa perchè è davvero curioso scoprire con quali chiavi di ricerca (sono i termini che si inseriscono in un motore di ricerca, ad esempio Google) qualcuno arriva in questo blog.
Prima però qualche statistica sul blog.
Il blog ha ricevuto dalla sua creazione più di 700.000 visite con una media di 927 visite al giorno. Il picco è stato di il 19 maggio 2010 con 5114 visite (giorno di pubblicazione dell'articolo dedicato alla triste vicenda di Clara Palomba). La metà delle visite provengono da lettori "abituali", il resto da nuovi visitatori. Dopo quelli italiani, il maggior numero di visitatori provengono dalla Svizzera e dalla Germania.
Il 43% di loro usa Firefox come browser. Oltre 30.000 visite provenienti da Facebook e più di 1.000.000 di pagine lette da quando esiste MedBunker.
Chi l'avrebbe mai detto? Chi mi segue dall'inizio (ormai più di tre anni fa) sa benissimo come tutto sia iniziato per caso e quindi un ringraziamento va a tutti quelli che mi seguono e sostengono (dai primi lettori all'ultimo).



Ora basta con i numeri, molto più interessante ed esilarante controllare le chiavi di ricerca con le quali alcuni visitatori arrivano al blog. Oltre alle "normali" chiavi (chi ricerca informazioni su una cura alternativa, chi su termini medici, chi cerca statistiche), rovistando tra i termini che hanno portato qui i visitatori c'è da restare stupiti.
Il resoconto è indispensabile.

Qualcuno è arrivato cercando: "come si fa i ragi is con gli occhi" (presumo volesse conoscere il metodo per avere la vista a raggi X), un altro cercava i  "9 orifizi umani" (non mettetevi a contare quanti ne avete voi eh?) e c'è di peggio:
autoerotismo deodorante
assorbente interno arresto cardiaco
film ornografici (sic)
metodi magici per elminare le verruche
tagli per capelli che si gonfiano
terapie antitumorali alternative punture a base di letame
come si capisce se si è planoterapeuti
vagina zucchina
come si fà la supercazzola
Consigli su sesso strano
paranormali mosche in casa
come smettere di mangiarsi le caccole

C'è lo speranzoso:  ho un problema che non riesco a risolvere conoscete una preghiera miracolosa
...ed il deciso: i radioterapisti non sanno niente
I dubbi della vita: paperino perchè non sa parlare?
Ognuno ha i suoi guru:  Pippo franco usa un metodo per curarsi qualsiasi cosa come si chiama?
Insomma...una buona parte di visitatori del blog cerca l'impossibile e finisce qui. Spero per loro che qualcosa di interessante abbiano trovato.
Non meno curiose sono le chiavi di ricerca a sfondo sessuale, spesso esilaranti e davvero ci si chiede: ma la gente per cosa utilizza internet?

cerco uomo per semeterapia

Congresso di ginecologi


Oppure (chiedo perdono per i termini volgari):

Il più curioso: Vorrei guardare dentro una f*ga
Il metodico: schema vagina
Ho perso i riferimenti: la f*ga e la coscia
Sesso estremo:  Farsi aspirare il pisello dall'aspirapolvere
L'invidioso: Il pene del mio amico
I rischi di vivere da solo: Incidenti domestici con bambole gonfiabili
I rischi di vivere da sola: Mi è scoppiata la penna dentro la vagina

...ed evito le più pesanti...

C'è quella che vuole andare a colpo sicuro: dimensioni del pene come indovinare prima ed il pedofilo estremo: erezione feto.
Ed infine mi chiedo: capisco che il mio blog possa avere una valenza di utilità sociale e spesso si cercano informazioni affidabili, ma...:
  •  Ipnotizzare la moglie
  •  E vero che con l'occhio di granchio cade la verruca
  •  Gli oggetti più strani che vi siete infilate
  •  I rettiliani sono velenosi?
  • Come aiutare amico complottista
  • Come far riprendere un pesce rosso ha gli ultimi respiri
...non pensavo fino a questo punto.

E poi colui che ha trovato la giusta via:  "Come si chiama il sito che dice la verità" ...ed è arrivato qui.


Buone vacanze a tutti!

Alla prossima.

Mengele: l'angelo della morte

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L'articolo seguente pur descrivendo fatti storici e medici, può disturbare le persone più sensibili.


Joseph Mengele, nato nel 1911, si laurea prima in antropologia nel 1935 e poi in medicina tre anni dopo. La sua tesi di laurea trattava le differenze della parte anteriore della mandibola di sei "razze umane" (da lui presunte). Apparentemente brillante e raffinato, viveva nella Germania ormai pervasa dall'ideologia nazista e nel 1937 si iscrisse al partito nazista, gesto spesso "obbligato" per chi decideva di intraprendere una vita pubblica o aveva ambizioni di carriera, soprattutto in campo accademico. L'anno dopo si iscrive alle SS, la tristemente nota "polizia nazista". Fu arruolato anche come apprezzato (e decorato) soldato e dopo essersi iscritto come medico volontario dell'esercito fu trasferito ad Auschwitz, il campo di concentramento divenuto poi simbolo delle atrocità del nazismo e della guerra.
Con il ruolo di capitano diventò in breve il secondo medico del campo ed ebbe il soprannome di "angelo bianco" perchè all'arrivo dei treni dei deportati che attendeva per selezionare alcuni di essi da ricoverare nelle stanze mediche, si presentava con un cappotto bianco che spiccava accanto alle scure uniformi dei soldati tedeschi.
La selezione di Mengele era piuttosto "grezza", si interessava soprattutto ai gemelli, il suo urlo diventò proverbiale nei racconti dei sopravvissuti: "Zwillinge heraus!" (fuori i gemelli!) ed aveva tracciato una linea su un muro ad un metro e mezzo da terra, i bambini più bassi andavano direttamente alle camere a gas, quelli più alti li portava nelle sue camere selezionando saltuariamente gruppi di gemelli da avviare alle sperimentazioni. Molte madri erano al corrente della "selezione" dei gemelli all'arrivo al campo di concentramento e si assisteva spesso a tentativi di nasconderli che a volte andavano a buon fine ma con un finale tragico: i bambini seguivano la madre nelle camere a gas, un destino senza alcuna via d'uscita. Il medico tedesco si accompagnava spesso a bambini ed i militari quando li incontravano, considerati "proprietà" del laboratorio di ricerca, li chiamavano "i bambini di Mengele", alcune madri, con la speranza di ingraziarsi le simpatie dello sperimentatore nazista, parlavano di Mengele come dello "zio".

L'esasperato patriottismo di Mengele gli faceva pensare che l'unico modo di aiutare fattivamente la patria, per un medico come lui che ormai non combatteva più in prima linea, era quello di farla emergere scientificamente. Aveva come obiettivo quello di creare un esercito tedesco perfetto, in linea con le direttive ariane e "raddrizzato" dalle conoscenze che emergevano dai suoi studi ed in questo modo entrare nella storia.

Si riteneva fortunato. Per gli studenti di medicina della sua epoca, gli unici due modi di fare pratica erano quello di frequentare l'università (ed in tempo di guerra non era così facile) o di comprare cadaveri da dissezionare per approfondire le conoscenze di anatomia. Mengele aveva a disposizione migliaia di soggetti da studiare, di potenziali cadaveri, di persone che i suoi superiori avevano chiamato topi: quale migliore cavia di un "topo umano"?
Al medico tedesco interessavano esperimenti pratici, utili alla patria, all'esercito ed ai soldati. Quanto poteva resistere un uomo immerso in acqua gelida? Qual é l'altezza di caduta massima che permetta ad un uomo di salvarsi oppure quale intensità di suono perfora i timpani o come guarire le ferite di guerra. Quali sono i veleni più terribili e quali i loro antidoti?
Tutte domande che già difficili da chiarire, diventano terribili quando si pensa che il medico tedesco aveva tutte le intenzioni di risolvere. Con una particolare predilezione per i gemelli, materia del suo maestro, il genetista Ottman von Verschuer, antropologo e studioso della genetica dei gemelli.
Presto creò attorno a lui un'intera equipe di medici di tutta Europa, selezionati tra i prigionieri del campo, con loro un gruppo di infermieri ed una disegnatrice che potesse riprodurre i suoi esperimenti.
I gemelli lo ossessionavano, li misurava attentamente, eseguiva trasfusioni sanguigne incrociate, iniettava sostanze sperimentali per rendere azzurri i loro occhi. Un superstite racconta di due gemelli "cuciti" assieme nel dorso per studiarne le reazioni. Alla fine dell'esperimento i due bambini, ormai in condizioni pietose, furono riaffidati ai genitori, una coppia di zingari reclusi nel campo che li uccisero soffocandoli per evitare ulteriori sofferenze. Mengele era continuamente in contatto con il suo maestro a Berlino al quale inviava campioni, organi, parti di corpi umani che secondo lui potessero interessare o servire per ulteriori studi, tutto accompagnato da abbondante documentazione da lui stesso siglata. Erano comuni gli esperimenti multipli e contemporanei, con decine di bambini stesi sui letti da dissezione che ricevevano iniezioni di sostanze irritanti o amputazioni ed era comune la pratica di tentare vari metodi di sterilizzazione sulle bambine e sulle donne adulte (soprattutto con sostanze irritanti per "chiudere" le tube).


Esistono testimonianze che descrivono asportazioni di organi in bambini ancora vivi. Altre, documentate, che mostrano interventi chirurgici senza anestesia. Le "cavie" di Mengele inoltre, non ricevevano nessuna cura dopo gli esperimenti, neanche per combattere il dolore: molti morivano subito, tanti altri dopo giorni di sofferenza, Mengele in persona ha ucciso direttamente diversi bambini oggetto di esperimenti. Comuni le trasfusioni di sangue da un fratello all'altro o l'inoculazione di virus o tessuti infetti per controllare i tempi di incubazione di varie malattie.
Un giorno mio fratello gemello Tibi fu portato via per qualche esperimento particolare. Il dott. Mengele aveva sempre avuto particolare interesse per Tibi, non so perché, forse perché era più grande. Su di lui fece diversi esperimenti. Uno di questi, alla sua colonna vertebrale lo paralizzò, non poteva camminare. Successivamente gli asportò gli organi genitali. Dopo la quarta operazione non vidi più mio fratello.
Il suo assistente, prigioniero nel campo di concentramento, il dottor Miklòs Nyiszly, testimoniò al processo di Norimberga a proposito degli esperimenti di Mengele:
Questi esperimenti in vivo, ossia fatti su persone vive – spacciati per esami medici – sono ben lungi dall’esaurire il problema dei gemelli dal punto di vista scientifico. Sono relativi e dicono poco. Segue dunque la tappa successiva degli esami – l’analisi sulla scorta di dissezioni: il confronto degli organi normali con quelli patologici o malati. A tale scopo sono necessari cadaveri e siccome la dissezione e l’analisi dei singoli organi deve avvenire contemporaneamente, contemporanea deve essere anche la morte dei gemelli, vale a dire che muoiono simultaneamente nel blocco per esperimenti del KL Auschwitz. […] Il dottor Mengele li uccide. […]
L'angelo bianco divenne in breve l'angelo della morte.
Un medico, anche in periodo di guerra, non può calpestare la dignità e la persona umana, più di qualsiasi altro uomo la sua professione, che è quella di alleviare le sofferenze, è una missione scelta fin dal primo giorno di studi ma la crudeltà e la fermezza dell'uomo piacevano ai superiori ed agli uomini di partito, la "soluzione finale" dello sterminio ebraico aveva bisogno di gente come lui.
Due volte la settimana si svolgevano gli esperimenti militari, alcuni svolti con bambini ma la maggioranza con adulti prigionieri del campo.
"L'aiutante di Mengele raccolse 14 coppie di gemelli rom in una notte. Mengele li mise tutti sui tavoli da dissezione di marmo lucidissimo e li fece addormentare. Iniettò cloroformio nel cuore e li uccise istantaneamente. Quindi iniziò la dissezione annotando meticolosamente ogni pezzo del corpo dei gemelli".
Tra le sue vittime è molto nota la storia della famiglia Ovitz, un gruppo di fratelli affetti da nanismo congenito che furono prima vittime di esperimenti, poi diventarono delle "mascotte" del gruppo che si occupava dei laboratori della morte: spettacoli, esibizioni, balletti, questo salvò loro la vita ma non evitò alle donne la sterilità ed agli uomini enormi sofferenze. Essi stessi raccontano gli esperimenti subiti: estrazione di denti, di midollo osseo, tentativi di sterilizzazione, asportazione di tessuti per comprendere meglio i fenomeni dell'ereditarietà, tutto si svolgeva quasi sempre senza anestesia. Alcuni componenti della famiglia Ovitz, raccontarono della loro tragica "fortuna", visto che altri gruppi di "cavie" non avevano sorpassato la prima settimana di permanenza al campo di Auschwitz, alcuni di essi, dopo essere stati vivisezionati, erano bolliti per estrarne le ossa da potere inviare ai musei di anatomia berlinesi.

Poco prima dell'arrivo dell'esercito russo che avrebbe liberato il campo, Mengele riuscì a portare con sè appunti e poco materiale. Sembra sia stato catturato dall'esercito americano come un normale soldato tedesco, tutti erano ignari infatti di quale fosse la sua vera identità. Alla disfatta dell'esercito tedesco e con la successiva fine della guerra, i prigionieri, tra i quali Mengele, furono liberati e di lui non si seppe più nulla, le ultime notizie lo volevano in Sud America (in Brasile, probabilmente) ma sulla sua scomparsa e successiva morte per anni non vi è stata alcuna notizia certa, anche se si dice esistano documenti autobiografici che non hanno mai visto la luce e qualcuno narra senza documentazione solida di un Mengele ancora dedito alla medicina in piccoli villaggi. Sembra comunque sia morto nel 1979 d'infarto durante un bagno a mare. La sua tomba è stata identificata con quella a nome di Wolfgang Gerhard e nel 1992 dopo un'analisi del DNA è arrivata la conferma: Joseph Mengele era sepolto in quella tomba. Di sicuro l'angelo della morte non ha mai pagato per quello che ha fatto.
Mengele è diventato simbolo di crudeltà e cattiveria ma non bisogna dimenticare che non fu l'unico medico che si macchiò di insensibilità e veri e propri crimini contro l'uomo, la Germania nazista aveva bisogno di esperimenti che andavano oltre il limite di quello che era possibile fare nelle università o nei laboratori ufficiali, alcuni tra questi medici erano autorevolissimi esponenti della medicina tedesca e persino oggi sono ricordati come sviluppatori di farmaci fondamentali e diffusissimi. Tra i nomi ricordiamo quelli dei dottori Carl Clauberg e Horst Schumann che effettuarono esperimenti sulla sterilizzazione femminile, Karl Brandt e Eduard Wirths, ginecologo che studiava lo sviluppo del cancro direttamente sui detenuti dei campi di concentramento. Carl Peter Vaerne, medico delle SS, studiava la "cura dell'omosessualità" con iniezioni di dosi massicce di testosterone. Le loro vittime sono state innumerevoli.

Nonostante la storia sia dura da conoscere e contenga particolari angoscianti questi sono solo alcuni dei risvolti della vicenda, il lato "morboso" e crudele è solo una piccola parte del dramma psicologico, fisico e morale di tutto questo e conoscere alcuni fatti ha il valore che deve avere ogni avvenimento umano, un monito per le generazioni future, perchè non accada mai più.

Alla prossima.

Aloe e cancro: cosa c'è di vero?

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L'aloe è una "pianta grassa" molto comune e che cresce sia spontaneamente che in coltivazioni specializzate, della quale esistono decine di specie. Usata come pianta ornamentale e come rimedio popolare per alcuni disturbi passeggeri, negli ultimi anni è diventata un rimedio molto ricercato negli ambienti alternativi per le sue presunte proprietà curative per malattie gravi, tra le quali il cancro. Le proprietà dell'aloe erano conosciute già nell'antichità, sono documentati gli usi come cicatrizzante in epoca romana e greca e come lassativo in epoca medievale.
La notorietà come rimedio anticancro è stata aiutata dalla pubblicazione di un libretto scritto da un frate, tale padre Romano Zago, brasiliano, che descrive nel suo testo proprietà miracolose di una delle specie di aloe, l'arborescens, la quale sarebbe capace di guarire tumori anche in fase avanzata, in breve tempo e senza particolari effetti collaterali. Non è difficile immaginare che, le affermazioni fatte nel libro di Padre Zago (che ho letto) sono piuttosto esagerate ed inattendibili: guarigioni quasi immediate dal cancro dopo bevute di estratti di aloe assolutamente non credibili, nel testo non è riportato alcun dato statistico né sono mostrati referti o numeri da studiare, sembra un romanzo e forse lo è. Altri libri di medicina alternativa parlano di effetti dell'aloe vera, altra specie della pianta. D'altra parte c'è da dire che è già da tempo che si studiano gli effetti di alcuni componenti di questo vegetale che hanno mostrato sperimentalmente la capacità di inibire le cellule neoplastiche di alcuni tipi di tumore, l'attenzione degli sperimentatori si è quindi concentrata sui meccanismi che permettevano questo risultato.

Chissà per quale motivo la "fama" di antitumorale è diffusa in Italia ma molto poco in altri paesi nei quali la pianta è utilizzata, sempre nella medicina popolare, ancora come cicatrizzante e lassativo e proprio con quest'ultima indicazione l'aloe è in vendita nelle farmacie come farmaco da banco sotto forma di estratti in sciroppo o succo e ne esistono decine di tipi e marchi differenti. La proprietà cicatrizzante sembra essere dovuta all'azione di stimolo nei confronti dei vasi sanguigni che così velocizzerebbe i normali processi di riparazione della cute, anche se in realtà queste sono poco più che ipotesi visto che gli studi non hanno confermato del tutto questa possibilità: uno studio inglese ha misurato la capacità dell'aloe nel migliorare le complicanze dermatologiche della radioterapia e non ha notato alcun effetto benefico particolare. Le proprietà lassative sono dovute soprattutto alla presenza di antrachinoni, sostanze irritanti per l'intestino. Altri effetti studiati sono quello "ipoglicemizzante" (che abbassa il valore di zucchero nel sangue) ed antimicotico (che combatte le infezioni da funghi). Estratti di aloe sono contenuti in molti cosmetici e prodotti ad uso casalingo e possono avere un blando effetto antibatterico, antivirale e disinfettante.

La tossicità della sostanza è scarsa, la dose letale per le cavie (di aloe vera) è di 200 mg per chilo, nell'uomo quindi, un effetto tossico sarebbe possibile solo per dosaggi elevatissimi, anche se non è da sottovalutare il potenziale effetto negativo del suo potere lassativo (perdita di sali, disidratazione). In alcune nazioni (Inghilterra e Germania ad esempio) esistono formulazioni di aloe in fiale da iniettare ed in questo caso sono stati segnalati effetti collaterali molto gravi e persino qualche caso letale.
Altri effetti negativi segnalati sono il danno riproduttivo (nelle cavie maschio), quello teratogeno (cioè che causa malformazioni nel feto) ed abortivo (sempre in cavie) soprattutto per le formulazioni per via orale, gli effetti collaterali più gravi (fino a casi di morte) sono stati segnalati, come detto, solo per le formulazioni endovenose.

Gli effetti sulle cellule cancerose, anche se interessanti, sono contrastanti a volte anche notevolmente ma sicuramente aprono qualche speranza.
L'aloe emodina (una degli antrachinoni contenuti nella pianta) ha mostrato di ridurre i tumori in cavie ed in vitro ma sembra essere pericolosa perchè se "stimolata" dalla luce solare o da altre radiazioni, è capace di favorire tumori cutanei, un'altra delle sostanze contenute (l'aloina A), ha causato tumori nelle cavie e per questo motivo la FDA ha chiesto la sua rimozione dagli integratori in vendita. Sembra comunque che l'effetto antitumorale della sostanza (soprattutto nei confronti dei tumori intestinali) abbia come costante parallela un effetto dannoso (di stimolo del tumore, benigno o maligno) a livello cutaneo ed in altre cellule. Non sono pochi gli esperimenti che hanno sottolineato questo dato.


Le proprietà immunostimolanti, antiossidanti ed antiproliferative dell'aloe comunque, hanno fatto ipotizzare un suo reale potenziale anticancro (non per forza curativo ma almeno preventivo) e per questo motivo negli ultimi anni gli studi su queste proprietà si sono moltiplicati a dismisura, anche se proprio il sospetto di gravi effetti negativi ha sempre fatto consigliare molta cautela nelle conclusioni, l'interesse è rivolto soprattutto proprio al suo contenuto di antrachinoni.

In cellule in vitroè stato dimostrato un ruolo immunostimolante, sia per azione su alcune cellule immunitarie che per lo stimolo di alcuni enzimi essenziali nel processo di morte cellulare (le cosiddette caspasi) ed esiste anche uno studio sull'uomo che ha associato l'aloe alla chemioterapia, dimostrando un possibile ruolo nel miglioramento dei risultati della terapia e della sopravvivenza dei soggetti trattati. Già nel 2000 uno studioè stato effettuato anche presso l'università di Padova, analizzava la capacità dell'aloe-emodina di inibire la crescita tumorale (su tumori specifici, i neuroectodermici) in cavie. Gli studi in vitro sono incoraggianti (ne esiste anche uno su cellule leucemiche che ha dato risultati positivi), è vero che sono tantissime le sostanze capaci di eliminare o rallentare le cellule cancerose in laboratorio e quindi non si può che parlare di risultati ancora molto preliminari,  ma la buona notizia è che è stato scoperto anche il meccanismo d'azione che sembra legato all'azione degli antrachinoni contenuti nell'aloe, altro fattore positivo è che non sembra esserci un particolare pericolo di tossicità per l'uomo. C'è però un altro dato che consiglia di non esagerare con l'entusiasmo nei confronti di questa sostanza: sembra che l'uso di aloe, contrasti direttamente l'effetto "apoptotico" (cioè che induce la morte cellulare) della chemioterapia (in particolare della doxorubicina e del paclitaxel), consentendo alle cellule neoplastiche danneggiate dai farmaci di rigenerarsi. Inoltre è stato ipotizzato (ed in parte confermato) un ruolo favorente nei confronti dei tumori del colon. Le conclusioni contrastanti di diversi studi hanno quindi limitato notevolmente l'idea di un uso routinario nella cura delle malattie neoplastiche e per questo motivo bisognerà probabilmente aspettare l'isolamento di un derivato dell'aloe da provare sull'uomo quando si avranno sufficienti certezze sulla sua efficacia e sicurezza, cosa che attualmente non esiste.
In questa vicenda c'è anche un particolare "interessante" e che risponde al tormentone che vorrebbe i "rimedi naturali" non brevettabili (chissà perché) e le autorità mediche ed accademiche compatte nel nasconderne le proprietà.
L'università di Padova ha brevettato i derivati dell'aloe (in particolare l'emodina) proprio per l'utilizzo in oncologia. Il brevetto è stato depositato nel maggio 2001 in collaborazione con una società finanziaria, le spese del mantenimento di questa procedura sono state sostenute dall'università e dall'associazione italiana leucemie, AIL (sez. Veneto). Nel 2007 l'università ha bloccato il finanziamento di tali spese mantenendo (pag. 40-44) però la convenzione con l'AIL e con un fondo di beneficienza privato, i due enti ad oggi coprono questi costi.
Ricordatevi di questo esempio quando vi parleranno di "non brevettabilità" dei rimedi naturali e di "boicottaggio" di certe cure da parte del mondo scientifico.

Non bisogna comunque credere all'"elisir" che cura il cancro, non è sicuramente bevendo un bicchiere di aloe che possiamo sconfiggere questa brutta malattia, ma se riuscissimo a sfruttare le capacità benefiche del suo contenuto potremmo avere qualche beneficio.

Bisognerà approfondire l'argomento e non cedere al facile entusiasmo ma nella storia dell'"aloe anticancro" una base promettente esiste.
Questo naturalmente ha attirato orde di avvoltoi (già lo fanno quando la "cura" è implausibile...) e così esiste un commercio molto florido di prodotti a base di aloe. Integratori, frullati, estratti, vendita on line. Tra mezze parole e promesse sussurrate, questi prodotti sono venduti come "anticancro" quando ancora siamo ben lontani dal definirli curativi e sicuri. Esistono anche conventi ed associazioni religiose note per la preparazione di "frullati" di aloe. In genere, le preparazioni "artigianali" hanno una ricetta ben precisa. Il frullato di aloe è diluito in miele o in alcol e deve essere conservato al riparo da luce e calore. I preparati in vendita come integratori in genere contengono pochissimo principio attivo che quasi sempre ha perso ogni sua proprietà benefica (la sostanza è altamente sensibile alla luce, al calore ed agli sbalzi di temperatura e si degrada molto velocemente perdendo quasi tutte le sue qualità), in questo modo è davvero molto improbabile che un preparato "commerciale" possa avere effetti curativi almeno vicini a quelli notati in laboratorio. In ogni caso occhi sempre aperti, sia agli sviluppi futuri ma anche a chi pensa a guadagnare qualche soldo approfittando della malattia, ad oggi, chi vende "estratti di aloe" per curare il cancro, è solo un ciarlatano.

Alla prossima.

La diluizione progressiva dell'omeopatia

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Usare un fallimento della medicina per giustificare l'omeopatia equivale a pensare ai tappeti volanti per evitare gli incidenti automobilistici (cit.).
Sarà la lenta consapevolezza della gente o l'evidente controsenso di questa disciplina ormai superata, ma nel mondo sono sempre di più i segnali che dimostrano lo scricchiolìo dell'omeopatia. Negli anni questa pratica è passata da "capriccio" di certi ambienti particolari e di nicchia ad una larga commercializzazione che si è diffusa soprattutto grazie a campagne pubblicitarie e disinformazione creata ad arte. Oggi l'omeopatia si avvia al tramonto. L'evidente mancanza di plausibilità medica, scientifica e logica (dopo ben 200 anni dalla sua creazione), la sta riducendo a quello che è in realtà, vera e propria fede superstiziosa per i pochi che ancora ci credono. D'altronde persino in paesi come l'Inghilterra o la Francia, grandi consumatori di prodotti omeopatici, da qualche anno si assiste ad un calo vertiginoso delle vendite (il mercato omeopatico in Inghilterra ormai è ridottissimo) con conseguente perdita economica delle aziende produttrici, la contea scozzese del Lotian sta ridiscutendo il rimborso degli omeopatici.

Così tra una chiusura di storiche farmacie omeopatiche (all'estero, mentre in Italia non esiste farmacia che possa vivere con la sola vendita di omeopatia), risarcimenti per pubblicità ingannevole e smentite dagli studi, continua il declino inesorabile di questa pratica, pure in università che da anni offrivano corsi di omeopatia, ora sospesi per le poche richieste. Persino la statisticaè spietata: in Norvegia, su oltre 50.000 persone, si è assistito ad un declino delle visite dagli omeopati ed in 10 anni si è passati da un già scarso 4,3% ad uno striminzito 1,3%, questo anche per rispondere ai "milioni di utilizzatori di omeopatia" che vanno sbandierando senza sosta gli omeofanatici. Nel Regno Unito ormai i corsi di omeopatia sono tenuti in università private assieme a quelli di "Facebook e Twitter, cosa sono?" oppure "UFO e complottismo" e "Cori natalizi".

L'elenco di corsi della Weymouth University inglese. Omeopatia, UFO e pittura ad acquerello.

Ci pensino le università italiane quando offrono bizzarri quanto deserti corsi di omeopatia per rimpinguare le casse o usano strutture pubbliche per esperimenti che sanno più di alchimia che di scienza.
Di questo si sono accorte anche le aziende che l'omeopatia la rimborsavano in UK.

Il BUPA (British United Provident Association) è una società privata che nel Regno Unito si occupa di assicurazioni sanitarie (principalmente nel mondo del lavoro), seconda solo al servizio sanitario nazionale. La società ha annunciato di aver sospeso i rimborsi dei trattamenti omeopatici.
Lo ha dichiarato ufficialmente dalle pagine del sito aziendale: l'omeopatia non è più coperta dall'assicurazione, assieme ad altre pratiche sciamaniche come la reflessologia (studio e cura delle malattie tramite la "mappa dei piedi" e l'aromaterapia (terapia a base di profumi vari) in buona compagnia quindi per diventare, speriamo per sempre, una vecchia credenza del passato.


Proprio il lato "commerciale" dell'omeopatia (visto che quello scientifico non ha più molti argomenti da trattare) è in fermento: come si fa a "regolamentare" un fenomeno paranormale?
Bisogna trovare delle scappatoie.
Di fronte al fatto che un granulo omeopatico oltre la dodicesima diluizione (e consideriamo che la diluizione considerata "ideale" e più diffusa in omeopatia è la trentesima o 30CH) sia solo zucchero, molte aziende cercano di correre ai ripari o non potrebbero più vendere i loro prodotti. Come evitare di incorrere a multe e sanzioni per pubblicità ingannevole senza però "scoprirsi" e rivelare il trucco?
Una delle aziende inglesi (la Helios) ha pensato ad un espediente (che a me sembra un'ulteriore presa in giro). Invece di far approvare per la vendita i propri prodotti come farmaci, li commercializzerà come dolciumi, caramelle, ovvero quello che sono in realtà.
If necessary we could revise the manufacturing method, the labelling of the bottles and kit box to present them as non-medicines and non-homeopathic and market them as 'confectionery' 
-(trad.)- Se necessario rivedremo il metodo di produzione, l'etichettatura dei flaconi e le confezioni di vendita per presentarli non come medicinali o omeopatici e vendendoli come dolciumi.
Sì, finalmente qualcuno dice le cose come stanno: i granuli omeopatici sono caramelle, è il momento di dichiararlo ufficialmente, così chi è ancora convinto che si possano usare per curare malattie o vuole spendere i suoi soldi a questo scopo, almeno sa cosa sta comprando, questa è vera libertà.
Gli omeopati potrebbero rispondere a questo punto con i soliti slogan preconfezionati, come quello che serviva a rispondere alla dichiarazione dei medici britannici che definiva l'omeopatia "stregoneria":
C’è una mancanza di informazione da parte di questi medici che parlano di qualcosa che non conoscono o di cui non hanno approfondito niente. Perché se solo facessero una ricerca su internet, su quella che è la letteratura scientifica, vedrebbero che di prove ce ne sono tante. Bisogna solo cercarle. Certo è che non c’è peggior sordo chi non vuol sentire!”. (A. Ronchi, presidente FIAMO).

Capito? Cari medici, se non riuscite a capire perchè una caramella di zucchero dovrebbe curare le malattie, non discutete di fisica o chimica, sono idee sorpassate, cercate su internet la letteratura, è tutto lì.
Insomma, l'omeopatia comincia a scricchiolare e dopo il "boom" commerciale degli anni 90 le vendite ed il successo popolare sono in caduta libera. Basti pensare che solo per il fatto di aver dichiarato in passato di credere all'omeopatia, il nuovo ministro della salute britannico è diventatobersaglio di feroci prese in giro, quasi un tormentone, "un ministro della salute che crede all'omeopatia è come un ministro delle finanze che crede ai soldi che crescono sugli alberi...", "il ministro della magia", queste sono le frasi più "soft" rivolte al neoeletto Jeremy Hunt.
Ma non è finita qui.
In seguito alle pressanti esigenze sia delle società mediche che dei comitati scientifici nazionali, sempre in Gran Bretagna, molte industrie omeopatiche hanno difficoltà a fare fronte alle richieste di chiarezza da parte degli scienziati e dei consumatori.
La MHRA (agenzia inglese che regolamenta la produzione e la vendita dei farmaci in Inghilterra), ha definito in maniera chiara alcune regole: se i prodotti omeopatici vogliono essere venduti come farmaci devono essere sottoposti alle stesse prove e controlli dei farmaci tradizionali. Questo ha naturalmente creato il panico in molte industrie omeopatiche, è impossibile infatti dimostrare (senza barare) che un prodotto omeopatico abbia azioni superiori al placebo (prodotto inerte, come zucchero o amido) e sorgerebbero altri problemi, come fare a capire, ad esempio, se una caramella omeopatica è stata preparata bene o meno, perché 1 grammo di zucchero resta 1 grammo di zucchero, a prescindere dai nomi esotici affibbiati dagli omeopati e così da qualche mese nel paese anglosassone la regolamentazione dell'omeopatia è in grande fermento perché in effetti regolamentare un rito magico è piuttosto imbarazzante, anche dal punto di vista strettamente commerciale. Potrebbero succedere cose come quella accaduta nel 2007 durante l'audizione della commissione della scienza e tecnologia del parlamento inglese, davvero esilaranti.
Il componente della commissione Lord Broers chiede ad una rappresentante della società inglese di omeopatia:

"É possibile distinguere tra loro i farmaci omeopatici dopo la loro diluizione? C'è un modo qualsiasi di distinguerne uno da un altro?"

Risponde l'omeopata (domanda 538):

"Dall'etichetta".

E con questo, mi sembra, possiamo chiudere.
:)

Alla prossima.

Aggiornamento: Notizia dell'ultim'ora. Nonostante i "milioni di utilizzatori" di omeopatia in Italia, nonostante "un mercato in costante crescita", nonostante "1 italiano su tre utilizza omeopatia", gli omeopati piangono miseria. Il nuovo decreto sulla registrazione dei prodotti omeopatici prevederebbe una "tassa" di 1000 euro annuali (una miseria per un'azienda farmaceutica...) per ogni prodotto omeopatico registrato.
Gli omeopati non ci stanno: "Il fatturato delle aziende omeopatiche in Italia non supera i 180 mln.".
Insomma, se bisogna fare pubblicità ecco che tutti comprano omepatici, quando si tratta di pagare ecco che le industrie sono povere e senza soldi.
Ahh, omeopati...

Tanto per capire che i "milioni di utilizzatori" italiani sono solo uno slogan ai fini di marketing, basta leggere la segmentazione del mercato farmaceutico in Italia. Le vendite di omeopatici, oltre a rappresentare una fetta piccolissima del mercato farmaceutico, sono in forte calo, sono meno venduti dei prodotti per l'igiene personale e di bellezza. Neanche gli argomenti deboli danno ragione agli omeopati, mannaggia...anche se è piacevole sapere che ci sono più italiani puliti e profumati che omeofanatici.

MedDeliri: Ma vai a...te e l'igienismo

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Se vi facessi leggere certi messaggi che mi arrivano in posta elettronica restereste allibiti: tra improbabili guaritori con i poteri più incredibili a strani personaggi che cercano di insultarmi ma sono talmente ignoranti che anche capire l'insulto diventa difficile, non scherzo, il campionario dei seguaci dell'alternativo è davvero singolare. Si va dalla persona chiaramente disturbata al professionista, come l'ultimo, un giovaneavvocato con tanto di sito internazionale, curriculum importante, foto in giacca e cravatta che prima mi scrive con tanto di cordialità e formalismi chiedendomi un parere su una cura alternativa ed alla mia risposta che si tratta di sciocchezze vere e proprie ha una sorta di crisi isterica riempiendomi di "insulti" dei più banali, come quello che sarei "pagato da Big Pharma", che dico bugie e che "sono pagato per il mio lavoro" (beh, in effetti...) e che se poche persone governano su milioni è colpa di gente come me (omioddio...) con tanto di riferimenti a Berlusconi ed Emilio Fede (mancava solo l'accusa di essere un rettiliano), da lasciarmi senza parole e questa è (sarebbe) una persona colta, titolata e, presumo, con un certo quoziente intellettivo, ma assolutamente deprimente.

Nei messaggi che ricevo però, molte volte ci sono riferimenti a malattie gravi e vere e proprie ciarlatanerie e quindi per rispetto e per evitare pubblicità a questi tristi personaggi spesso evito del tutto di parlarne.
Pochi giorni fa però sono capitato sulla pagina di un "naturopata igienista", no, non è un addetto alle pulizie dei bagni con metodi naturali, è una persona senza alcun titolo né esperienza che tiene conferenze alle quali vanno tante persone che abboccano come sardine alle sue sparate. Lo seguo da tempo perché prima o poi parlerò di lui e se finora non l'ho fatto è per non regalargli un palco che lui cerca disperatamente, ma quello che ho letto merita di essere riportato.

In poche parole questa persona consiglia di mangiare solo frutta, semi e verdure, meglio crude e con i suoi consigli si arriverebbe non solo a stare meglio ma anche a guarire da malattie gravi, naturalmente si tratta di scemenze di una persona in cerca di gonzi.
Ha un sito internet ed è abbastanza noto nell'ambiente, è autoreferenziale, scrive "tesine" che diffonde dal suo sito e divulga la pratica dell'igienismo, un delirio misto tra vegetarianesimo e veganesimo e corbellerie, ma io il suo nome qui non lo scrivo, chi segue questi argomenti avrà capito di chi parlo.
Il "naturopata" improvvisato riceve tante lettere, alcune chiaramente false, quasi sempre strane e deliranti, ma quella che ho trovato ultimamente le supera tutte. Il povero uomo che si è affidato alle mani del naturopata seguendone i consigli ha tentato per mesi di sistemare la situazione in famiglia: un padre forte fumatore e bevitore che preferisce le abbondanti grigliate di carne alle verdurine, una madre che va matta per le uova e caffè a tutto spiano. Altro che fufu e durian, "gustosi" alimenti vegani proposti dal guru de noiantri, a casa del povero signore tutti si strafogano, soprattutto dopo un passeggero e funereo periodo di "igienismo".
La conclusione della storia è amara e triste, il povero figlio, ancora a casa dei genitori nonostante l'età, si arrende e si sfoga con il suo profeta. In fondo questo è il ritratto della persona tipo che cade vittima di questi "esperti" incompetenti.
Fantastica poi la figura del padre, 74enne che fuma come un turco e che mi ricorda il padre del personaggio di Verdone nel film "Un sacco bello".

Ecco il testo integrale della lettera (che è stata pubblicata sul sito del "naturopata"), ci sono momenti che sembrano la sceneggiatura di un film. Il nome del guru è oscurato, non merita nemmeno di essere nominato:

===

"Ciao V**** [il naturopata, ndr.]. E' finita. L'esperimento in famiglia è definitivamente tramontato. Mia madre è tornata
all'antico. Nel frigo ricompaiono i cimiteri, i formaggi, le uova (verso cui essa prova una sorta di venerazione). Mio padre non ha mai smesso d'altra parte di consumare forme intere di parmigiano.
Per premio compensativo, un mese fa, gli è venuto l'Herpes Zoster, prontamente decapitato con medicine prescritte e scrupolosamente assunte.

TRENTA SIGARETTE, MEZZO LITRO, GAZZOSE, E CENTRIFUGA SOSTITUITA DA UNA MACCHINA PER IL CAFFE’-ESPRESSO

A 74 anni, mio padre fuma sportivamente 30 Austin al giorno, roba da fare invidia a un giovane irrequieto. Beve mezzo litro al giorno tra pranzo e cena, per non parlare delle bibite gassate di cui, in vecchiaia, pare essersi innamorato. Cosa credi che la centrifuga da me comprata in aprile, giri a ritmo continuo? E' li abbandonata, perfino da me, dopo essere stata scalzata dalla macchina espresso da bar, che spara a tutte le ore caffè e cappucci odorosissimi, da favola per chi ne è drogato.
PER REAZIONE, ORA MANGIO ANCHE I FRUTTI MENO ENTUSIASMANTI

In questo gioco demoralizzante, io sono preso in pieno. Ma, più cibi animali compaiono a tavola
e più li schivo, con una determinazione fino a poco tempo fa sconosciuta, quando qualche defaillance me la permettevo. Ora non mi frega più se la frutta estiva non mi entusiasma. Imparo a mangiare persino le detestate pesche, e scopro una fantastica uva pugliese dagli enormi acini carnosi e saporitissimi.

PRENDERO’ I FICHI A CASSETTE

Persino le odiate prugne mangio, e con avidità. In attesa ovviamente che arrivi l'autunno, con la sua frutta fantastica, dai fichi che già mi estasiarono lo scorso anno. Appena caleranno un po' di prezzo, li prenderò non a etti ma a cassette.
PIU’ CADAVERI MAGNANO E PIU’ AGGRESSIVI DIVENTANO

Tornando ai miei, l'Herpes di mio padre mi preoccupa: e se avesse una recidiva? E' possibile? Con mia madre è ormai scontro continuo. Da quando ha ricominciato a ingoiare cibi animali è diventata
ancor più aggressiva di sempre. Sto meditando, a oltre 40 anni, di uscire di casa, di un buco in affitto, ma lontano da lei.

DUE ANNI DI INSEGNAMENTI LETTERALMENTE BUTTATI VIA

La frutta a casa è confinata di nuovo in un piccolo vassoio di plastica, tre susine e una mela rinsecchita, se non porto io ogni tanto qualche rifornimento di freschezza, restano lì malinconiche a languire per giorni. Dopo tutte le cose lette di V**** V****** [il naturopata, ndr], in 2 anni esatti, non posso non essere pessimista. Questo ritorno trionfale dei miei genitori, dei loro tetrapack gonfi, dei gelati a chili, delle lattine di birra, e delle ciambelle materne allo zucchero e alle uova, un giorno sì e l'altro pure, non rappresenta affatto per me una iniezione di serenità.
MI HANNO MANDATO A QUEL PAESE

Non ti chiedo di rispondere, ma solo di constatare il mio totale fallimento contro le brutte abitudini dei genitori. Mio padre, quando gli dico che lo Zoster non si cura con cicche e parmigiano, mi invita a pensare alla mia obesità. Mia madre, quando le dico che vegetarismo non è soltanto un piatto di zucchine cotte, mi apostrofa con “Ma vai a farinculo te e l'igienismo”. Certo certo, io ci vado a farinculo, ma ride bene chi ride ultimo.


STO DIGIUNANDO LA SERA

Io faccio a modo mio. La strada del verde, una volta intrapresa, difficilmente si lascia. Non potrei mai immaginarmi un V**** [il naturopata, ndr] che si mette a magiare kebab, a bere Sprite o Gatorade. Anzi, ho ricominciato con i digiuni serali, dopo aver imparato da te, che non solo non fanno male, ma danno riposo agli organi.

QUALCHE CHILO DEVE ANDARSENE PER FORZA

Tu comprenderai bene la mia situazione particolare di grande obeso, da sempre in lotta con i chili.
Molte cose che leggo nelle tue tesine devo per forza adattarle al mio stato. Dove tu consigli la crema d'avena per i vegani giù di peso, io al contrario non la posso prendere. Ma di roba da mangiare ce n'è in natura anche per i grassoni.
DALLE NOSTRE PARTI FIORISCE IL VEGANISMO AFRO-ASIATICO

Per finire, visto che tu ad ogni tesina inserisci quasi ogni volta nuove piante e nuovi frutti, che io regolarmente ti invidio perché non si trovano qui, mi accontento di fare le mie piccole scoperte. La costa abruzzese pullula di extracomunitari. Ha la più alta percentuale italiana di prostitute, di nigeriani e di extracomunitari per 1000 abitanti. Va da sé che è tutto un fiorire di negozietti etnici, dove un amante dei cibi esotici come me, si perde, e dove ogni volta che può, va a lasciare i canonici 50 sacchi per riportare a casa delizie dal mondo arabo-mediorientale, cinese-vietnamita
e dell’Africa nera.

NON DEMONIZZIAMO I PRODOTTI CINESI, CON STRAORDINARI CAVOLI E GUSTOSI FUNGHI SECCHI

E' un paradiso anche per i vegani. Non demonizziamo i prodotti cinesi. Se si fa un po’ di attenzione (io ormai compro cineserie da 10 anni), si trovano anche cibi puliti, perfettamente conservati e soprattutto vegani, come ad esempio il buonissimo cavolo cinese, che oltretutto costa una fesseria. Ma anche i funghi secchi, una busta da un kilo per 1 euro e 50, magari un po' coriacei, ma saporitissimi.

CI SONO PERSINO I SEMI DI BAOBAB

Ma le novità più importanti, etniche e vegane, vengono da un negozio ampio e generoso di Martinsicuro, gestito da padre e figlio pakistani. Vende ovviamente roba indiana e pakistana (che è lo stesso), ma anche un’ottima scelta di cibi africani. Vi ho trovato cibi davvero strani, come i semi di baobab, con cui nel Senegal preparano con semplice acqua una bevanda freschissima e vegana
dal vago aroma di limone.

I KAKI SECCHI E IL MITICO DURIAN

I kaki secchi mi piacciono da matti. Non posso dimenticare che, nell'ottobre di due anni fa, una cura di kaki risolse la mia psoriasi in modo definitivo. Ma io sogno sempre i frutti del Sud-Est Asiatico, primo fra tutti il durian!

FUFU, GARI E MANIOCA

Dai cinesi trovo infine il fufu, ed anche il fantastico gari, variante gustosa ricavata dalla macinazione
della manioca e del plantain, cotta in un sugo di pomodori freschi cotto per pochissimi minuti, molto lungo ed acquoso. Una sorta di polenta, molto più gustosa e salutare dell'insulso e inflazionatissimo mais. Inoltre basta davvero due minuti di cottura, a fuoco medio e si ottiene un cibo naturale esaltante e perfettamente vegano. Ahimè, queste cose le posso cucinare solo
quando mia madre non c'è. Raramente, quindi.
C***** da Ascoli Piceno.

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Credo sia un manifesto di vita vera. Un tentativo mal riuscito di trasformare due poveri anziani, che si godono la vita, in automi alternativi ed un po' fricchettoni per seguire le sciocchezze apprese in rete da un incompetente autonominatosi "esperto". Immaginare la scena di questa famiglia è uno spettacolo, esilarante, ma anche un bel po' triste e credo che tutto si possa racchiudere nella mitica frase della mitica mamma di chi ha scritto la lettera, che è quella che direi a tutti i guaritori, ciarlatani ed alternativi di questo mondo:
A' naturopata, ma vai a...te e l'igienismo!

Alla prossima.

1871

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La percezione dei progressi scientifici e tecnologici non è sempre immediata. Pensate alla differenza tra un quarantenne ed un bambino che oggi ha 10 anni. Per queste due persone che vivono nella medesima epoca storica il "cellulare" o il "computer" sono due oggetti che assumono un significato assolutamente diverso. Il progresso è stato talmente veloce che le nostre generazioni, per la prima volta, si scontrano con un fenomeno nuovo e sconosciuto. Sono i giovani che trasmettono le loro conoscenze agli anziani.
L'uso del computer, oggi diffusissimo, è alla portata dei più giovani ma distante dalle conoscenze dei meno giovani. Il cellulare è un oggetto "moderno" per i cinquantenni e "ordinario" per i dodicenni. Non è incredibile?
Questo succede anche in campo medico.
Non vedere bambini poliomielitici è la norma per un ventenne di oggi mentre era la norma il contrario per chi oggi ha cinquant'anni. Stesso fenomeno per le cure: morire di polmonite oggi è una rarità e suscita scalpore, per i nostri nonni era assolutamente normale. Questo perchè i progressi medico-scientifici hanno fatto dei passi enormi e talmente veloci che da una generazione all'altra hanno cambiato letteralmente la vita di tutti noi rendendo certi aspetti della vita quotidiana quasi fantasiosi, come se fossero inventati (basti leggere gli argomenti di chi è contro i vaccini).
Ma davvero i nostri nonni morivano per un'infezione?
Era una realtà morire di parto così frequentemente? Sapevamo davvero così poco e così pochi anni fa?
Ebbene sì.
Leggere come erano curati i nostri avi può servire non solo a comprendere come siamo fortunati ad essere nati in quest'epoca ma anche a demolire due luoghi comuni difficili da estirpare. Il primo vuole che i nostri nonni fossero "saggi" e risolvessero i problemi di salute in maniera semplice ed efficace. La realtà è ben diversa. Siamo noi a risolvere i problemi in questo modo e proprio perchè disponiamo dei mezzi per farlo. I nostri antenati non avevano alcun mezzo realmente utile a curare le malattie e dovevano arrangiarsi con quello che offriva la scienza di quell'epoca: poco o niente, era questa la loro "saggezza". Bufale come l'"autoguarigione", dette oggi fanno pensare a qualcosa di reale, dette ai nostri avi era l'unica possibilità perché se non guarivi da solo morivi.

Il secondo luogo comune è quello che dipinge le industrie farmaceutiche come dispensatrici di morte. Sono aziende ed hanno lo scopo di guadagnare ma senza di loro che producono i farmaci anche noi non avremmo che pochissime possibilità di guarire o sopravvivere. L'interesse dell'industria farmaceutica quindi dovrebbe combaciare esattamente con quello che abbiamo noi di avere medicine sempre moderne, a disposizione ed  portata di tutti. Non è sempre (né dovunque) così ma oggi la "pillola" è davvero una possibilità per la maggioranza della popolazione (ricca) del mondo, dove le industrie non esistono (e non guadagnano), non producono né investono e quindi esiste anche difficoltà di accesso alle cure e questo è un problema dei giorni nostri, non dei nostri "saggi antenati".
Per chi non ci credesse proviamo a leggere un libro medico, (Vincenzo Balocchi: Ostetricia, 1871) un testo di ostetricia utilizzato nelle università italiane, forse il più utilizzato in quegli anni: il ginecologo di nostra nonna probabilmente si era preparato su questo e quando aveva un caso difficoltoso si avvaleva di alcuni strumenti che andremo a vedere. Avevo già parlato di come si gestissero la gravidanza ed il parto negli scorsi secoli ma sapere anche come si curavano le malattie è ancora più didattico. Giusto per misurare con dei numeri, l'Italia è uno dei paesi al mondo con minore mortalità materna ed infantile in gravidanza e parto. Nel 2009 in Italia sono morti meno di 3 bambini su 1000 in gravidanza o durante il parto quando in Nigeria (statisticamente tra le peggiori) ne morivano quasi 46 su 1000 e la mortalità materna segue questo trend: nel 2009 in Italia sono morte 6 donne, in Nigeria 1100. Ecco cosa vuol dire progresso, scienza e medicina, per nostra fortuna. Alcuni passi del libro possono essere impressionanti o difficili da sopportare, cercherò di limitarli al minimo indispensabile.


Le cause dell'aborto

Oggi si sa che le cause di aborto (la perdita del prodotto del concepimento, può avvenire in varie epoche di gravidanza ma soprattutto nelle fasi iniziali) sono svariate, la più frequente comunque rimane l'anomalia dell'embrione, una patologia cromosomica o genetica ad esempio o una malattia ereditaria. Altre cause possono essere le malattie materne o le infezioni.
Ed all'inizio del 1900? Alcune "intuizioni" oggi possono sembrare incredibili, ma l'epoca non permetteva di avvalersi degli strumenti diagnostici e terapeutici di oggi, leggere quello che leggevano i medici dei nostri avi può aprire gli occhi a chi crede ciecamente che la medicina "non si è evoluta".

Nel libro tra le cause di aborto una classe è definita "predisponente", molto frequente, sembra che senza di una di queste cause l'aborto non sarebbe potuto avvenire. Tra le cause si dice che basta che le donne:
...siano colpite da un odore penetrante, che alzino un braccio e spesso anche che scendano il letto...
Probabilmente però si intuiva che la causa del problema poteva risiedere anche in qualcosa di "insito" nell'embrione ma si reputava plausibile che "l'uovo" (così veniva definito l'embrione) fosse "debole" perchè:
...derivante dal seme di un padre infermiccio o che soffre o ha sofferto di sifilide...
Molto curiosi sono i rimedi per "curare" l'aborto (naturalmente si può curare la minaccia di aborto, non l'aborto avvenuto ma in quegli anni non esisteva l'ecografia e molti "aborti" erano in realtà solo minacce) e nel libro sono elencati una serie di rimedi particolarmente interessanti (corsivi miei):
Per la donna debole:
Riposo (rimedio validissimo anche oggi!)
Amari
Preparazioni ferruginose (per prevenire l'anemia?)
Moto all'aria libera
Se la donna è robusta o addirittura obesa è bene ricorrere al salasso dal braccio (prelievo di sangue), rinfrescanti, alimentazione poco succulenta, bevande acquose.

Quando la donna ha già sofferto numerosi aborti è bene raccomandare il riposo e praticare salasso (prelievo di sangue) mediante sanguisughe poste sull'inguine.
In caso di donne irritabili o isteriche è bene utilizzare il laudano (un liquore) o il "siroppo di papavero" utilizzato con successo dal prof. Bigeschi.
Questi non sono trattamenti "artigianali" da uomo primitivo ma le cure degli ospedali della nostra Italia del periodo a cavallo tra 1800 e 1900.

La gravidanza extrauterina

In alcuni casi, dopo la fecondazione, l'embrione non si impianta come dovrebbe all'interno della cavità uterina ma in un altro punto. Molto frequente il caso di impianto su una delle tube ma sono conosciuti rari casi di impianto sulle ovaie, sull'intestino e persino in organi lontani dall'utero. Si chiama "gravidanza extrauterina" e le cause di questa "anormalità" non sono ancora del tutto chiare. In passato questa patologia rappresentava un grave problema che si concludeva quasi sempre con la morte della donna (le donne che leggono e che hanno avuto una gravidanza extrauterina riflettano su questo dato semplice ed oggi poco conosciuto), oggi si assiste quasi sempre alla risoluzione totale. Se sono state ipotizzate cause infettive, immunitarie ed anatomiche per l'origine della gravidanza extrauterina, in passato si brancolava letteralmente nel buio. Vediamo così che nel testo si dibatte sulle cause della gravidanza extrauterina, le ipotesi sono incredibili:

esse sieno più comuni nelle donne non maritate [...] e risulterebbe che questo accidente fosse più facile a verificarsi in quelle donne che nel tempo del coito furono soggette a paura o terrore. In queste dunque parrebbe che la cagione di esse dovesse considerarsi essere la provata emozione.
Curioso vero? Per i nostri medici di un tempo, la causa della gravidanza extrauterina era la paura provata durante il concepimento.
Poi si ipotizzano anche le cause infettive o infiammatorie (definite tipiche delle prostitute).

L'infezione puerperale
Oggi quasi scomparsa, rappresentava una delle cause più importanti di morte nel 1800 e fino agli anni della II guerra mondiale. Gli antibiotici non esistevano ancora e quando una persona subiva un'infezione doveva sperare (e tanto) sulla buona stella, in realtà era una vera e propria strage di neomamme. Una donna che ha partorito (si chiama puerpera) è ancora più a rischio di infezione e se oggi la medicina contrasta le infezioni già prima (con la sterilità della strumentazione) che dopo (con l'eventuale terapia antibiotica) in quegli anni la curava con gli scarsi e per noi sorprendenti mezzi a disposizione.
Erano diverse le "scuole di pensiero" nella cura delle infezioni puerperali. Alcuni procedevano con infusi di piante come l'aconito o la digitale, altri con la "terapia mercuriale" (vapori di mercurio di altissima tossicità che procuravano uno stordimento generale), i salassi erano sconsigliati e si puntava tutto su sostanze (ammoniaca, cloro, arseniato di chinina) che in pratica non avevano alcun effetto (positivo, ne avevano invece di tossici) ed infine sull'accompagnare la donna ad una morte "serena". La rassegnazione, pur non ammessa, era l'unica vera medicina dell'epoca. Straziante ma interessante leggere come era descritta una donna con infezione puerperale:
La malata può lamentarsi di dolor di capo ma l'intelligenza è chiara [...] la faccia è pallida con occhi infossati colle palpebre inferiori livide, come sono lividi gli angoli della bocca [...]. V'he spesso una gran sete ma a bevanda è rigettata appena presa.

I segni che indicano il cadere delle forze vitali formano il secondo stadio. Le estremità diventano fredde, l'aspetto della malata è più livido, il polso [il battito cardiaco, normalmente attorno ai 70 battiti al minuto] a 160, piccolo e debole [appena percepibile]. Succedono vomiti senza sforzo uscendo spesso come un rivo verde dalla bocca. L'intelletto rimane lucido fino alla fine ed il sollievo che la paziente prova in confronto alle passate sofferenze [...] spesso eccita la fede nel suo risorgimento quando è già alle prese con la morte. Una traspirazione vischiosa e fetente si mostra alla superficie, la respirazione diventa gradatamente meno affrettata e la morte chiude la scena.
Impressionante. Eppure questa era la fine di tante donne di fine 1800 inizio '900.
Nel libro si fa riferimento al "veleno che produce la febbre" perchè non erano chiari nemmeno i meccanismi che scatenavano un'infezione, figuriamoci la cura. L'autore del testo consiglia di far odorare alla malata dei sali di canfora perchè ha notato che la donna accenna dei sorrisi quando li odora e quindi deduce possa valicare la soglia della vita con un animo più sereno.
Sembra storia primitiva vero?

L'eclampsia

E' una patologia particolarmente grave tipica (ed esclusiva) della gravidanza. Non approfondisco ma il sintomo principale di questo problema è l'ipertensione (cioè la pressione arteriosa elevata). Oggi, esclusi alcuni casi particolarmente gravi o non trattati, si ha quasi sempre un esito favorevole della patologia grazie ai farmaci a diposizione che permettono di salvare la donna gravida ed il bambino che ha in grembo, in ogni caso, anche oggi, la malattia resta insidiosissima. Leggiamo come risolvevano (cercavano di risolvere) questo importante problema i medici di un secolo e mezzo fa.

La terapia si basava quasi tutta sul cloroformio (come sedativo) ed i salassi (il prelievo di sangue).
Ma come curavamo l'ipertensione nel 1871?
E' presto detto:
...si eseguirà un abbondante salasso [...] si agirà in seguito sugli intestini con purganti di olio di ricino e [...] si potrà mettere la donna sotto l'influenza del tartaro emetico [una sostanza che provoca nausea]. Saranno utili bagni tiepidi prolungati, le punture sulle zone edematose e le moschettature [dei tagli eseguiti sulle parti del corpo rigonfie per la ritenzione idrica].
Il salasso (che ai tempi era una cura praticamente per qualsiasi malattia e derivava dal concetto arcaico di "disintossicazione" e di "estrazione del male dal corpo") veniva eseguito con delle piccole lame o con le sanguisughe poste sulla nuca (per 3-4 ore) o sul torace. Si estraeva poco più di mezzo litro di sangue e fino ad un litro nei paesi anglosassoni.
Ancora più sorprendenti le pagine dedicate alla "mania puerperale". Nei casi gravi di eclampsia si assiste anche a convulsioni e disturbi visivi e neurologici. Non conoscendo la fisiologia, per i nostri avi questi casi erano da relegare a "follia".
"Più tipica delle classi agiate, era caratterizzata da attacchi isterici" (che oggi sappiamo trattarsi di convulsioni molto gravi), insonnia, cefalea (che oggi sappiamo dovuta all'ipertensione).
La paziente può essere allegra o melancolica, cantante e parlante, senza riposo oppure ostinatamente taciturna o sospettosa di tutti, immaginando ingiurie ed offese da parte del marito e degli amici. Canta spesso a piena gola canzoni o stornelli che niuno le aveva mai udito cantare. Spesso usa un linguaggio osceno. Quelle che furono caste divengono provocatricci [sic], la pelle è scolorata, pallida la faccia, il ventre molle.
Oggi sappiamo che queste povere donne non erano "folli" ma si trovavano in piena crisi eclamptica, una delle complicanze più temibili della gravidanza che se non prontamente trattata può condurre persino a morte.
Una cosa che mi ha colpito in maniera particolare è che quando si presentava un caso difficile che rischiava di far morire una donna, l'autore ricorda spessissimo di aver consultato un noto professore di una città vicina o un luminare di un altro ospedale della zona. Visti i collegamenti dell'epoca (sia stradali che nelle comunicazioni, certo non esisteva internet) si capisce nel testo che questi "aiuti" esterni arrivavano dopo ore ed ore dalla chiamata iniziale tanto da poter continuare a svolgere qualsiasi altra attività e permettere persino dei "bagni rilassanti ripetuti" per dare sollievo alla donna che probabilmente era in fin di vita.
I luminari accorsi su chiamata poi, effettuavano quasi sempre manovre inventate da essi stessi, improvvisate, provate al momento, erano considerati quasi degli dei e potevano permettersi di tutto. In questi casi il fallimento era quasi scontato (e nel libro si parla di tentativo infruttuoso o andato male) e questo era il risultato della inesistenza della medicina scientifica: era quasi tutto improvvisato.
Incredibile la spiegazione di una delle cause di morte in puerperio (cioè dopo il parto). Oggi, evento rarissimo, un decesso ha sempre cause spiegabili e non per forza legate alla gravidanza, a quei tempi tra le ipotesi vi era "l'esaurimento delle forze per causa nervosa", in pratica si credeva possibile una morte per "stanchezza eccessiva da parto" (ma probabilmente si trattava di complicanze del parto oggi conosciute).
Tralascio i capitoli relativi alle emorragie (si attendeva la morte della donna senza in pratica fare nulla se non tentativi inutili di risoluzione, non esistevano neanche le trasfusioni di sangue) o al taglio cesareo (l'anestesia era effettuata con il cloroformio ed il taglio con un "coltello panciuto ed affilato", sterilizzato per ebollizione in acqua).
Chiudo con una nota più leggera, volete sapere come avreste preparato il letto di un neonato nel 1871?
Il suo letto deve essere grande e profondo [...] il fondo di esso sarà di foglie di granturco o di foglie di zoster marino: la lana o il crino devono essere proscritti, come sostanze che si impregnano di orina ed esalano un cattivo odore.
Insomma un viaggio che può sembrare assurdo e da incubo quando in realtà era vita quotidiana dei nostri non lontani antenati. Pensiamoci quando leggiamo di medicina "ancora non progredita" o di "saggezza della medicina di un tempo".

Alla prossima.

Il bivio

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Michael (Mike) Baker era uno stimatissimo giornalista inglese con un curriculum di tutto rispetto. Scriveva per il Guardian e collaborava con altre testate e con la BBC (la rete televisiva nazionale inglese). Per due volte vincitore del premio per il migliore giornalista educativo della sua nazione, Mike sfortunatamente un giorno, ad aprile 2011, si ammala di cancro, di uno dei peggiori, quello al polmone.
Decise coraggiosamente di mettere in rete la sua storia, i progressi, le scelte e le considerazioni e così molti lettori hanno avuto la possibilità di leggere cosa succedeva giorno per giorno. Mike era una persona intelligente, colta ed energica ed anche quando tra le righe dei suoi articoli si percepiva la paura e lo scoraggiamento per la malattia, non smetteva mai di ironizzare sulle sue condizioni e di raccontare i suoi hobby.
Il tumore non è di quelli che lasciano molte speranze ma il giornalista inizia le cure che gli propongono i suoi medici, con fiducia e dedizione. I successivi controlli vanno bene, il tumore risponde alla terapia, è un'ottima notizia, le sue dimensioni diminuiscono e così anche i disturbi, Mike sta bene e non può lamentarsi delle sue condizioni generali.
Finiti i primi cicli di chemioterapia l'appuntamento è per i prossimi controlli, l'estate passa bene e così anche l'autunno, Mike è in forma.

Passa qualche mese, la TAC fatta alla fine del 2011 portava brutte notizie, il tumore sembra tornato alla carica. Le sue dimensioni sono ancora minori di quelle iniziali, lo stato di salute generale è buono, non ci sono sintomi particolari ma il medico gli comunica che la sua malattia ricomincia a progredire.
Come scrive Mike nel suo blog, a questo punto il medico gli propone una nuova chemioterapia con due farmaci diversi dai primi, ce la può fare, anche se molto grave il tipo di tumore sembra rispondere bene alle cure e sperare in un miglioramento o almeno in una sopravvivenza più prolungata è una speranza reale. Mike ha un ripensamento, riflette e si trova davanti ad un bivio, lo scrive egli stesso:
So I now have two treatment options: either chemotherapy with a different drug, Docetaxel or a tablet called Erlotinib (trade name Tarceva). Actually there is a third option: to shun the conventional medical approach and keep going with my many complementary methods and with diet and exercise.

"(trad.) Così ora ho due possibilità di cura: ancora chemioterapia con un farmaco diverso, il Docetaxtel o una compressa che si chiama Erlotinib (nome commerciale Tarceva). In realtà c'è una terza opzione: rifiutare la terapia convenzionale ed iniziare con i miei tanti metodi alternativi e con dieta ed esercizio."
Il medico lascia Mike libero di scegliere, senza forzature né discorsi paternalistici e Mike decide: nessuna chemioterapia, dice "da quello che ho letto non ha molta efficacia e presenta tantissimi effetti collaterali, tanta stanchezza e soprattutto non mi piace il fatto che colpisca anche le cellule sane, rendendoti incapace di resistere alla malattia".
Mike si dice disposto a considerare la possibilità di ricorrere alla compressa di Docetaxtel ed ha firmato il consenso per una terapia sperimentale, se dovesse notare che la sua scelta non portasse i risultati sperati potrà sempre cambiare di nuovo direzione.
La decisione del giornalista deriva soprattutto dalla lettura di un libro "Cancer Concerns" che lo ha colpito. Secondo l'autore del testo i medici tendono a "rimuovere il cancro" quando invece questo è un processo nel quale la malattia è solo l'ultimo passo. Per tanti anni, processi biochimici e psicologici predispongono al cancro che poi si manifesta, così è semplice guarirlo risolvendo questi problemi e facendoli regredire. La cura del tumore è basata su una dieta che "affama" il cancro, aggiungendo enzimi, vitamine e vegetali. Si tratta dell'ennesimo libro spazzatura che mescola medicina (poca) e filosofia (troppa) illudendo chi è colpito da una grave malattia di poterla sconfiggere con mezzi inadeguati, non provati ed inutili.

La decisione è presa però ed è irrevocabile.

Mike aggiorna i suoi lettori tramite il blog e tra alti e bassi racconta anche delle sue attività più leggere, come dei suoi momenti di scoraggiamento. I sintomi si fanno più gravi, compare la stanchezza, la tosse, la difficoltà a compiere sforzi ma non demorde, la sua determinazione è fondamentale.
"Ho più tempo libero" dice Mike e così si abbandona a letture sul tema che sta "invadendo" la sua vita. Tra gli altri lo colpisce un libro di un'infermiera, Marion Dias, "Come fare sparire il cancro?" tanto da volerlo recensire nel suo sito.
La Dias si dice "autoguarita" per mezzo di "autoipnosi, energia e programmazione linguistica". La donna scrive nel libro che la parola "cancro" è negativa, bisogna così riprogrammarla e pronunciarla al contrario, "orcnac", così da "invertirne" gli effetti. Allucinante.
Ancora una volta, affidarsi a fonti non scientifiche, distoglie una persona dalle possibilità reali di cura.
Tra gli altri concetti, nel libro, se ne trovano alcuni che abbiamo conosciuto in questi anni di ciarlataneria: i conflitti di tutta la vita si pagherebbero con la malattia, dieta strettissima senza zuccheri, farine e carne, abbondanza di frutta e verdura. Solo così si può guadagnare l'autoguarigione e Mike ci crede.

Il libro che ha convinto Mike a seguire la "cura" alternativa. "Come fare sparire un cancro in un mese senza cure mediche".

A gennaio 2012, subito dopo la notizia del medico, Mike ha già iniziato la sua "cura".
Vegetali in quantità accompagnati da origano ed aglio, divieto per zuccheri, carne, pasta, pane, riso e farinacei. Dieta quasi totalmente crudista, enzimi pancreatici in quantità, succhi di frutta ed altro.

In fondo, dice, sta anche bene, non ha grossi sintomi e forse la tosse è anche un po' migliorata.
Dopo un anno dalla diagnosi e 4 mesi dall'inizio della "cura" alternativa Mike è orgoglioso: condizioni buone, sintomi scarsi, tanto da permettersi lunghe passeggiate e persino allenamenti in bicicletta (che fanno parte della "cura"), ora aggiunge anche l'omeopatia.
Resta la tosse, forse migliorata ma sempre presente ed il peso, ancora non è riuscito a recuperare quello originale. Invia i suoi esami in giro per il mondo chiedendo ad altri centri alternativi di inviargli novità su eventuali altre cure e consigli. Pensandoci bene anche la forza fisica e la resistenza sono sotto tono e così qualsiasi cosa possa aiutarlo è benvenuta, anche se la cura continua, Mike, dice, ha troppe cose da fare per lasciarsi andare così.
Purtroppo il morale di Mike crolla nelle settimane successive. I sintomi peggiorano e così sono necessari alcuni ricoveri per risolverli, Mike non è certo contento ma la sua fiducia nella cura alternativa è totale: lo scrivono quelle persone nei libri e se vuoi puoi autoguarirti, Mike lo vuole.

Ad inizio settembre 2012 il giornalista è a casa sua, aiutato da una volontaria del servizio malati terminali della sua contea. Non riesce più a scendere al piano di sotto, definisce le scale che lo separano dall'ingresso di casa "un Everest insormontabile", ha bisogno dell'ossigeno, della sedia a rotelle e della morfina. Accetta tutto ma per quanto possibile chiede ai suoi famigliari di non negargli l'alimentazione che stava seguendo. Purtroppo in pochi giorni gli è impossibile proseguirla, compare la difficoltà ad alimentarsi e persino a bere.

Il 22 settembre Mike muore.

Questa storia è molto simile a quella di Steve Jobs che ha cercato nelle cure alternative una guarigione impossibile.
Per noi Mike non era un personaggio noto ma un essere umano con un problema di salute, per gli inglesi era un importante e conosciuto reporter che aveva scelto di condividere con tutti le sue emozioni. Non possiamo sapere con sicurezza se seguendo le cure proposte dall'ospedale Mike fosse vissuto di più, se si sarebbe potuto godere famiglia, amici e vita ancora per qualche mese o per anni, nessuno può dirlo anche se con molta probabilità le cure gli avrebbero assicurato una sopravvivenza maggiore, ma per l'ennesima volta si veda come le promesse di quei libri, dei ciarlatani e dei guaritori sono illusioni inutili, soprattutto quando distolgono i malati dalle cure provate. Quando la medicina non può guarire una persona lo dice e si può tentare, fare qualcosa, godere degli affetti per un tempo prolungato ma chi racconta di guarigioni miracolose, veloci, indolori, sicure, sta semplicemente barando.
La malattia di Mike ne è una prova crudele, morire a 4 mesi dall'inizio della nuova "cura" è esattamente quello che succede se non si fa nulla. Cosa ci ha guadagnato se non illusione ed imbroglio?
Cura alternativa=Assenza di trattamento, è quello che capita sempre.

Non dite mai nemmeno "che male vuoi che faccia", fa tanto male morire senza aver tentato il possibile, dico sempre che lasciare se stessi o i propri cari nelle mani dei ciarlatani è il peggiore insulto alla dignità ed all'umanità di chi vogliamo bene, se esiste una possibilità questa è nelle cure provate, nella medicina, solo in questo modo possiamo donare a chi ci sta vicino, l'ultimo regalo: la speranza, e questa non risiede certo in una dieta, un bicarbonato o una pozione miracolosa.

Alla prossima.

Nodding disease: una tragedia nella tragedia.

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Se c'è una cosa che allarma le organizzazioni sanitarie è una malattia sconosciuta. Esistono diverse "malattie emergenti", alcune conosciute da tempo ma che ultimamente stanno colpendo più individui, altre praticamente sconosciute tanto da sembrare inventate.
Si chiama Nodding disease (più o meno "malattia dell'annuire" da uno dei sintomi del disturbo) e sta mietendo centinaia di vittime in una regione del mondo che di problemi ne ha già abbastanza.
La malattia è stata descritta per la prima volta negli anni '60 ma i casi, rarissimi, ne facevano una di quelle patologie che non valeva la pena studiare o curare. Qualcosa però è cambiato proprio in questi ultimi anni, in particolare dal 2010. In alcune regioni dell'Uganda, del Sudan meridionale e della Tanzania, sempre più bambini sono colpiti dalla misteriosa malattia.
Il mistero consiste prima di tutto nelle cause, ancora sconosciute e che non sembrano chiarirsi nemmeno dopo i primi studi coordinati dall'organizzazione mondiale della sanità e dal CDC (ente sanitario statunitense). I sintomi della malattia sono impressionanti. I bambini (la classe più interessata dalla malattia è quella dai 5 ai 15 anni) colpiti subiscono gravi danni cerebrali che rendono i tessuti del cervello atrofici causando un progressivo ritardo mentale che diventa regressione, lo stato fisico del bambino decade velocemente, compare ipersalivazione, mutismo, anoressia (per incapacità ad alimentarsi). In pochi mesi il bambino torna ad avere le capacità intellettive di un essere di pochi anni. Contemporaneamente si susseguono crisi epilettiche sempre più gravi che alla fine della malattia impediscono addirittura l'alimentazione e l'idratazione. Molte morti sono causate proprio da queste crisi, per le cadute ed i traumi che i piccoli si provocano. Le crisi epilettiche iniziano dopo poche settimane dalla comparsa dei primi sintomi, il più evidente dei quali è una sorta di "tic", uno spasmo, un movimento del capo verso il basso (come per "annuire", in inglese "nodding", da qui il nome della malattia) che si fa sempre più frequente.
Le condizioni del bambino scadono velocemente e così la sua capacità di autosufficienza, ragionamento ed indipendenza ed in regioni povere come quelle sub-sahariane si tratta di un dramma nel dramma con famiglie incapaci a provvedere ai bisogni dei piccoli che a volte sono pure abbandonati al loro destino.
Non sono conosciuti casi di guarigione dalla malattia né attualmente si conoscono cure o almeno farmaci che possano migliorare i sintomi (tranne gli antiepilettici).


Per quanto riguarda la causa della malattia sono state fatte alcune ipotesi e solo con le ricerche, iniziate di recente, si stanno raccogliendo alcuni indizi interessanti.
Uno studio del CDC effettuato nel Sudan del sud ad esempio ha notato che nella maggioranza (il 76%) dei piccoli affetti dalla malattia della regione di Maridi, erano positivi all'infezione di Onchocerca volvulus, un parassita noto in molte regioni africane (ed in America meridionale) perchè provoca una malattia chiamata oncocercosi, volgarmente detta "cecità dei fiumi". Il parassita arriva ad introdursi (è come un piccolo verme, si chiama filaria) nelle camere oculari causando vari sintomi fino alla perdita della vista. Detto questo sembrerebbe evidente la genesi parassitaria della malattia se non fosse che i bambini di un'altra regione che ha partecipato allo studio (Witto), erano positivi in misura minore (58%) alla presenza del parassita così come altri soggetti analizzati in altri stati africani. Inoltre finora non sono noti casi di parassitosi che arrivasse fino al tessuto cerebrale (causando i danni che sono visibili agli esami diagnostici, come la risonanza magnetica).
Alcuni studiosi hanno ipotizzato allora che il parassita potesse scatenare una sorta di reazione esagerata dell'organismo con conseguente "attacco" da parte degli anticorpi dell'individuo del tessuto cerebrale che così risulterebbe danneggiato (è detto meccanismo "autoimmune"). L'ipotesi parassitaria è plausibile e credibile (esistono anche altri parassiti, persino la "nota" Tenia, che possono causare crisi epilettiche) ma non può chiudere il caso, visto che in altri studi i soggetti analizzati erano negativi alla presenza del parassita.
Si sono susseguite altre ipotesi. Per esempio quella ambientale: in quelle zone sono frequenti le guerre e l'uso di gas chimici e sostanze tossiche, oppure quella legata all'alimentazione visto che esistono regioni nelle quali è diffuso il consumo di carne di scimmia, in una zona dello stato dell'Uganda è stata trovata una correlazione con il consumo di particolari radici tipiche di quel territorio. Un'analisi dei gruppi nei quali era più frequente la malattia ha notato che i bambini affetti dal problema presentavano un numero significativo di casi di epilessia in famiglia e questo apre a nuove ipotesi e possibilità. Un'ultima ricerca puntava a correlazioni con carenze alimentari (di vitamine, in particolare) che però sono state smentite. Un vero e proprio puzzle quindi. L'unico dato certo è terrificante: i bambini colpiti dalla malattia hanno una crescita irrimediabilmente e definitivamente annullata.

Mentre in Tanzania il governo ha iniziato una campagna tesa ad eliminare il parassita dell'oncocercosi dal paese, i bambini continuano a morire, si parla di oltre 1000 casi nell'ultimo anno e solo in Uganda di 3000 morti dal 2009.
La malattia è davvero impressionante ed ha un tale impatto visivo che qualcuno la chiama "la malattia degli zombie".
Un sintomo curioso e strano è legato alla comparsa delle crisi di "nodding" (come detto, il gesto di annuire con il capo): gli episodi sono molto più frequenti quando i bambini sentono freddo e quando gli si mostra loro del cibo. Finchè non smettono di mangiare continuano ad avere le crisi. Se però smettono di sentire freddo o è mostrato loro un alimento non "normale" (in quei paesi), come una barra di cioccolato o una caramella colorata, che quindi i bambini non riconoscerebbero come alimenti, non appare alcun segno di "nodding".
Qualcuno ha sospettato che la malattia possa apparire più frequente per la maggiore sorveglianza delle strutture sanitarie locali e straniere (più si cerca la malattia, più casi si troveranno) ma sembra che questa ipotesi possa essere scartata, uno dei responsabili dell'agenzia locale dell'OMS riferisce che si è notato come alcuni bambini provenienti da zone esenti dalla malattia, la sviluppassero quando in contatto con le popolazioni che invece ne erano più colpite, quasi come una forma di contagio, si tratta comunque ancora di osservazioni non statistiche.Come si vede, un vero rompicapo, misterioso e difficile da ricostruire.

I responsabili delle organizzazioni umanitarie per ora non possono che limitarsi alla distribuzione di farmaci antiepilettici per rendere meno probabili i danni da caduta o trauma causati dalle crisi dei piccoli malati.

Speriamo che le indagini dell'OMS e delle varie associazioni (anche di volontariato) che si occupano del fenomeno, arrivino ad una soluzione.

Alla prossima.

Alcuni approfondimenti:
Science blog
OMS

Grazie a FDM per la segnalazione. 

Guida al mestiere di ciarlatano

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Vi racconto un mio ricordo di gioventù che mi ha fatto riflettere.
Ogni anno, da ragazzo, partecipavo alla festa (famosissima) della patrona della mia città (prima di trasferirmi altrove). Era un'occasione unica per sentire profumi e sapori che andavano sparendo, per ricordare la mia infanzia e poi la confusione, i colori, la gente, un buon modo di passare qualche serata. Puntualmente, ogni anno, tra una bancarella di dolci ed una di giocattoli, c'era quella del "gioco a premi". Era lì, ufficialmente, non nascosta o in un angolo, era ogni anno nello stesso posto e sotto gli occhi di tutti, forze dell'ordine comprese.

Chi stava dietro la bancarella parlava con un microfono e faceva rumore, tanto che davanti a lui si raccoglieva sempre un bel capannello di curiosi. Ogni anno mi fermavo anche io ed un paio di anni fa ritrovai la stessa bancarella con la stessa persona, allo stesso posto. Mi fermai anche questa volta. Da tempo ero incuriosito da quel "gioco" che attirava tanta gente, volevo capire di cosa si trattasse, esercitava un fascino strano, quasi irresistibile. Davanti all'uomo un enorme quantitativo di oggetti: radio, televisori, oggetti per la casa, orologi, persino computer portatili e telefonini in abbondanza, ognuno contrassegnato da un numero.
L'uomo agitava ritmicamente ed in maniera ipnotica una scatola di legno facendo un rumore insopportabile. Anche l'ultima volta che vidi il "banditore" all'opera, il gioco era sempre lo stesso.
Dalla scatola uscivano delle palline numerate, una sorta di "bingo", una tombola ambulante. La pallina che usciva dalla scatola andava direttamente in mano a chi aveva pagato la partecipazione al gioco: 5 euro una pallina, 10 euro tre.
In pratica alcune palline erano "vincenti" (perchè il numero riportato corrispondeva ad un premio tra gli oggetti esposti), altre "perdenti" (perchè contrassegnate da un numero che non corrispondeva a nessun oggetto tra quelli in palio).
Il vincitore poteva scegliere: prendere l'oggetto vinto o ricevere il corrispettivo valore in denaro.

Così anche quella volta, come sempre accadeva, il primo giocatore perse i soldi, il secondo anche, il terzo no. Ho visto con i miei occhi che la sua pallina corrispondeva al numero che segnava un telefonino.
Il "banditore" chiedeva quindi cosa preferisse ricevere: il premio o i soldi?
Il vincente scelse i soldi.
Così il banditore mise le mani in tasca e cominciò a contare: 10, 20, 30, 50,...,250. Duecentocinquantaeuro!! Urlava ad alta voce. L'uomo si allontanava sorridendo perdendosi tra la folla, tra gli sguardi un po' stupiti degli "spettatori".
La vittoria sembrava una possibilità reale, i premi esposti corrispondevano a tantissimi numeri (le palline andavano da 1 a 99), almeno 70. Il gioco invogliava, vincere facilmente un PC o un telefonino era molto invitante.

Ma mentre guardavo e riflettevo, la scatoletta con le palline era di nuovo in moto con un fracasso incredibile.
Un altro perdente, un altro ancora, poi un altro ed ecco un vincitore: "vuole il computer o i soldi?" "I soldi!" rispose il fortunato.
Ed il banditore, di nuovo contando i soldi ad alta voce, posava le banconote una ad una sul palmo della mano del vincitore: seicento euro!

Il successivo perse ed anche gli altri tre che lo seguirono.
Pensavo: ma se il banditore guadagna 30 euro e poi ne perde centinaia, che senso ha?
Non è qui a fare beneficienza e nemmeno ha voglia di regalare soldi a degli sconosciuti. Qualcosa non quadra.

Aspettai ancora un po' perchè dovevo capire il "meccanismo" del gioco.
Altri due perdenti e puntuale un vincitore, altre banconote ad alta voce e si ricomincia.
Questa volta però provai a seguire con lo sguardo il vincitore del denaro che si allontanò mescolandosi alla folla enorme presente alla festa.
Dopo una decina di metri l'uomo tornò indietro, si avvicinò alla bancarella del gioco e diede i soldi "vinti", che ancora teneva in mano, ad un altro personaggio che andò dietro la struttura in legno e li mise nel cassetto.
Insomma, un giro un po' largo che altro non era se non il solito gioco del "compare". In pratica i vincitori erano complici dell'imbonitore ed i perdenti poveri sprovveduti che cascavano in un imbroglio (pure fatto bene, devo ammettere).
Mi restava da capire come facesse il banditore a fare vincere i complici e fare perdere i "normali" clienti.
Un trucco banalissimo che scoprìi fissando attentamente la scatoletta dalla quale uscivano le palline numerate. Era fornita di due "porte" scorrevoli (come due "ghigliottine") che chiudevano una delle pareti della scatola (le palline uscivano da un foro rotondo fatto in questa parete), se si desiderava fare uscire una pallina vincente il banditore le sollevata tutte e due, se la pallina doveva essere perdente era solo la prima porta ad essere sollevata. Sollevando le due porte uscivano anche le palline più grandi (che erano quelle vincenti), sollevando solo la prima porta (che aveva un buco più stretto) uscivano solo palline perdenti, che erano più piccole rispetto alle altre.
In pratica un normale cliente poteva soltanto perdere (le palline grandi, vincenti, non sarebbero mai potute uscire dal buco piccolo), un complice poteva vincere (ed aveva molte possibilità di farlo) perchè a lui le palline vincenti arrivavano senza problemi. Detto ancora più semplicemente si perdeva regolarmente e si vinceva solo quando voleva il truffatore (apriva lo sportellino con il buco più grande, solo da lì uscivano palline vincenti).

Così l'imbonitore faceva perdere qualche cliente ingenuo ma poi, per invogliare gli altri a giocare, faceva vincere il complice dandogli denaro contante (e sonante, visto il volume della voce con il quale contava le banconote) per rendere il gioco "irresistibile".
Anche la scelta dei soldi al posto del premio non era casuale: da un lato i soldi sono facilmente "trasportabili" dall'altro colpiscono molto di più rispetto ad un oggetto, sono più gratificanti.

Il compare girava l'angolo e restituiva il "premio" (anche se sicuramente qualche "percentuale" della giornata restava a lui).
Il gioco si svolgeva sotto gli occhi di tutti ed io mi guardavo attorno sicuro che qualcun altro si accorgesse della fregatura. Invece sembravano tutti ipnotizzati, esaltati dalla possibilità di vincere, drogati dalla voglia di vincita facile: "se fosse un imbroglio lo arresterebbero", "se fosse tutto falso si capirebbe", "...eppure sembra una persona perbene".
Qualcuno tentava 4-5 volte e dopo aver perso tutto si arrabbiava con la sfortuna, dando un pugno all'aria per l'invidia verso chi giocò dopo di lui che aveva intascato l'equivalente in denaro di un orologio di marca, credeva di essere stato sfortunato, non truffato. In certi posti un "gioco" equivalente si fa con tre campanelle (noto come "gioco delle tre carte", qui un servizio televisivo) delle quali solo una nasconde una pallina di carta, anche in questo caso il compare vince, la vittima perde, puntualmente.

Perché tutto questo racconto? Perché si tratta di qualcosa che l'uomo conosce dalla notte dei secoli.

Questo è il lavoro di imbonitore.
Il ciarlatano ha il solo scopo di attirare clienti perchè vive con i loro soldi guadagnati approfittando della loro ingenuità. Nel campo della salute c'è un altro sentimento che rende le persone più vulnerabili: la disperazione. Ho conosciuto persone che hanno venduto la casa per comprare prodotti consigliati da ciarlatani che si vendono come "scientificamente dimostrati".

E' il secondo mestiere più antico del mondo (il primo sapete qual è, quello di panettiere).
Il venditore di pozioni (negli USA lo chiamano "venditore di olio di serpente"), della pillola miracolosa che guarisce tutto, subito e con poca spesa, esiste dalla notte dei tempi. La merce venduta era sempre la stessa, con piccole varianti. Una pillola o un liquido dalle proprietà innumerevoli, secondo i tempi: cura i dolori, la calvizie, i tumori, migliora la vista e l'udito. Fondamentale la presenza del "compare".

Il rumore delle palline dentro la scatola di legno e la voce alta, hanno lo stesso scopo dei video su You Tube o delle testimonianze strappalacrime dei cosiddetti "guariti". Sono un canto irresistibile per chi cerca speranza o per chi pensa di non averne più.
Il ciarlatano è in cerca di queste persone.

La figura del "complice" accanto al ciarlatano è come quella della "spalla" accanto al comico, senza di lui non funzionerebbe, è l'uomo comune, spunta in mezzo agli spettatori, ha una malattia grave, vuole "provare", paga e puntualmente guarisce, contro ogni aspettativa.

Il pubblico lo guarda incredulo, possibile che quel pover'uomo malaticcio, bevendo la pozione pagata pochi spiccioli, risolverà il suo problema?
Certo che lo risolve. Subito e senza disturbi e soprattutto sotto gli occhi di tutti.
Così, tanto non c'è niente da perdere, il pubblico entusiasta e speranzoso si lancia ad acquistare la pozione del ciarlatano e subito, prima che finisca.

I trucchi dei ciarlatani sono sempre gli stessi e li avevo già discussi, si evolvono con i tempi ma restano immutati nei loro scopi principali: stupire, illudere, vendere. Come si fa a diventare un bravo ciarlatano?


Stupire

Il ciarlatano ha un solo scopo: stupire chi lo ascolta. Non importa il mezzo o l'etica, vendere il suo prodotto è lo scopo della sua vita, non sa fare altro ed è il suo unico sostegno economico. La sua filosofia è "se esistono i creduloni, eccomi a loro", così a lui non interessa convincere i dubbiosi o attirare gli scettici, gli interessa colpire chi lo cerca, chi ha bisogno di aiuto, chi cerca una speranza.
Per stupire servono i colpi di scena, i trucchi da baraccone, le fiamme ed il fumo e se bisogna colpire chi cerca aiuto in campo medico hai a disposizione il trucco più eclatante: la guarigione, il "miracolo". Nel gioco dell'imbonitore il vincitore agiva sotto gli occhi di tutti, era "veramente" un vincitore, i soldi erano veri e pagati immediatamente. Agli occhi della gente non c'era nulla di falso ed era tutto così evidentemente reale che resistere è praticamente impossibile.

Così il ciarlatano dirà che "sono centinaia le testimonianze di guarigione" ed il centinaio, gradualmente, diventerà migliaio ed anche più così che chi non ci crede o avesse qualche dubbio si senta escluso e per gli ultimi scettici il colpo di scena finale: la testimonianza personale, "sono guarito grazie alla cura del professore", chi vuoi che resista ancora?

Illudere

Il ciarlatano non ha etica, vive alle spalle degli altri, più è disperato il potenziale cliente più sarà certa la sua cattura. Il modo migliore per illudere la gente è naturalmente offrire certezze. Un ciarlatano che definisse le sue "pozioni" efficaci come le medicine in vendita o "spesso efficaci" non risulterebbe convincente. L'imbonitore delle volare alto, deve parlare di "guarigioni quasi certe", di risultati maggiori rispetto a qualsiasi altra possibilità, di "cura scientificamente provata", mai confondere il proprio nome con quello dei ciarlatani (ma per farsi conoscere è d'obbligo "frequentare" altri ciarlatani), aprendo varchi nella naturale diffidenza di chiunque. Il ciarlatano non sarà mai un "povero" ma vestirà bene, si darà arie da grande scienziato. Una volta metteva il cilindro e portava un orologio di finto oro bene in vista, oggi dice di essere acclamato in tutti i congressi, di ricevere approvazioni e premi per la sua stupenda invenzione, di essere in odore di Nobel.
Chi, in un attimo di lucidità, chiedesse come mai quella "pozione" non si usa negli ospedali la risposta è sempre la stessa: c'è chi complotta, il genio incompreso è conosciuto da tutti e medici ed ospedali sanno di cosa è capace ma per non perdere il lavoro non lo introducono nelle corsie. Chi ascolta non pensa nemmeno per un attimo al fatto che qualsiasi medico e qualsiasi ospedale disponesse di una cura efficacissima e pronta, farebbe a gara pur di poter dire che chi è curato da loro guarisce sempre e nessun posto di lavoro andrebbe perso (anzi, ne servirebbero di più!) perchè negli ospedali ci sarebbe la fila per accaparrarsi la cura "infallibile". Non si riflette nemmeno sul fatto che se un medico in ospedale applicasse una cura piuttosto che un'altra, per lui non cambierebbe nulla, né professionalmente né economicamente, l'importante è che questa cura sia efficace.

La scusa del complotto è perfetta ed il ciarlatano non si affanna a cercare prove o documenti che ne attestino l'esistenza, è una scusa affascinante e questo basta. Per chi obiettasse con statistiche o con i risultati della medicina cercate di demolire tutto, parlate di corruzione, denaro, veleni, dovete spaventare chi vi ascolta, terrorizzarlo, "gli altri" sono cattivi, voi i buoni, formate due schieramenti, il vostro è quello "onesto e pulito".

Tutto questo ha un solo scopo: vendere il prodotto, a tutti i costi.

Vendere

Il ciarlatano ufficialmente propone il suo prodotto per altruismo, perchè non vuole più vedere la gente soffrire, perchè lui, anche se non ne avrebbe bisogno, è animato da spirito umanitario e voglia di fare del bene. In realtà anche questa è una bugia, l'ennesima. Il ciarlatano vende in cambio di soldi sonanti il suo intruglio, non ha altre possibilità, è quasi una mania. Qualcuno fra loro è mosso da mitomania o voglia di rivalsa nei confronti di un'istituzione o un personaggio, ma le "cure miracolose" non le regala nessuno. Lui sa che la gente vuole sentirsi dire certe cose e pagherebbe per ascoltarle e lui l'accontenta, chi non ha speranza ed ascolta storie di speranza non può che pagare il biglietto per lo spettacolo, è una messa a pagamento, un rito privato di guarigione. E' molto importante non fare affermazioni come "curo nel 100% dei casi", potrebbero rovinare gli affari. Bisogna mantenersi in un limite credibile. Mai sotto il 70% (che potrebbe apparire poco "miracoloso") ma mai sopra il 90% (che apparirebbe troppo esagerato ed incredibile). La cifra di guarigione ideale è l'80% anche perchè consente la classica via di fuga: chi non è guarito farà parte dello "sfortunato" 20%.

L'importante è non sottolineare l'aspetto economico, per chi ascolta, la pozione costa poco, è alla portata di tutti e soprattutto costa molto meno di quello che si trova sugli scaffali delle farmacie. La realtà è ben diversa, il ciarlatano per applicare la sua cura avrà bisogno di farmaci specifici, di interventi adatti, di "equipes" specializzate ed i costi, pubblicizzati come "accettabili", diventano proibitivi. Prova della fame di denaro del ciarlatano è che afferma che la sua cura è "pronta" ed a disposizione di tutti ma solo lui o chi fa parte del suo gruppo sa come applicarla e gli ingredienti sono disponibili sono in determinati posti. Chi ascolta non si fa sfiorare nemmeno per un attimo dall'idea che se la cura è quella e funziona, perchè non potrebbe prescriverla chiunque? Perché quel prodotto bisogna comprarlo necessariamente in un determinato posto?

Il problema principale comunque è che non funziona, ma questo è secondario per l'imbonitore, quando la gente l'avrà capito, lui sarà già fuori paese, in cammino per il prossimo al quale mungere un po' di quattrini ed il suo cliente sarà già morto.

Come si fa il mestiere di ciarlatano?

Pensate un'idea, una plausibile e comprensibile. Qualcosa che si trova dovunque: un'erba, un farmaco, una sostanza che usiamo tutti i giorni. Dire che è stato scoperto per caso, la "formula" della pozione poi, è bene sia stata tramandata dal nonno o da antiche conoscenze fa sempre effetto. L'alternativa è darvi arie da grande scienziato: lunghissimi studi, laboratori sofisticati (che non esistono, l'ideale sarebbe farvi fotografare davanti ad un microscopio, anche giocattolo), libri, anni di lavoro ed alla fine dall'alambicco è uscita fuori la "formula" che dev'essere complessa e difficile da smontare, una sorta di cerimonia: un grammo del prodotto A unito a due compresse di B con mezza fiala di C, mescolati a D, da prendere la sera, dopo i pasti e senza bere troppa acqua. Questo è un buon esempio di "pozione" moderna. L'alternativa è "banalizzare" tutto: se il potenziale cliente è la "gente comune", potrebbe essere più efficace vendere una sciocchezza: zucchero, una pietra "magica", massaggi o amuleti.

Affermare con assoluta sicurezza che la vostra "ricetta" cura tante malattie (soprattutto le più diffuse) ma puntare tutto sul cancro, è quella che fa più effetto e che garantisce maggiori introiti ed un numero di clienti disposti a tutto pur di credere a qualcosa. Sottolineare che la vostra cura potrebbero prescriverla tutti (è talmente semplice!) ma solo voi conoscete la formula esatta ed i dosaggi giusti, per questo, alla fine, meglio rivolgersi a voi.
Voi non volete soldi, basta un rimborso spese, un'offerta o una piccola somma per ripagare la benzina. Voi lo fate per aiutare gli altri, mi raccomando.
Raccogliete una serie di credenziali fasulle ma credibili: raccontate di mille congressi in giro per il mondo durante i quali vi hanno salutato con una "standing ovation" o un premio prestigioso, è meglio se questo succede all'estero, non nel vostro paese (dove sarebbe facile controllare). Utile pubblicare un libro, non importa l'editore (può essere anche stampato da voi) ma fa molto "professionista". Questo aumenterà la vostra fama di "perseguitato": tutto il mondo ce l'ha con voi, tutti sanno ma nessuno ammette, se fra le righe raccontate di strane minacce o addirittura di attentati va bene, aiuterà nella faccenda.

Cercate di raccogliere testimonianze di guarigione e diffondetele. All'inizio servirà compiere qualche "trucchetto": fotomontaggi, storie inventate, dimenticanze provvidenziali, complici pagati, poi con il tempo arriverà sempre qualcuno che, curato in ospedale, sarà stato talmente plagiato dalle vostre parole, da essere davvero convinto di essere stato guarito dalla vostra pozione, fatelo girare, attirate le attenzioni su di lui, nessuno oserà contraddirlo. Puntate tutto sulla rete, i video fanno un figurone, i siti con le "storie risolte" anche, sguinzagliate un gruppo di fedelissimi che parleranno di voi come di un sant'uomo pronto a fare del bene e chiuso nel suo laboratorio dove effettua importanti esperimenti (non dite a nessuno che il microscopio ritratto assieme a voi è stato comprato alla Coop!). Appena un vostro fedele incontra qualcuno in preda alla disperazione deve agguantarlo subito! Dovete diventare un "guru": tutti ce l'hanno con voi ma voi siete lì per salvare il mondo.

Attaccate chiunque metta in guardia la gente sulle vostre intenzioni. Usate gli argomenti soliti: la medicina non cura nessuno, la chemioterapia non funziona, i medici sono corrotti, è tutto un "magna magna", spostate l'attenzione da voi e portatela tutta su un altro argomento, voi non dovete essere discutibili o la vostra reputazione crollerebbe, distruggete il nemico invece di esaltare voi.

Bene.
Siete più o meno sulla buona strada.
C'è però un piccolo particolare da ricordare. La professione di ciarlatano, in Italia, è un reato.
Art.121 capo V del TULPS: E’ vietato il mestiere di ciarlatano.
Art.231 del R.D. 6-5-1940 n. 635: Sotto la denominazione di “mestiere di ciarlatano”, ai fini dell'applicazione dell'art. 121, ultimo comma, della Legge, si comprende ogni attività diretta a speculare sull'altrui credulità, o a sfruttare od alimentare l'altrui pregiudizio, come gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi, o millantano o affettano in pubblico grande valentìa nella propria arte o professione, o magnificano ricette o specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose.
...e per un medico, prescrivere "cure" non scientifiche o "segrete", è proibito dal codice deontologico, si rischia la radiazione dall'albo, non può farlo.
Sta a voi quindi intraprendere questo mestiere o impararne uno più onesto, soprattutto che non debba approfittarsi delle debolezze del prossimo e che vi faccia dormire sonni tranquilli, oltretutto passare una vita come uno sciacallo non è proprio edificante e ricordate, in galera circolano pochi soldi, non sarebbe un ambiente adatto per un tipo così venale.

Alla prossima.

MedNotizie: barba, capelli e...fave

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Ecco una rassegna di notizie ed aggiornamenti, alcuni davvero imperdibili.

Omeopatia, crisi e pubblicità.


Anche in Scozia, paese che da sempre ha accettato l'omeopatia tra i ranghi della sua "salute pubblica" (tanto da rimborsarne i costi con il servizio sanitario nazionale) comincia a riflettere sull'opportunità di continuare a pagare una superstizione ormai sorpassata con soldi pubblici. Dubbi sull'utilizzo di questa pratica arrivano ormai da tutte le parti, come dall'associazione dei medici, da quelle politiche e dalle commissioni parlamentari inglesi e solo uno su sette PCT (Primary Cure Trust, più o meno come i nostri distretti sanitari) rimborsano rimedi omeopatici, un crollo incredibile (nel 2008 un terzo di essi rimborsava gli acquisti di omeopatia). Nel Regno Unito si sta arrivando inesorabilmente all'abbandono del rimborso dell'omeopatia. Si è arrivati al punto da mettere in moto una consultazione pubblica sull'opportunità di continuare a finanziare le spese omeopatiche (compreso un ospedale omeopatico esistente da anni) con fondi pubblici, soprattutto alla luce di un periodo di crisi economica globale. Margaret Watt dell'associazione scozzese dei pazienti sostiene che la possibilità di scegliere anche l'omeopatia è un diritto dell'uomo ed in fondo è comprensibile. Se una persona è correttamente informata di ciò che è l'omeopatia, se sa di acquistare caramelle zuccherose, è liberissima di spendere i suoi soldi come preferisce. Anche in Italia.
In fondo lo stato non permette l'acquisto di alcol, tabacco e giochi d'azzardo? Perché proibire le innocue caramelline degli omeopati (basta che non sia la collettività a pagare le superstizioni personali)? L'importante è informare bene, correttamente e senza operazioni di marketing. Avviso contrario di Keir Liddle, rappresentante della Edimburgh Skeptics (associazione che promuove il pensiero critico e la scienza): "Non è etico per il servizio sanitario nazionale prescrivere qualcosa che si sa essere un placebo [...] non si possono sprecare soldi trattando i pazienti con cose che non funzionano".
Sapremo cosa decideranno gli scozzesi nelle prossime settimane. Proteste ed allarme anche in Australia dopo gli annunci di diversi omepati sull'uso delle caramelle zuccherine per curare qualsiasi cosa (cancro e violenza domestica (!) e shock anafilattico inclusi), il presidente dell'AMA (Australian medical association) chiarisce che l'omeopatia è non testata e non provata, "implausibile biologicamente ed è pericoloso affermare che funzioni".

E da noi?
Da noi la Boiron (la più nota multinazionale farmaceutica di omeopatici) agisce direttamente sui consumatori ed organizza incontri festosi con esibizione di artisti e pareti colorati indirizzate alle mamme che partecipano a giochi e quiz. Così, tanti blog per mamme premurose, raccontano la giornata di festa passata in azienda, con tanto di logo pubblicitario e link che rimandano alle pagine della multinazionale. Pubblicità? Nooo, solo un simpatico e giocoso "servizio informativo" (immaginate se la Bayer organizzasse allegre gite per famigliole felici...). Alla faccia della pubblicità occulta (art.128 comma 2 DLGS 219/2006: "E' vietata qualsiasi forma di pubblicità al pubblico dei medicinali omeopatici di cui all'articolo 20, comma 1"). Il garante del commercio lo sa? Ora sì.

Fidanzati e somatizzazione

Ricordate la dottoressa Mereu? Quella che cura svariate malattie con il "rito della medaglietta" (ovvero introducendo una medaglietta con l'immagine della madonna in vagina)? Quella che dice che la medicina è tutta corrotta e sbagliata ma si guadagna il pane lavorando in guardia medica? Che utilizza "lo strumentino" (un vibratore tascabile) per curare i dolori o le coliche? Ha scoperto un suo problema, una sorta di "autodiagnosi", la colpa di tanti suoi malanni sono i fidanzati, quattro messaggi a raffica sulla sua pagina Facebook fanno intuire l'origine dei suoi disturbi:

Beh, ognuno è libero di credere a quello che vuole ma la dottoressa non si è mai chiesta perchè tutti i suoi fidanzati scappassero via? E mi chiedo: ma dove li trovava questi, la bizzarra dottoressa? E' vero che la propria vita è il risultato delle proprie esperienze, ma fortunatamente tante donne un ragazzo come si deve lo trovano ed in quel caso di sicuro, si può fare a meno del "rito della medaglietta".

Curarsi con la fava, un rimedio naturale per svariate patologie
C'è anche una parte di un suo libro che merita di essere letta. Sembra una freddura, di quelle che si leggono ogni tanto in certi libri umoristici, invece sono parole della dottoressa Mereu, iscritta all'ordine dei medici di Cagliari:
GLI INCIDENTI COME LA MALATTIA: "Mi ricordo di un signore che mi raccontava di avere una relazione amorosa molto penosa con una donna con cui si vedeva molto poco, e di questo ne soffriva, ma non riusciva a chiudere la relazione. Ebbe un incidente uscendo da uno stop, con il ciclomotore "ciao"". (Da "La trappola dell'Eros" - G. Mereu - 2005 pag. 164)
Capito? L'uomo non sapeva come chiudere la relazione ed è morto con un "ciao". Roba da non crederci.
E' un vero peccato che non esista un modello di ciclomotore che si chiami "arrivederci", lo comprerebbero tutti.
Anche questa è da non perdere: racconta la dott.ssa Mereu sulla sua pagina di "fans":
Ho visto ieri una signora con una eruzione vescicolosa all'anulare ed al mignolo del piede sinistro e fra le due dita aveva una spaccatura. Le ho chiesto se aveva un dispiacere causato da un bambino o da una persona infantile.
Stava assistendo sua madre sofferente di Alzeimer [sic] che e' una patologia che porta ad una regressione con comportamento infantile.
La premonizione "azzeccata" della dott.ssa Mereu
Cioè, lei ha chiesto se ci fosse un problema con bambini, no, il problema è con una madre anziana, però ha l'Alzheimer (la dott.ssa non conosce nemmeno i nomi delle malattie) e quindi ha indovinato lo stesso. Mi ricorda quei cartomanti da programma TV, quelli che ricevono telefonate in diretta, sapete quando dicono "hai un problema con tuo marito!" e la donna al telefono: "ma io non sono sposata...", "certo, allora è con tuo fratello", "...ma non ho fratelli", la cartomante si arrampica: "quindi è colpa di un amico...", "non ho amici..." e la cartomante: "amica mia, ma esci e fatti una vita però...!". Peccato che da qualche settimana la pagina sia scomparsa (sembra per problemi legali), era un esempio di quanto sia ingenua la gente e di come questo sia sfruttato da persone senza scrupoli.

L'aqua miracolosa

Non è una notizia recente ma vale la pena raccontarla.
Decine di persone sono state denunciate dai NAS perchè vendevano acqua proveniente dai santuari religiosi più noti (Lourdes, Fatima ed altri) per curare le malattie, cancro compreso. A capo dell'organizzazione una biologa che tramite siti internet e passaparola attirava clienti allo scopo di piazzare le sue boccette inutili.
Per lei tutte le malattie erano dovute ai "peccati" commessi e solo la protezione dell'acqua "santa" poteva guarirle.
Noi aggiungiamo che anche altri disastri, come epidemie sono causate dai peccati di tutti gli uomini.
Dio permette le guerra o le epidemie per il nostro bene. Si tratta di capire il significato di questi SEGNI.
Perché allora non utilizzare di più queste ACQUE MIRACOLOSE PER AIUTARE A GUARIRE I MALATI?
Già, perchè non usare l'acqua per guarire le malattie?
Soprattutto quando esistono decine di creduloni o disperati che pur di tentare qualsiasi cosa cadono in questo tipo di trappole.
LE ACQUE MIRACOLOSE SONO DI PROTEZIONE E AIUTO PER GUARIRE ANCHE DALLA POLMONITE SARS, PREMETTENDO SEMPRE LA DECISIONE DI RITORNARE A DIO PER MEZZO DI GESU’ CRISTO, SUO FIGLIO E CON GUIDA DI MARIA VERGINE.
 Naturalmente non basta il riferimento religioso per vendere bene l'acqua fresca, un'aggiunta di tipiche "supercazzole" aumenta l'effetto "pseudoscientifico":
Tali Acque, studiate e catalogate a seconda della prevalenza energetica e frequenziale, vengono date in microinformazione dove è necessario, per ripristinare un corretto moto vibratorio grazie al fenomeno di risonanza che così si aziona. Non vengono usati apparecchi elettromagnetici a infrarossi, né tanto meno laser. Solo Acque naturali.
La guaritrice ascoltava dalla viva voce del malato la malattia da curare e dopo qualche frase di rito vendeva delle boccettine che contenevano piccole quantità di acque dichiarate come provenienti dai santuari sede di culto religioso. Il malato doveva passare l'acqua in varie parti del corpo ed una non meglio specificata "energia" lo avrebbe guarito in breve tempo.
Nel sito della biologa miracolosa tanto di prescrizioni e dosaggi per un "sicuro" risultato (per le tasche della santona, sicuramente):
Informare l’acqua del MATTINO con 9 gocce di 7f FT (sette frequenze Fatima), 9 gocce di 7f L (sette frequenze Lourdes), 9 gocce di 7f SMF (sette frequenze Santa Maria alla Fontana) e 4 gocce di PAO.

Informare l’acqua del POMERIGGIO con 9 gocce di 7f FT (sette frequenze Fatima), 9 gocce di 7 f MT (sette frequenze Montichiari), 9 gocce di 7f SMF (sette frequenze Santa Maria alla Fontana) e 4 gocce di PAO.

Informare l’acqua della SERA con 9 gocce di 7f FT (sette frequenze Fatima), 9 gocce di 7f MJ (sette frequenze Medjugorje), 9 gocce di 7 f SD (sette frequenze San Damiano) e 4 gocce di PAO.
La donna ha provato fino all'ultimo a negare che le sue "cure" fossero destinate ai malati ma è stata incastrata da un video di una nota trasmissione italiana che ha filmato le sue "diagnosi", le cure e le prescrizioni di acqua.
I clienti non mancavano, come si sa, dove ci sono gli ingenui pullulano i venditori di acqua fresca. Sequestrati locali adibiti ad ambulatori, quattromila flaconi di acqua ed attrezzature, la biologa miracolosa teneva corsi a pagamento nei quali "addestrava" altri santoni alla vendita di acqua ai malati.

Barba, capelli e...

La chirurgia plastica ed estetica è una branca della medicina serissima, utile e soprattutto che permette a persone con gravi problemi di risolverli o quanto meno di attenuarli.
Si è però assistito innegabilmente ad una progressiva "svendita" di questa importante specialità chirurgica. Da medicina per curare i gravi inestetismi congeniti o acquisiti, la chirurgia plastica si è diffusa come medicina "della bellezza". Nulla di strano o di probito, intendiamoci, ma come spesso accade, banalizzare una procedura medica la rende "stupida", semplice, ridicolizza un atto nato per aiutare chi ha bisogno di un aiuto per vivere meglio. Non è facile stabilire i limiti della ragionevolezza in chirurgia estetica: se è bellissimo far ritrovare la "normalità" ad un individuo affetto (ad esempio) da una malformazione o che ha avuto un grave incidente, potrebbe esserlo anche risolvere i problemi personali e psicologici di chi ha "solo" un naso asimmetrico o un seno poco sviluppato. Di certo per anni chi ricorreva alla chirurgia estetica per migliorare l'aspetto fisico senza che il problema fosse dovuto a gravi anomalie, è stato additato come persona "frivola", con scarsa autostima, quasi che il suo desiderio, più che un'esigenza, fosse un capriccio.
In realtà la chirurgia plastica è una specialità chirurgica serissima e complicata che richiede passione e capacità ed è stata protagonista negli anni di veri e propri miracoli, essendo riuscita a restituire a diversi individui la voglia di vivere e l'autostima.
Ma accanto a questi gesti fenomenali si assiste anche a qualche estremismo. Dagli interventi di chirurgia estetica sulle labbra e sul seno che spesso trasformano (in peggio) chi li richiede a quelli ancora più incredibili su altre parti del corpo.
Ma la nuova frontiera della chirurgia plastica è ancora più "spinta" (in tutti i sensi): se finora si limitava all'aspetto "esteriore", quindi visibile del corpo umano, da qualche anno sono proposti interventi ai genitali, parte del corpo che, in genere, è coperta e in ogni caso visibile solo a pochi (tranne per chi quelle parti le mostra nei film o per lavoro...). Si chiama chirurgia plastica ed estetica genitale e conta diversi specialisti del settore, alcune società mediche (tra le quali la società europea con presidenza italiana), cliniche private che svolgono questo tipo di interventi e cataloghi con immagini "prima e dopo" l'intervento. La chirurgia plastica genitale deriva pienamente dalla chirurgia ginecologica, nella quale da decenni, si effettuano interventi di correzione di problemi legati all'età ed anomalie dell'apparato genitale femminile, tanto che sono migliaia, solo in Italia, le donne che hanno subìto e continuano a subire interventi chirurgici di questo tipo che con "l'estetica" hanno poco o nulla a che fare e ciò avviene in qualsiasi reparto di chirurgia ginecologica. Con una svolta "moderna" (e molto probabilmente con scopi ben poco "medici") gli stessi identici interventi sono pubblicizzati come "ringiovanenti", come se migliorare l'aspetto e la funzionalità di un organo genitale facesse diventare più giovane chi lo subisce e si svolgono quasi sempre in cliniche private dai prezzi non proprio economici. In realtà gli interventi di miglioramento della funzionalità genitale femminile esistono da decenni e rappresentano addirittura una delle basi della chirurgia ginecologica.

Tutto questo potrà sembrare strano ma è nulla in confronto a quello che ho letto in una locandina di un serissimo congresso di sessuologia svoltosi in Italia nei mesi scorsi.

L'acconciatura del pelo. No, non quello dei capelli.
L'acconciatura vulvare. Già avete capito bene.
Care donne, da ora in poi, prima di andare ad un matrimonio o di passare una notte di passione con il vostro partner, una passata di spazzola e phon (i bigodini meglio no...) e sarete come nuove. Scatenate la fantasia, ricci, lisci, meches ed extension (si scrive così?) diventeranno il vostro pane quotidiano più di quanto già non lo siano.
Esiste il taglio punk, quello a spazzola e quello a zero. C'è anche chi preferisce le treccine rasta.
Ma la domanda nasce spontanea: si deve andare dal ginecologo o dal parrucchiere?
Ma soprattuto: da domani dovrò attrezzarmi di forbici, rasoio e tinture?
Mamma mia...
Qui tra medagliette e tagli innovativi tra un po' lo studio del ginecologo diventerà un centro estetico!

I vaccini causano qualsiasi cosa

Periodo burrascoso per le vaccinazioni e allora parliamone. Hanno fatto notizia le sentenze che avrebbero legato le vaccinazioni all'autismo, nonostante le evidenze scientifiche, annunciate con toni trionfalistici (com'è bello danzare sulle tragedie...) dai movimenti antivaccinisti. La realtà non è come quella raccontata (uno dei casi non aveva nulla a che vedere con l'autismo ma era una reazione allergica alla vaccinazione) ed in ogni caso non sarà certo una sentenza (fortunatamente) a cambiare la scienza, ma la disonestà intellettuale degli antivaccinisti ha aggiunto un'altro mattone al muro che li separa dalla realtà.

Se da noi le bufale antivacciniste sono ormai arrivate persino nei tribunali, all'estero questo succede da tempo. Ha fatto discutere il caso di Alan Yurko, statunitense accusato dell'omicidio del figlio di 10 mesi morto nel 1999 in seguito alle lesioni della cosiddetta "shaken baby syndrome" (SBS, "sindrome del bambino scosso"), una serie di danni fisici provocati dal violento scuotimento del corpo che arrivano ad essere anche letali: è un quadro abbastanza conosciuto, casi di genitori che, sottoponendo un bambino a strattorni e "sbattimenti" violenti per esempio per scatti d'ira o "rimproveri" discutibili, procurano gravi danni fisici. L'uomo, prima arrestato, ha tentato l'evasione ed è stato successivamente liberato per un'autopsia che lo scagionerebbe, il tutto seguito da un "movimento" che chiedeva il suo proscioglimento nel modo più vergognoso: la colpa della morte del figlio non sarebbe sua ma dei vaccini. I particolari della vicenda sono agghiaccianti (ho letto l'autopsia del bambino, le lesioni subite sono gravi e prolungate nel tempo, fino al suo decesso) ma ancora di più lo è la strumentalizzazione della vicenda da parte dei gruppi antivaccinisti. Per loro, Yurko sarebbe un eroe, un simbolo del loro movimento. L'ennesima dimostrazione dei danni da vaccino, esattamente come strumentalizzano altri casi, quello dell'autismo per primo.
In realtà è stata proprio l'autopsia che ha scagionato l'uomo ad essere incredibilmente superficiale e piena di errori (uno su tutti: il bimbo è descritto "di colore" quando è bianco). Ora Yurko è di nuovo in carcere per falsa testimonianza. Insomma, pur di portare acqua al proprio mulino, gli antivaccinisti non si fanno scrupoli, neanche da noi in Italia, il vaccino per loro è causa di tutti i mali, l'autismo primo tra tutti, ma anche altre malattie. Una delle ultime è il diabete (un altro risarcimentoè giustificato così, il diabete di un bambino sarebbe stato causato dal vaccino) ma c'è di peggio, come nel caso che vedremo che va oltre ogni immaginazione.


La vaccinazione avrebbe causato la sindrome di Down in una bambina riminese. Sapete cos'è la sindrome di Down? E' la presenza, nel corredo cromosomico di un individuo (quindi in tutte le sue cellule), di un cromosoma in più nella coppia n°21 (per questo è detta trisomia 21), a causa di un "errore" al momento delle prime divisioni della cellula che avrebbe dato luogo al futuro individuo.
Il vaccino avrebbe provocato la comparsa (perchè la sindrome è congenita, presente cioè dalla nascita) dal nulla di un cromosoma in tutte le cellule di quella bambina, in pratica una trasformazione vivente, un evento mostruoso mai osservato in natura. Nemmeno un film fanta-horror sarebbe arrivato a tanto.
Dice l'articolo:
"Alte concentrazioni di alluminio può portare la sindrome di Down perché incide sulle variazioni di conformazione del DNA necessarie per l’espressione genetica."

Un'idiozia del genere è insuperabile.

Io evito qualsiasi commento perchè continuando così la ragione sarà sostituita dalla follia pura, però provate a chiedervi perché si cerchi di affidare ai vaccini qualsiasi colpa, una risposta c'è.
Ma torniamo alla realtà con un piccolo aggiornamento, a proposito della vaccinazione antiinfluenzale (ricordate il virus H1N1?) della quale fu raccontato di tutto pur di terrorizzare l'opinione pubblica, uno studio recente (e molto accurato, su 53432 individui) ha escluso ogni correlazione tra vaccinazione in gravidanza e danni al feto, aborti, parti prematuri, malformazioni o ritardo di crescita fetale. Mentre c'è chi gioca sporco, la medicina progredisce.

Sclerosi multipla e CCSVI

La storia è iniziata qualche anno fa e ne ho parlato proprio in questo blog.
In breve, uno scienziato italiano, Paolo Zamboni, ipotizzava che la sclerosi multipla fosse causata da un'occlusione delle vene che arrivano alla testa e che la "disostruzione" di queste vene portasse a miglioramenti evidenti della malattia.
Il web, i giornali e la televisione, come spesso accade, si lanciarono a capofitto sulla notizia, parlando di "cura della sclerosi multipla", ma anche di complotto, di "big Pharma" (naturalmente...), di medici ed associazioni che "nascondevano" la scoperta per interessi personali. Storie già sentite.
Nonostante la poca plausibilità dell'ipotesi (e questo dimostra per l'ennesima volta come la scienza studi qualsiasi idea), furono realizzati i primi studi e dopo qualche anno possiamo cominciare a trarre qualche conclusione.
Le ricerche hanno risultati contrastanti ma nessuno di questi conclude che la "cura" dell'insufficienza venosa cerebrale (CCSVI) possa curare la sclerosi multipla. Questo è un punto abbastanza fermo e sufficientemente chiaro perché, mentre alcuni studi sembrano mostrare un buon effetto temporaneo e soggettivo, altri non mostrano alcun miglioramento.

Altri studi e l'osservazione dei pazienti hanno mostrato significativi miglioramenti in sottogruppi di individui, vi sono cioè persone che migliorano ed altre che non hanno alcun risultato. Sono stati registrati alcuni effetti collaterali anche gravi (sembra anche alcuni decessi, anche se non certamente legati alla procedura).
Lo stesso Zamboni, nel suo studio più recente, sembra evidenziare che, se da un lato i test per valutare i sintomi dei pazienti con sclerosi risultavano migliori in coloro che avevano eseguito la procedura, questo non valeva per tutti. Anche nei suoi esperimenti la "disostruzione" delle vene cerebrali non ha migliorato tutti e per tutti i sintomi.
Sembra evidente inoltre che i miglioramenti non siano prolungati nel tempo.
C'è un altro particolare che fa riflettere e che è emerso da alcune ricerche: i risultati della metodica sembra possano variare cambiando la tecnica di valutazione. Per capirci: alcuni esami mostrano miglioramenti più importanti, altri sembrano mostrare scarsi cambiamenti. Servirebbero quindi studi più precisi e statisticamente attendibili, anche se emerge chiara una prima conclusione: la CCSVI non è la causa esclusiva della sclerosi multipla (e questo smentisce Zamboni che ipotizzava la presenza del problema venoso nel 100% degli individui con sclerosi), elemento che emerge anche in studi su cavie e che altri avevano sospettato.
Tanto era dibattuto l'argomento (sospetti complottistici a parte) che si era mossa anche l'AISM (Associazione italiana sclerosi multipla) con uno studio molto ampio che serviva a fare chiarezza.

Qual è quindi la conclusione alla quale siamo giunti con gli studi?
Ciò che è emerso finora è che la "disostruzione" delle vene cerebrali non è la cura esclusiva per tutti i casi di sclerosi. Non tutti i pazienti con sclerosi mostrano ostruzione venosa e chi mostra miglioramenti misurabili (molto variabili da un individuo all'altro e da uno strumento all'altro) non sembra beneficiarne per lungo tempo. Vi è un'alta incidenza di "restenosi" (cioè una ricomparsa del "restringimento" delle vene). Sono stati riportati infine, alcuni effetti collaterali anche gravi.
Si è aggiunto come detto un altro dato, arrivato proprio pochi giorni fa.
Lo studio dell'AISMè giunto alla fine e le conclusioni sono piuttosto chiare (e si tratta di uno studio in doppio cieco, è importante, ed effettuato in centri diversi): la CCSVI non è causa della sclerosi multipla. I risultati sono emersi su 1767 pazienti, la malattia vascolare si riscontra anche nei soggetti sani (in questi nel 2% dei casi, in quelli con sclerosi nel 3%, quindi in percentuali praticamente sovrapponibili) e non vi sono elementi che facciano pensare ad un nesso tra le due cose. Il prossimo passo sarà quello di stabilire se la cura della CCSVI può essere utile a chi soffre di sclerosi.

Fondamentalmente questa non è una bella notizia ma sia l'ennesima lezione per l'informazione (trasmissioni televisive comprese) che ha lucrato e fatto spettacolo su un argomento così delicato e che coinvolge così tante persone.
Centinaia di persone con questo problema si sono recate all'estero in strutture non ufficiali per inseguire una speranza, hanno speso una marea di denaro, hanno rischiato, si sono illuse ed hanno insultato e denigrato i ricercatori che continuano a lavorare per loro perchè spinti al sospetto ed alla rabbia da varie parti (tutte con un interesse personale che non aveva nulla a che fare con quello dei pazienti).
I carnefici sono sempre gli stessi (quelli che cercano scoop ed i disinformatori), le vittime anche (chi ha un problema di salute).
Quando impareremo a parlare solo al momento opportuno?

Alla prossima.
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